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Prova su strada

Triumph Street Twin


Avatar Redazionale , il 04/01/16

8 anni fa -

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COM’ È Sarà forse per fatto che passo molto tempo alle prese con il mondo delle quattro ruote ma più vedo la nuova famiglia delle Triumph Bonneville Modern Classic e più mi viene in mente la Porsche 911. Credo sia lei il miglior esempio della capacità di rinnovarsi restando fedele a una linea guida e ciò è proprio quello che fa oggi l’attuale Bonneville. Dopo circa 15 anni di onorato servizio, esce di scena per far posto a una nuova generazione di modelli, moderni e al passo con i tempi, eppure immediatamente riconoscibili, fossero anche senza loghi o Union Jack a fare da contorno.

UNA FACCIA, UNA RAZZA Il discorso vale chiaramente anche per la Triumph Street Twin, erede della Bonnevile base ed entry level della ricca Collezione Modern Classic 2016. Alla faccia del taglio minimalista ed essenziale, sprizza personalità da tutti i pori, con tratti somatici che rendono superfluo qualsiasi esame del DNA. Che si tratti di una Triumph Doc traspare in primis dalla forma del serbatoio, nuovo e compatto (12 ltri) ma disegnato senza perdere di vista i cataloghi del passato. Il resto lo fanno la sella bassa, il faro tondo, i parafanghi (in plastica) e mille altri dettagli dall’aspetto rétro.

BEN FATTA Le finiture sembrano nel complesso curate. Tra le note positive spiccano le leve del freno e della frizione regolabili, i soffietti sulla forcella, la luce posteriore a Led, il supporto del faro e le pedane in alluminio. Non esaltante è invece l’aspetto di blocchetti elettrici, degli specchi e delle frecce.

IN INCOGNITO Anche il motore bicilindrico parallelo è in bella vista e gioca un ruolo fondamentale quando si parla di estetica. Nella vista laterale, sfido chiunque a dire che sia raffreddato ad acqua. L’alettatura dei cilindri sembra quella delle vecchie Bonneville ad aria e invece, davanti ai due tubi d’acciaio che scendono dal cannotto di sterzo per disegnare la culla del telaio, la Triumph Street Twin nasconde bene un radiatore. Pure manicotti sono incognito e corrono nella parte bassa senza dare nell’occhio, per completare la messinscena.

L’IMPORTANZA DELL’ACQUA D’altro canto, oggigiorno il raffreddamento a liquido è una scelta quasi obbligata per avere motori efficienti. E il nuovo 900 inglese, oltre a rientrare nei limiti della norma Euro 4, si accontenta di un 36% di benzina in meno rispetto al suo predecessore, a parità di cilindrata e pur avendo anche il 18% di coppia in più. Il nuovo picco è infatti di ben 80 Nm, registrati a soli 3.200 giri, per un temperamento unico, reso speciale anche dal manovellismo a 270° e dall’accordatura del nuovo impianto di scarico. Due paroline le merita anche il reparto trasmissione, che ha come piatto forte un nuovo cambio, supportato da una frizione anti saltellamento.

IN PUNTA DI DITA Nella lista della dotazione della Triumph Street Twin ci sono altre tre passate di evidenziatore. Una è per una presa USB sistemata sotto la sella, la seconda per l’ormai irrinunciabile Abs e l’altra è invece per controllo elettronico della trazione, che può essere eventualmente disinserito tramite un pulsante sul blocchetto elettrico di sinistra. E’ con questo tasto che si naviga nei menù del piccolo display digitale che integra il tachimetro analogico. Qui possono visualizzare, tra le altre cose, il contachilometri totale e due parziali, l’indicatore della marcia inserita, l’autonomia, l’ora, i consumi istantaneo e medio e i dati rilevati dall’eventuale TPMS, che rileva la pressione delle gomme. Queste ultime, sono Pirelli Phantom Sportscomp studiate ad hoc per la Street Twin, nelle misure 100/90-R18 all’anteriore e 150/70-R17 al posteriore. Manca qualcosa all’esame? I freni, entrambi a disco singolo, quello davanti da 310 mm e quello dietro da 255.

UNA E TRINA Così come la Bonneville che tutti conosciamo, la Street Twin - nelle concessionarie da gennaio - ofrre enormi possibilità di personalizzazione. I colori a listino sono cinque; quello standard è il Jet Black, con il quale la Street Twin costa 8.700 euro, e i quattro a richiesta sono il Cranberry Red, l’Aluminium Silver, il Matt Black opaco e il Phantom Black metallizzato, che costano 150 euro in più. Il catalogo di accessori che propone Triumph si compone di oltre 150 voci. Per semplificare un po’ la scelta, a Hinckley hanno deciso di preconfezionare tre kit. E ciascuno di loro è capace di mettere l’accento su un lato della personalità della moto.

