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Alla scoperta dei freni MotoGP con Brembo


Avatar Redazionale , il 18/09/19

4 anni fa - A Misano abbiamo intervistato un tecnico Brembo sui segreti dei freni MotoGP

Alla scoperta dei freni MotoGP con Brembo

A Misano abbiamo intervistato un tecnico della Brembo, chiedendogli di raccontarci tutti i segreti dei freni di una MotoGP

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FRENARE IN MOTOGP Come avevamo fatto in occasione del Gran Premio d’Italia di Formula 1 a Monza, anche a Misano siamo andati a bussare alla porta di Brembo, che ha in sostanza il monopolio dei freni per le categorie del Motomondiale, per capire qualcosa di più sul funzionamento dei freni su una MotoGP. Ad aprirci è stato Andrea Bergami, specializzato nell’analisi telemetrica, con un focus anche su Moto2 e Moto3. Da 4 anni in Brembo, Andrea ci ha svelato i segreti del funzionamento dei freni di una MotoGP, parlandoci anche di chi usa meglio i loro impianti frenanti... Ma andiamo per ordine...

Che differenza c’è tra un freno da competizione e uno di una moto stradale sportiva?
Parlando della MotoGP, la differenza a livello frenante è davvero grande, a partire dal materiale dei dischi: se nelle moto stradali i dischi, in acciaio, somigliano molto a quelli montati su una Moto2, una Moto3 o una Superbike, in MotoGP utilizziamo i dischi in carbonio con pastiglie anch’esse in carbonio. Un accoppiamento che chiamiamo Carbon-Carbon.

E quali sono le differenze in frenata?
Il modo di frenare del carbonio risulta molto differente da quello dell’acciaio. A freddo il carbonio non frena, ha prestazioni inferiori e va portato a una certa temperatura. Richiede delle moto con prestazioni elevate per essere utilizzato e una volta portato in temperatura ha una performance frenante molto maggiore rispetto a quella del semplice disco in acciaio. In verità l’utilizzo del disco in carbonio in sé richiede un tipo di frenata differente proprio perché il "bite" (il morso) iniziale del carbonio è inferiore e cresce con il crescere della temperatura, a differenza del disco in acciaio dove il coefficiente d’attrito non è strettamente legato alla temperatura.

Per quanto riguarda Moto2 e Moto3?
Siamo con dischi in acciaio molto simili, anzi del tutto simili a quelli che proponiamo in Superbike. Cambiano solo le dimensioni. Per frenare una Superbike utilizziamo dischi da 336-337 mm. Per fermare una Moto2 partiamo da un disco da 290 mm per arrivare a 305 mm.

Quanto impiega una moto a decelerare 340 kmh alla velocità necessaria per impostare una curva?
Lo spazio di frenata dipende da team a team e da moto a moto. Al momento con l’ingente sviluppo aerodinamico che aiuta i nostri freni a sviluppare coppia frenante da mettere a terra, la configurazione della moto influisce molto su questo fattore. In media, in una staccata principale di grosso calibro, ci si può impiegare dai 200 ai 300 metri per fermare una moto da 340 kmh ai circa 90-100 kmh neccessari fare una curva a bassa velocità, come la curva-1 a Spielberg o in Qatar.

E a Misano?
Alla curva 8 si parte da una velocità di circa 294 kmh e si arriva agli 82 kmh necessari per impostare la curva in 113 metri con una decelerazione di un G e mezzo. E questa è la  staccata principale di Misano che non è paragonabile a uno Spielberg dove andiamo più verso i 300 metri.

Torniamo alle appendici aerodinamiche, non sono utili solo in accelerazione dunque, ma soprattutto in frenata?
Assolutamente, aiutano non tanto in prestazione i nostri impianti, nel senso che la prestazione erogata dai nostri impianti resta uguale, ma aiutano la moto a mettere a terra tutta la coppia frenante sviluppata. Se per esempio siamo in grado di sviluppare 100, la moto permette di mettere a terra 60 parti su 100, magari con un’appendice aerodinamica ne riesce a mettere 70-80.

Misano come si pone tra le piste più impegnative del mondiale per i freni?
Questa è una pista 4 su 5, noi abbiamo una classificazione in Brembo che facciamo in base all’analisi di più dati, come la potenza frenante, la coppia e l’energia dissipata in frenata, ma anche dati derivanti da questi stessi, come la decelerazione media, gli spazi di frenata e così via. Questo è un circuito medio alto per l’impegno dei freni, sicuramente non è il più critico.

Quali sono i circuiti più critici? Ovvero i più “demanding”, in gergo tecnico.                                                      
Sono sicuramente Motegi e Spielberg, classificati 5 su 5, come anche Sepang e Chang (Buriram). Di questi il più impegnativo è probabilmente Spielberg, che peraltro quest’anno con le alte temperature e un grip molto grande – ovviamente più grip c’è, più è facile mettere a terra coppia frenante – è stato ancora più impegnativo per noi.

In Formula 1 non è possibile sapere chi sia il più bravo a frenare per via degli accordi di riservatezza con i team, ma in MotoGP voi pubblicate addirittura una classifica sui migliori “staccatori”. Chi sono su questa pista?
Su questa pista chi ha stacca più profondo in qualifica è Marc Marquez con la sua Honda, seguito da Andrea Dovizioso (Ducati), Alex Rins (Suzuki), Pol Espargaro (KTM) e Fabio Quartararo (Yamaha). In generale i nomi si sa chi sono: Marquez e Dovizioso sono dei gran “staccatori”, ma anche Danilo Petrucci non è niente male. Posso fare anche il nome di Andrea Iannone come staccatore.

