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Prova

Bimota DB6 Delirio


Avatar Redazionale , il 19/05/06

17 anni fa - Nuda come nessuna.

Un nome che è tutto un programma per una moto che intona una voce fuori dal coro. Forme ardite, cura maniacale dei dettagli e una dotazione tecnica di prim'ordine ne fanno un oggetto esclusivo in tutto, anche nel prezzo.

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A ME GLI OCCHI Al delirio vero e proprio non arriva nessuno ma, che piaccia o no, al cospetto dell'ultima nata in Casa Bimota qualche secondo in trance lo passano più o meno tutti. Le linee uscite dall'audace matita di Sergio Robbiano hanno un potere ipnotico non comune, e si fa una maledetta fatica a staccare gli occhi dalla DB6, nome di battaglia Delirio. Di particolare in particolare, si potrebbero perdere ore dietro ai ninnoli che ornano l'esile struttura di questa Bimota.

SPIGOLOSA Romagnola doc, con la spiaggia nel sangue, la Delirio ama viaggiare abbondantemente svestita. Quel poco di carrozzeria che c'è fa dello spigolo il suo credo. Tutte le parti sono finemente sfaccettate come pietre preziose e non si curano molto di coprire il reticolato di tubi del telaio e i due terminali di scarico, a loro volta dal taglio molto geometrico. Una personalità prorompente ma con forme senza tempo, di quelle che paiono destinate a invecchiare bene e che ne fanno qualcosa in più della semplice versione naked della DB5.

DAL PIENO Dalla sorella la Delirio eredita il motore, oggetto solo di aggiustamenti di dettaglio, e i tralicci del telaio e del forcellone in acciaio al cromo molibdeno. Differenti sono invece le piastre imbullonate in alluminio che completano la ciclistica. Alla Bimota hanno scelto di lavorare di fino e scavarle all'interno, creando un effetto ancora più suggestivo. Le due piastre in questione, così come tutti i componenti in alluminio, sono rigorosamente ricavati dal pieno, compresi quelli all'apparenza più insignificanti.

PICCOLI NEI Piccole sculture ottenute con fresa e tornio, come il tappo del serbatoio, i riser del manubrio, i supporti delle pedane, delle pinze freno e perfino quelli dei tubi dell'olio. Roba da mandare in visibilio gli amanti del genere. La cura costruttiva è certosina, anche se la lavorazione artigianale lascia spazio a qualche peccatuccio veniale. L'unghia trasparente che veste il quadro strumenti non è di fattura eccelsa e nella stessa zona alcuni cavi elettrici sono lasciati un po' in vista. Tutte cose che, comunque, potranno essere risolte superata la fase di pre-serie.

CAMBIO DELLA GUARDIA Sempre in alluminio ricavato dal pieno sono anche le piastre della forcella, curiosamente tagliate a fetta di salame e di forma diversa, con quella inferiore abbondantemente sovradimensionata. Nelle loro asole, inclinata di 24°, trova posto una forcella upside-down con steli da 50 trattati al TIN griffata Marzocchi. Scompare dunque, in ottica di contenimento dei costi, la prestigiosa unità Ohlins montata dalla DB5, e lo stesso avviene anche al posteriore. Qui resta comunque lo schema cantilever senza leveraggio progressivo a lavorare su un mono Extreme Tech completamente regolabile nel precarico molla e nell'idraulica.

MAGRA DAVVERO Anche a livello di freni ci sono novità rispetto alla Bimota carenata, che ha un impianto interamente Brembo. Davanti, la Delirio impiega sempre pinze radiali Brembo a quattro pistoncini che mordono però due dischi Braking della nuova linea Wave, con disegno a ruota dentata, da 320 mm. Al posteriore c'è un disco singolo Braking da 220 mm. Le ruote sono in alluminio, entrambe da 17 pollici e calzano pneumatici Dunlop 208 RR da 120/70 all'anteriore e 180/55 al posteriore. Tra un mozzo e l'altro l'interasse è contenuto in soli 1.425 mm, mentre l'avancorsa è di 101 mm. Messa sulla bilancia la Delirio dimostra che l'impressione di snellezza ha il suo fondamento, con l'ago che si ferma sui 170 kg a secco.

