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In pista con la Ariel Atom


Avatar Redazionale , il 04/05/09

14 anni fa - Pesa 500 chili e impiega 3,5 secondi nel 0-100 km/h. Tetto, porte e vetri sono inesistenti, si guida col casco ma non è un'auto solo da corsa. L'abbiamo provata. Ecco come va.

Pesa 500 chili e impiega 3,5 secondi nel 0-100 km/h. Tetto, porte e vetri sono inesistenti, si guida col casco ma non è un'auto solo da corsa. L'abbiamo provata. Ecco come va.

LA QUARTA VIA Un detersivo, il domestico filippino portato sul palco di Zelig da Marco Marzocca e la protagonista del cartone "La Sirenetta". Probabilmente sono queste tre le immagini cui viene più facile associare a bruciapelo la parola Ariel. A portare quel nome è però anche un'azienda inglese che nel 1870 realizzò il primo velocipede con ruote a raggi, che nel secolo scorso ha scritto pagine gloriose del motociclismo e che dal 2000 confeziona una sportivetta, la Atom, giunta alla sua terza generazione. La Disney stavolta non c'entra ma per molti appassionati è comunque una macchina… da favola.

SENZA VELI Non ci vuole molto a capire cosa renda unica quest'inglesina: basta un semplice sguardo, anche perché sulla Atom nulla è nascosto alla vista. Nel pieno rispetto della tradizione d'Oltremanica, che fa del peso contenuto il primo caposaldo di un'auto sportiva, i tecnici della Atom hanno sposato un minimalismo integralista. "Quello che non c'è, non pesa" devono essersi detti eliminando in sede di progetto ogni orpello che non fosse funzionale al più puro piacere di guida, compresi il tetto, le porte e i vetri. Fari e luci ci sono ma giusto per chi vuole targare l'auto e circolare su strada, altrimenti se ne può fare anche a meno.

SCHELETRATA La macchina ha una carrozzeria di pannelli compositi ridotta all'osso e che lascia poco spazio alla fantasia, un po' come il perizoma di una pin-up da paginone centrale. Ci sono quattro parafanghi striminziti, che girano attillati sopra ogni singola ruota, un naso affilato come quello di un formulino e uno snorkel che si alza giusto alle spalle dell'abitacolo scarno che più non si può. Di funzione portante, neanche a parlarne. A quella pensa il telaio tubolare in acciaio ad alta resistenza che, lasciato in bella vista, diventa il protagonista assoluto della scena.

RACING STYLE Le sospensioni sono a triangoli sovrapposti e adottano uno schema push-rod di chiara derivazione corsaiola, con molle Eibach e ammortizzatori Bilstein. Molto racing è anche il volante, con un diametro di soli 300 mm e capace di andare da un fondocorsa all'altro in soli 1,7 giri. Di servoassistenza non c'è traccia, qui come a livello dell'impianto frenante. Quest'ultimo si compone di dischi da 240 mm, ventilati all'anteriore e pieni a posteriore, sempre lavorati da pinze a doppio pistoncino messe sotto pressione attraverso una spettacolare pedaliera in alluminio.

PESO MOSCA I freni spuntano da dietro cerchi in alluminio con diametro di 15" e canale da 6 che montano pneumatici 195/50. Non si tratta di misure monstre ma occorre tener presente che tutta la Atom ha un fisico minuto da peso mosca. Metro alla mano, lunghezza, larghezza e altezza sono rispettivamente di 3.410 mm, 1.798 e 1.195. Il passo ammonta invece a 2.345 mm, mentre le carreggiate sono 1.600 mm tondi tondi. Il tutto per un peso nell'ordine dei 500 kg.

CUORE GIAPPOESE Se il numeratore del rapporto peso/potenza è favorevole, il denominatore non è da meno. A spingere la Atom è infatti il motore due litri i-VTEC della Honda S2000 che eroga 240 cv a 8.200 giri, ha un picco di coppia di 210 Nm a 6.100 giri. Nei panni della spalla c'è il cambio manuale a sei marce di serie con rapporti ravvicinati, attraverso il quale la potenza viene scaricata sulle ruote posteriori. Su strada simili valori si traducono in un tempo di 3,5 secondi nello scatto 0-100 e in una velocità massima di 225 km/h. Quanto basta per impensierire qualsiasi supercar in accelerazione o su un percorso guidato.