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Cambiamo argomento: molti piloti usano il freno posteriore a pollice o a indice come finta leva della frizione. Sta aumentando questa tendenza? Qual è il vero beneficio di questo sistema?
Sicuramente questa tendenza è in crescita, il freno a indice più che a pollice per un semplice motivo: l’utilizzo del freno posteriore diventa sempre più d’obbligo per aiutare la moto a centro curva, quindi con angoli di piega elevati, bisogna essere in grado di utilizzare il freno posteriore, cosa ovviamente impossibile da fare a piede, per cui si è arrivati all’inserimento della configurazione pollice o indice.

Cosa cambia tra freno a pollice o a indice?
È una questione anche qui di comodità e di maggiore possibilità del pilota in termini di pressione frenante. Fare pressione con il pollice risulta abbastanza più difficoltoso rispetto che con l’indice, perché quando si è in piega, aggrappati al manubrio, il fatto di dover aprire la mano per azionare il freno con il pollice può creare più disagio in termine di stabilità rispetto all’allungare l’indice e tirare. Questo funziona più come un appiglio per il pilota che può aggrapparsi al manubrio e sviluppare alte pressioni.

Quanta differenza tecnica c’è nell’installare un freno a manubrio piuttosto che uno a pedale?
Sicuramente è stato molto complesso per noi trovare la conformazione e il design giusto per adeguare un freno ai semimanubri della MotoGP, che sono molto stretti e pieni di elementi elettronici, per cui abbiamo dovuto ridurre all’osso sia il peso che gli ingombri delle nostre pompe freno rispetto a quelle più tradizionali dove non abbiamo problemi di ingombro. Tutt’oggi siamo in continua fase di design e miglioramento per cercare di ottimizzare al massimo quello che abbiamo, ridurre gli ingombri e aumentarne le performance.

Chi lo preferisce a pollice e chi a indice?
Karel Abraham è l’unico al momento a utilizzarlo in pianta stabile a indice, perché ha iniziato dai test dell’anno scorso a Sepang con questa configurazione, si è abituato a questa e riesce ora a utilizzarla molto bene. Tanti sulla sua spinta hanno testato questa configurazione a indice, compreso Valentino Rossi, il fatto è che è una questione di abitudine mentale. I piloti sono abituati a utilizzare i freni in certi momenti, attivare un certo muscolo con tempistiche a loro note; cambiargli questa conformazione a metà stagione non è così facile come farlo a fine stagione, o durante i test invernali quando hai più tempo per abituarti.

Dunque per ora la maggioranza preferisce ancora il pollice?
Per ora sì, con la promessa, non a noi ma a sé stessi, di introdurre a fine stagione la configurazione a indice e di elaborarsela con più tempo, perché tutti hanno ammesso sia una comodità non indifferente rispetto alla configurazione a pollice.

La MotoE abbiamo detto che usa dei dischi in acciaio. Il fatto di non avere il cambio in aiuto alla decelerazione, implica un maggior sforzo sulla leva?
Non sbagliate, ed è proprio a causa di questo sforzo, che si traduce in uno sforzo maggiore in termini termici sul disco, che stiamo equipaggiando le MotoE con il disco da Superbike, quello da 336 mm x 71 mm (la specifica massima per le derivate di serie) perché comunque sono moto pesanti.

Quanto pesanti?
269 kg a vuoto. Questo è un fattore che rende molto difficile fermare una MotoE. Tornando all’assenza di freno motore, in realtà le MotoE hanno un booster che fa da freno motore ma per tutti i piloti ovviamente, che sanno cosa voglia dire avere un freno motore derivante da un motore endotermico, sembra che non abbia questa efficacia e sono tutti portati a spingere maggiormente sui freni. Vediamo pressioni frenanti peraltro molto elevate, anche di 15-16 bar in staccata, che sono per noi davvero tanti. Soprattutto l’abbiamo visto a Spielberg, dove le condizioni erano favorevoli a mettere coppia frenante a terra in maniera adeguata, e questo sicuramente ci crea molto lavoro e ci stimola a migliorare anche sotto questo punto di vista.

Il vostro freno top di gamma stradale è lo “stylema”. Quanta differenza c’è tra questo impianto e uno da Moto2 o Superbike?
La differenza è ancora ingente, proprio perché la stradale per definizione dev’essere qualcosa a misura di tutti. Una Panigale V4 (Ducati) deve poterla usare un neofita o un esperto, per questo non si può osare troppo con specifiche aggressive proprie di questi campionati, e a maggior ragione adesso con l’avvento dell’ABS su queste moto, l’utilizzo di impianti frenanti che creerebbero decelerazioni troppo aggressive, farebbe entrare troppo spesso l’ABS. Ovviamente l’utilizzo di un impianto diretto per un pilota esperto, che sa cosa aspettarsi quando tira la leva del freno, permette di utilizzare pompe con idrauliche maggiori e quindi avere decelerazioni maggiori e potenze frenanti di un bello step sopra.

Quindi l’ABS migliore è sempre il pilota?
Per i professionisti, al momento, assolutamente sì.


Pubblicato da Simone Valtieri e Danilo Chissalé, 18/09/2019
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