UN CLASSICO Sul fronte meccanico è confermatissimo il bicilindrico mille Ducati Dual Spark, alimentato a iniezione elettronica con un corpo farfallato da 45 mm e abbinato a un cambio a sei marce con frizione a secco. Approfittando della necessità di accordarlo al nuovo scarico, in Bimota sono intervenuti sulla mappatura della centralina per renderlo più fluido sin dai regimi più bassi. Il risultato sono una coppia massima di 9 kgm a 4.500 giri e una potenza di 92 cv a 8.500 giri, con il limitatore tarato invece a quota 9.000.

SUI GENERIS La Delirio entra in listino a un prezzo di 18.900 euro franco concessionario. Certo non sono pochi soldi ma sarebbe anche ingiusto paragonarla alle "solite note" del segmento naked. Nel pieno rispetto della tradizione Bimota, la DB6 non è solo una moto guidare. Nel suo piccolo è anche un'opera d'arte d'ingegneria meccanica. E questo non può non avere il suo peso quando la si giudica.

NO PROBLEM La Delirio è esile ma la sua struttura è longilinea, corta e un po' altina. La sella è a 820 mm da terra, un valore non proprio contenuto, che potrebbe mettere in soggezione chi ha leve non particolarmente lunghe. Al di là degli aridi numeri, mettere i piedi a terra è però relativamente facile, visto che i fianchi della DB6 sono belli stretti e le gambe vanno giù dritte verso il terreno senza intralci. E la snellezza di sente anche quando si va a cingere il serbatoio con le cosce.

POSIZIONE OBBLIGATA La posizione di guida è corretta, con le pedane centrate e con il manubrio non troppo a ridosso del busto. L'unico appunto che si può fare riguarda la sella, che è un po' rigidina e impone di assumere una posizione ben precisa. La sua forma è molto scavata è una volta inseriti nell'incavo non c'è verso di avanzare o arretrare. La cosa non dispiace in accelerazione, quando le terga ricevono una bella spinta e non rischiano di scivolare all'indietro, ma alla lunga gl'indolenzimenti sono in agguato, anche perché le poche vibrazioni che si avvertono si concentrano proprio sotto la sella.

L'EQUILIBRISTA Nei primi metri a bordo della Delirio, l'impressione è quella di sedere abbastanza in alto ma ciò non presenta controindicazioni, salvo un po' d'impaccio nelle manovre a passo d'uomo. Basta però tenere un'andatura da monopattino per scoprire un equilibrio invidiabile. Questa Bimota esegue tutte le manovre con un equilibrio quasi perfetto.

ALL'INFINITO Equilibrio, sia chiaro, non vuol dire però l'eccessiva agilità della Graziella della nonna. La DB6 ha un avantreno coerente e ben caricato, che dà sempre una piacevole sensazione di sicurezza. In ogni frangente l'impressione è che la ruota sia come calamitata all'asfalto. Nelle curve la Delirio sembra poter piegare all'infinito, ben supportata anche dai pneumatici Dunlop che avvertono con largo anticipo se ci sono problemi di grip. Le sospensioni lavorano in modo impeccabile. La forcella scorre bene e l'ammortizzatore posteriore, pur non avendo una taratura soffice, copia bene le asperità.

AMA LA PULIZIA La risposta delle sospensioni resta ottima anche nei bruschi cambi di direzione, anche se la guida più redditizia con la Delirio è senza dubbio quella pulita. La DB6 ama percorrere le traiettorie in appoggio nel modo più fluido possibile e ripaga con una gran scorrevolezza, che permette di fare tanta strada nel misto con poco sforzo e tanta soddisfazione. I margini per le correzioni sono enormi. Adottando una guida più spigolosa non ci sono problemi: semplicemente si rinuncia al più bello. I percorsi ideali per sfruttare questa Bimota sono dunque quelli medio lenti, ma anche sul veloce la Delirio non si fa mai... tremens. Ottimi anche i freni, potenti e modulabili.

IN SCIOLTEZZA Il motore Ducati Ds è una vecchia conoscenza e dopo la cura Bimota si dimostra in forma smagliante. Nonostante le strozzature imposte dalla normativa Euro 3, riprende con gran vigore sin da sotto i 3.000 giri e allunga d'un fiato fino a solleticare il limitatore. E' però inutile strapazzarlo così tanto. La notevole disponibilità di coppia permette di snocciolare le marce una dopo l'altra e di filare via svelti con un filo di gas.


Pubblicato da Paolo Sardi, 19/05/2006
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