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Prova

Volvo C30 1.6 D e 2.0 D


Avatar Redazionale , il 22/11/06

17 anni fa - Saranno le best-seller della gamma.

Dopo l'anteprima con protagoniste le versioni D5 e T5, la piccola svedese si concede per un secondo test anche con le motorizzazioni a gasolio più popolari. Saranno loro a guidare le vendite, che per il 2007 dovrebbero attestarsi intorno ai 10.000 esemplari.

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LAST, NOT LEAST Beate le ultime presentate perché saranno le prime nelle classifiche di vendita. Potrebbe essere questo lo slogan della seconda presentazione ufficiale della Volvo C30. Dopo il primo contatto, che aveva avuto come protagoniste le sole motorizzazioni di punta, la 2.4 D5 da 180 cv e la 2.5 T5 da 220 cv, la Volvo concede il bis a pochi giorni dall'arrivo nelle concessionarie dell'intera gamma. Sotto la lente finiscono questa volta soprattutto i motori a gasolio più piccoli, destinati a fare la parte del leone nella raccolta degli ordini, ovvero i turbodiesel 2.0 e 1.6 con filtro per il particolato.

LIBERI TUTTI
Riconoscere a prima vista queste versioni da quelle di punta è abbastanza difficile. Le D5 e T5 si distinguono infatti con certezza matematica solo per il doppio terminale di scarico cromato. Anche l'alettone che orna il padiglione della T5 non è una sue esclusiva e si può ordinare sempre, quale che sia la C30 scelta. Lo stesso discorso vale anche per il body-kit che prevede passaruota, minigonne e spoilerini più vistosi ed eventualmente di una tinta diversa rispetto alla carrozzeria al posto di quelli normali, in plastica grigia grezza. Liberi tutti: con sedici colori per la carrozzeria e quattro per le modanature, ciascuno è padrone di ordinare l'abbinamento che più lo soddisfa. Sperando che non gli difetti il buon gusto...

GOCCE D'ACQUA Le C30 entry-level mantengono dunque in tutto e per tutto il look che fa di questa Volvo una tra le proposte in assoluto più personali in circolazione. A renderla tale non è tanto il muso, che ripropone in modo abbastanza fedele i tratti somatici della S40 e della V50, quanto piuttosto il taglio della fiancata e, soprattutto, della coda. La prima è a cuneo ed è sovrastata da un padiglione spiovente che fa tanto coupé. La seconda, invece, è tutta un programma: sviluppata in obliquo, ha vita da vespa e fianchi giunonici. Ai lati spiccano le luci bislunghe, che si allargano nella parte bassa all'altezza del tipico gradino che segna il girovita. Questa è però solo la cornice: a dominare la scena c'è il lunotto arrotondato in stile oblò, che fa anche da portellone.

L'APPARENZA INGANNA La sua forma e la soglia di carico non sono il massimo quando si devono trasportare oggetti pesanti e voluminosi ma con 251 litri di volume utile la C30 non ha nemmeno ambizioni da sherpa. I trasporti eccezionali non sono il suo forte e lo si intuisce al primo sguardo. Quello che invece si è portati a sottovalutare è l'abitabilità. Una volta guadagnati i posti posteriori (con fatica minore del previsto, dato che i sedili avanzano bene e non impongono numeri da contorsionista), si hanno a disposizione centimetri in abbondanza.

MEGLIO IN QUATTRO Le gambe non sono a ridosso degli schienali anteriori e la testa sfiora il padiglione solo se si è alti più di un metro e 80 e si sta dritti come sull'attenti durante l'Inno di Mameli. Anche la scelta della Volvo di rinunciare in partenza al quinto posto e di montare due sedili singoli al posto del classico divanetto convince in pieno. In fondo, con le pareti dell'abitacolo che si stringono nella zona posteriore per slanciare la linea, un altro passeggero non ci sarebbe stato comunque e così si sta più comodi.