SU MISURA Il primo è il kit Scrambler (1.880 euro), che prevede uno scarico alto Vance & Hines in metallo spazzolato (non omologato), una soluzione molto minimal per il parafango posteriore con luce posteriore piccola a Led, la sella marrone a coste, il paramotore e le frecce a loro volta piccole e a Led. Il secondo si chiama invece Brat Tracker (1.515 euro) e ha un taglio custom cittadino piuttosto aggressivo. Qui la firma Vance & Hines è su una coppia di silenziatori, ritornano la luce posteriore e le frecce piccole a Led assieme al parafango mozzo e al paracoppa; la sella a coste è stavolta nera e fa il paio con manopole a botticella. A chiudere il quadro è lo Urban inspiration kit (1.315 euro), che ha come elementi distintivi il manubrio Ace e un parabrezza corto, oltre a una borsa sul lato destro in cuoio e cotone cerato. In comune con il kit precedente sono invece le frecce a Led e i silenziatori.

IN QUESTO SERVIZIO HO INDOSSATO (le foto dell'abbigliamento sono in fondo alla gallery):

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Stylmartin Indian Questo anfibio in pelle pieno fiore appartiene alla linea Urban e non è un caso. Da una parte, offre un colpo d’occhio notevole, specie se si mettono i lacci rossi, presenti nella confezione insieme a quelli marroni. Dall’altra, permette di camminare anche per lunghi tratti senza il minimo indolenzimento, prestandosi bene anche a un uso quotidiano, pure quando si lascia la moto a casa. Una volta in sella, l’Indian si dimostra all’altezza della tradizione Stylmartin e delle calzature più tecniche, con le protezioni giuste all’altezza del cambio e nella zona dei malleoli. Dulcis in fundo, ha una fodera impermeabile e traspirante e un’imbottitura a salsicciotti nella parte alta del gambale.

Dainese Bonneville Slim Questi jeans sono il prodotto giusto per chi cerca un capo di pesantezza media e vestibilità slim, che si presti bene a un uso in borghese ma senza rinunce dal punto di vista tecnico. Caratterizzati da una punta di blu indovinata, i Bonneville hanno protezioni morbide Pro-Shape sulle ginocchia, che non danno nell’occhio  ma che assorbono bene gli eventuali impatti. Anche gli inserti con maglina in fibra di kevlar sono molto discreti ma limitano i danni al fondo schiena in caso di scivolata. La qualità percepita è elevata, grazie un’attenzione maniacale al dettaglio. Un esempio? Se si risvolta l’orlo si scoprono una cucitura rossa e un inserto rifrangente, identici a quelli sulle tasche posteriori.

Dainese Harrison Jacket Passerei le ore ad accarezzare la morbidissima pelle bovina naturale di questa giacca a quattro tasche, tinta in botte e rifinita con cere speciali! L’aspetto vissuto e l’eleganza ne fanno una perfetta portabandiera della linea vintage 36060. La Harrison lascia a bocca aperta anche con particolari come i soffietti sui polsi, la fodera  trapuntata e le tasche interne orlate in pelle, tutte cose che danno un’idea di lusso bello e buono. Anche se chic, questo capo mantiene comunque gli elevati standard di sicurezza tipici Dainese. Sulle spalle e sui gomiti ci sono infatti i protettori morbidi certificati Pro-Shape e non mancano anche inserti rifrangenti al di sotto di porzioni di pelle microforata. Sulla schiena c’è poi una tasca per alloggiare l’eventuale paraschiena (presente nelle foto). Un piccolo difetto? Anche una volta chiuso per bene, il colletto resta un pelo largo.

Dainese Spencer Gloves I guanti Spencer hanno una calzata comoda e sono l’accessorio giusto per completare un look old style. Realizzati in pelle di capra, hanno come elemento distintivo il candido pellicciotto che riveste la parte interna del polso , che lascia poi il posto a un’imbottitura leggera, ideale per avere le mani calde anche con i primi freddi. E’ un dettaglio che si può ostentare ripiegando il bordo verso l’esterno e fissandolo poi al dorso della mano con una fibbia. L’aria fighetta non deve ingannare: le protezioni Techno sulle nocche e sulle falangi garantiscono tutta la protezione necessaria, assieme al palmo rinforzato.

