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Ferrari: c’erano una volta Brawn, Todt e Schumacher


Avatar di Simone Valtieri , il 25/05/19

4 anni fa - Sembrano lontani anni luce i tempi in cui in Ferrari si vinceva con la strategia

Ferrari: c’erano una volta Brawn, Todt e Schumacher

Sembrano lontani anni luce i tempi in cui in Ferrari si vinceva con la strategia, a Monte Carlo invece il solito dominio Mercedes

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ARMA LETALE C’è una chiave di lettura nei successi dell’epoca d’oro della Ferrari di inizio millennio, ed è la strategia. Michael Schumacher – pilota leggendario e di bravura non misurabile – aveva alle spalle un team che lo riusciva però a mettere quasi sempre nelle migliori condizioni per vincere: in primis regalandogli una monoposto sensazionale di anno in anno, in secundis sbagliando raramente in ogni decisione di gara, anzi, facendone un’arma con cui sorprendere l’avversario.

GENIALATE Chi non ricorda la strategia a tre soste al GP Ungheria del 1998 con cui Schumi sorprese le allora più forti McLaren (motorizzate, guarda caso, Mercedes) di Hakkinen e Coulthard, aggiudicandosi il successo? Oppure la genialata (datata sempre 1998) di Ross Brawn in Gran Bretagna, quando Schumi superò Rosset in regime di Safety Car e ricevette uno stop&go da scontare entro fine gara, e la smaliziata volpe britannica fece rientrare Schumi solo all’ultimo giro, facendogli tagliare il traguardo all’interno della corsia box e sfruttare un’evidente falla del regolamento.

STRATEGIA Oggi, 20 anni e qualche mese più tardi, quel muretto Ferrari capitanato da Jean Todt e Ross Brawn, non sembra essere neanche imparentato con quello attuale. Proprio ieri il capo dei "cervelloni" Inaki Rueda dava lezioni di strategia in una – onestamente interessante – conferenza stampa nel motorhome della rossa. Non so se si coglie l’ironia. Purtroppo non è la prima volta che la Ferrari incappa in situazioni del genere nelle ultime stagioni, non riuscendo a sfruttare appieno il potenziale – quest’anno peraltro limitato – della monoposto.

SUPERCAZZOLA Un errore banale, giustificato dal team principal Mattia Binotto in conferenza stampa con discorsi complessi circa un sistema di misurazione del gap utilizzato dalla rossa e basato sul tasso di miglioramento degli avversari in relazione alla possibilità che si possa essere superati o meno in proiezione con scappellamento a destra come se fosse antani. E pensare che bastava chiedere scusa ai tifosi e dire “abbiamo sbagliato”. Persino in Mercedes, nonostante i tempi monstre di Bottas e Hamilton, si è deciso di rimandare in pista nel finale i propri piloti in Q2 per non rischiare nulla. Era forse il "senno del poi" appreso dall’eliminazione di Leclerc? No, semplice buon senso, visto che lo fanno abitualmente.

ALTRI ERRORI C’è poi l’aggravante di Charles Leclerc che non si è fermato ai controlli a metà Q1, altra perdita di tempo, e le sue parole: “Mah, io ho chiesto fino a un certo punto [...] ma non ho ricevuto risposta. Forse il team era tutto concentrato su Vettel, con il quale stavano per commettere lo stesso errore e che è riuscito sul filo di lana a qualificarsi per la Q2? Non lo sapremo mai. Ci sarebbe tanto da dire, ma lo diremo un'altra volta...

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TRE ASSI ...Perché questa dovrebbe essere un’analisi delle qualifiche, e occorre celebrare un fenomeno di nome Lewis Hamilton, alla 85° pole in carriera (con dedica obbligata a Niki Lauda, la cui stellina rossa sulla Mercedes resterà per sempre, come comunicato oggi dal team), e la compattezza di un gregario come Valtteri Bottas che si è messo in testa la pazza idea di sfidare il campione e gli sta sempre col fiato sul collo, ma anche la grinta di un Max Verstappen quest’anno perfetto in tutte le occasioni, sempre in grado di estrapolare il massimo dalla sua vettura e massimizzare ogni risultato.

VELOCISSIMI Prima delle qualifiche mi ero appuntato tre numeri sul mio taccuino: 18”4, 33”1, 18”7. Erano, secondo me, i settori record al quale potevano aspirare i due piloti Mercedes. Risultato? 18”280 (Hamilton), 33”026 (Bottas), 18”667 (ancora Hamilton): sono andati più forte ovunque. Mi ero scritto anche il tempo della pole: 1’10”2. Sono andati sotto anche a quello con 1’10”166, e se Lewis non avesse fatto un errorino nel terzo settore del suo ultimo giro, oggi avremmo salutato la barriera dei 70” a Monte Carlo, roba che neanche il Millennium Falcon.

EPCV E poi c’è Vettel (non Cattelan). Che stava per restare fuori dalla top 15 tra traffico e toccate ai guardrail. Seb ha detto di aver provato a dare tutto, e ha giustificato il fatto di aver toccato ancora una volta il perimetro della pista nel suo ultimo tentativo in Q3 dicendo che stava provando a dare il 110%. Gli crediamo, almeno lui oggi ci ha provato, o meglio, ci ha potuto provare, sebbene il quarto posto sia solo l'ultimo risultato accettabile prima dell'oblio. C’è poco altro da dire, se non che domani la gara rischia di essere l’ennesima parata trionfale della Mercedes, sempre che quel diavolo di Max non s’inventi qualcosa almeno per inserirsi tra i due. O magari piove, escono le safety car, la pista brulicherà di incidenti e recupera anche Leclerc: una roba tipo 1982 o 1996. E poi ci si sveglia tutti sudati.

DUEMILAVENTI Molto bravi sono stati oggi Gasly a un solo decimo da Vettel, ma penalizzato di tre posizioni per impeeding su Grosjean in Q2, e Magnussen, che prende il suo posto in quinta posizione, e che con una Haas motorizzata da Maranello è rimasto entro i due decimi dalla Ferrari. Cosa ci dice questo? Che Vettel (e Leclerc) avevano margine? Oppure che i guai con le gomme della rossa stanno diventando cronici a tal punto da rischiare di essere avvicinati anche dai team clienti? Domani, o nelle prossime gare, forse avremo qualche risposta in più. Ciò che sembra certo è che a Maranello i sogni di gloria sono rimandati, per l’ennesima volta, al prossimo anno.


Pubblicato da Simone Valtieri, 25/05/2019
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