IL JOLLY Alla fine la C30 si rivela un'auto molto più versatile di quanto non si direbbe, visto il suo look tra lo sportivo e lo sbarazzino, e il due litri turbodiesel sembra fatto apposta per esaltare questa poliedricità. Le sue doti sono ben note: realizzato a quattro mani dai gruppi Ford e PSA, popola i listini di molte Case a mo' di prezzemolo. La Volvo lo monta nella classica configurazione da 136 cv e 320 Nm, che portano la C30 a toccare i 210 km/h e a scattare da 0 a 100 in 9,4 secondi, con una percorrenza media di 17,5 km/litro.

LA VIRTU' STA NEL MEZZO Al di là dei valori assoluti, si conferma godibilissimo in ogni situazione e privo di veri punti deboli. Il meglio lo dà trottando svelto ai regimi intermedi, tra i 2.000 e i 3.000 giri ma non scalpita nemmeno se fatto camminare al passo oppure se viene lanciato al galoppo. Spronato a dovere, tira anzi fuori un temperamento quasi sportiveggiante, ben supportato dal cambio a sei marce. Per il momento non è prevista un'alternativa automatica, che arriverà in un secondo tempo.

STESSA PASTA Anche il fratello minore, il turbodiesel 1.600, discende dallo stesso ceppo etnico. Frutto del medesimo accordo con Peugeot-Citroën, è a sua volta impiegato a destra e a manca sui modelli più disparati, dalla C3 alla Focus passando per la Mazda 3. Con la C30 mostra di avere una buona affinità di coppia. I suoi 109 cv e i 240 Nm non assicurano risposte al fulmicotone ma bastano (e avanzano) per tenere una guida fluida e disinvolta.

GIRA TONDO Buona parte del merito va alla grande regolarità dell'erogazione: il motore gira tondo anche in quinta a 60 km/h e inizia a distendere il passo ben prima dei 2.000 giri, pronto a portare la lancetta del contagiri anche oltre quota 5.000. Insistendo sull'acceleratore si fa un po' rumoroso ma ripaga il (lieve) disturbo con prestazioni discrete: la velocità massima è di 190 km/h e il tempo nello 0-100 è di 11,9 secondi, con un'ottima media di 20,4 km al litro.

BELL'ACCONTENTARSI Chi non macina chilometri su chilometri potrebbe comunque optare anche per uno dei tre motori a benzina aspirati che completano la gamma. Quello più prestante è un due litri da 145 cv, seguito da un 1.800 da 125 cv e da un onestissimo 1.600 da 100 cv tondi. Lungi dal rappresentare una scelta del tipo "vorrei ma non posso", anche il piccolo della famiglia si disimpegna bene. Un gran bell'accontentarsi, quindi, sempre a patto che non si soffra di frequenti pruriti al piede destro... A fare da denominatore comune a tutte le C30 c'è un assetto accordato a puntino. Le carreggiate larghe e il baricentro basso permettono alla Volvo di ottenere ottimi risultati in fatto di tenuta e stabilità, senza dover ricorrere a sospensioni troppo rigide.

MINIMAL PUO' BASTARE Tornando alle due piccole turbodiesel, una scelta minimalista (si fa sempre per dire) ha tutto il suo senso anche a livello di allestimenti. Quello base, chiamato Kinetic è offerto a 22.950 euro con il motore 1.6 D e a 24.550 euro con il 2.0 D, ha nella dotazione standard, tra le altre cose, sei airbag, il controllo elettronico della stabilità e della trazione, il climatizzatore automatico, il sinto-lettore CD e il sistema Whips che sgancia in parte gli schienali in caso di tamponamento, limitando gli effetti di un possibile colpo di frusta.

IN CRESCENDO Per 1.800 euro in più si possono invece acquistare le versioni Momentum, che aggiungono all'equipaggiamento il computer di bordo, i comandi audio al volante, i cerchi in lega da 16", il cruise control, i fendinebbia e il sensore pioggia. Con ulteriori 2.200 euro si ottiene invece l'allestimento Summum con fari bi-xeno con lavafari, rivestimenti in pelle/vinile, sedili anteriori riscaldabili con quello di guida a regolazione elettrica.


Pubblicato da Paolo Sardi, 22/11/2006
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