HJC FG-70s  Questo Jet rappresenta una tra le proposte più interessanti per gli amanti dello stile classico. La calotta in fibra composita ha un taglio piuttosto regolare, nonostante nella parte frontale nasconda una pratica visierina a scomparsa. Il bordo è rifinito da una impuntura in contrasto. Le grafiche sono riuscite, a partire da questa con base verde militare. L’interno, rivestito in materiale molto confortevole, è ben imbottito e fascia bene la testa, senza comprimere troppo alcuna zona. Il cinturino con regolazione micrometrica permette di avere rapidamente il casco ben allacciato anche quando s’indossano i guanti. 

COME VA Anche se a prima vista la Triumph Street Twin sembra la Bonneville di sempre, una volta in sella qualche differenza si nota. Rispetto al modello uscente, la Street ha una posizione leggermente più sportiva e caricata in avanti, con il manubrio più vicino al busto e le pedane un po' più avanzate. Questa postura è quasi perfetta per che ha una statura medio-bassa mentre chi ha le gambe più lunghe si ritrova  con le ginocchia un pelo troppo raccolte, anche perché la sella è molto bassa, a soli 750 mm da terra.  Questa misura consente chiunque di appoggiare bene i piedi per terra, di sentirsi sicuri sin dai primi metri e di gestire senza patemi i 198 kg a secco della moto, complice anche un raggio di sterzata da carrello del supermercato.
DAMMI DEL TU Se la Triumph Street Twin si fa dare del tu da subito è però per merito anche di una somma di altri fattori. La frizione, per cominciare, è un burro. La leva si tira senza fatica ed è a prova di tentennamenti: spegnere la moto alla partenza è davvero difficile. Anche il cambio si fa apprezzare per la buona manovrabilità. Talvolta qualche innesto è un pelo contrastato, specie in scalata, ma l'impressione è che serva solo un po’ di rodaggio per rendere il tutto più morbido.
IL MATTATORE Il vero protagonista della scena è però il motore, che ha un temperamento molto diverso da quello della Bonneville. Il nuovo bicilindrico ha una personalità più spiccata, con una risposta più vigorosa ai bassi, accompagnata da un suono dello scarico più gasante. A ogni piccola rotazione del polso corrisponde un impulso in avanti e ai medi la spinta non viene meno. Solo in allungo la birra del motore sembra un po '... diluita ma nella guida i cavalli sembrano più dei 55 rilevati al banco a 5.900 giri. Volendo trovare il proverbiale pelo nell'uovo, si potrebbe sottolineare un apri-e-chiudi non proprio fluidissimo, forse legato alla presenza del ride by wire. Tuttavia è un peccato veniale su cui si chiude volentieri un occhio pensando anche al fatto che le vibrazioni sono davvero poche e non danno fastidio.

UN OTTIMO COMPROMESSO Questo aspetto è un buon punto di partenza per fare di questa Triumph una moto comoda, che ha come unico –ovvio – limite l’assenza di protezione aerodinamica. La sella (che si apre con la chiave…) è dotata di un’imbottitura più consistente rispetto alla Bonneville e non crea indolenzimenti precoci. Il resto lo fanno le sospensioni, che hanno una taratura leggermente più sostenuta di quella della vecchia generazione e trovano un nuovo e miglior compromesso tra comodità e piacere di guida.

GIROTONDO Lo sconnesso non rappresenta un problema. Buche e avvallamenti vengono digeriti sempre bene, anche quando magari vengono affrontati con la moto inclinata. Quando poi l’asfalto diventa liscio come un biliardo, la Street Twin sfodera una precisione in traiettoria davvero insospettabile. Alla faccia dell’aspetto da moto classica, permette di entrare in curva con i freni ancora in mano come una naked moderna e scorre lungo la linea impostata senza sbavature, dando l’idea di avere sempre la situazione sotto controllo. Che si voglia allargare bene in uscita o richiamare la moto alla corda dopo aver battezzato male una curva, c’è sempre un margine per manovrare, sicuri che la Street Twin eseguirà gli ordini alla lettera. Tanta docilità fa la fortuna di chi è alle prime armi e vuole andare a passeggio godendosi il panorama ma anche dei piloti più smaliziati, che possono divertirsi a raccordare le curve in sequenza, senza peraltro che le pedane arrivino a strisciare a terra troppo presto. La Triumph Street Twin è dunque una moto indovinata, che a mio avviso non faticherà a ritagliarsi uno spazio sul mercato, con tutte le qualità che occorrono per piacere a molti e con un prezzo adeguato


Pubblicato da Paolo Sardi, 04/01/2016
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