INCONTRO FORTUITO Ad averla cercata, forse non l'avrei mai trovata. La Ariel non ha un importatore ufficiale italiano, le macchine arrivano con il contagocce (la lista di attesa pare sia lunga di più di un anno) e scovare fino a ieri una Atom nel nostro Paese era un po' come cercare il proverbiale ago nel pagliaio. Oggi un esemplare arricchisce il parco macchine del Driving Camp di Carlo Rossi, che ha acquistato una Atom per offrire nuove emozioni in stile monoposto ai clienti dei suoi corsi di pilotaggio. E questa macchina è quella che abbiamo provato grazie alla disponibilità del buon Carlo che ce l'ha concessa per qualche giro sulla pista di Monza.

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SUI GENERIS La Atom è una di quelle macchine che esce dagli schemi tradizionali. In primo luogo perché si guida con il casco, dato che il parabrezza non c'è e a proteggere il pilota c'è al limite solo un'unghia di plexiglass, che è pure optional. In secondo luogo perché su questa Ariel non si sale ma si scende. Innanzi tutto si deve scavalcare la fiancata e mettersi in piedi sul sedile a guscio dotato di cinture di sicurezza a quattro punti. Quindi, approfittando del volante amovibile come in Formula 1, ci si può calare al posto di guida per iniziare a familiarizzare con i pochi comandi, che non fanno concessioni al comfort. In ogni caso lo spazio non manca e anche chi veste una taglia XL non rischia attacchi di claustrofobia.

NIENTE FALSE PARTENZE All'avviamento la Atom sfoggia una tonalità di scarico civilissima, con una voce sommessa che lascia solo intuire ciò che si può scatenare affondando il piede sull'acceleratore. La partenza non è problematica come su una vera monoposto: motore e trasmissione in fondo sono quelli di un'auto di serie, per quanto sportiva. La frizione attacca e stacca in modo deciso senza mettere però in difficoltà. Il cambio, dal canto suo, ha una corsa molto breve e innesti facili e fluidi, che fanno la gioia delle mani esperte senza complicare la vita a chi non ha mai visto un cambio a H da corsa.

UNA FUCILATA Da monoposto è invece lo spunto. Forte di una rapporto peso/potenza che non arriva a 2,1 kg/cv e di un cambio ravvicinato, la Atom schizza in avanti come un proiettile già ai primi affondi, imponendo di buttare dentro un rapporto dopo l'altro. I Led sulla parte alta della corona del volante segnalano in un batter d'occhio l'avvicinarsi dell'entrata in funzione del limitatore e danno l'imbeccata per la cambiata. Se si ha l'impressione di trovarsi alla guida di una moto non è solo per fatto di indossare il casco: passando al rapporto superiore, il motore perde pochissimi giri e riguadagna la zona rossa in modo fulmineo, producendosi in acuti squillanti.

TUTTI PILOTI La sensazione è di andare sempre fortissimo, anche se le plastiche riparano dall'aria al di là di ogni più rosea aspettativa. Seduti rasoterra si ha una percezione diversa della velocità e per capire esattamente cosa stia succedendo e ritrovarsi sul pianeta Terra conviene dare un'occhiata al tachimetro, la cui lancetta sale veloce come se fosse a molla ma poi si assesta su velocità "umane". Senza entrare nel merito del potenziale della macchina in termini di tempi sul giro, quel che conta è che al volante ci si senta come piloti veri. Lo sterzo è duro e diretto, al punto che dopo aver piazzato le mani nella classica posizione delle 9.15 non occorre più muoverle nemmeno per affrontare le varianti.

SI FERMI CHI PUO' La corona va impugnata sempre con decisione. Grazie alla sua geometria e alla distribuzione dei pesi, la Atom disegna le curve a mo' di compasso, con limiti di tenuta elevatissimi, come se schiacciata sull'asfalto da un'enorme mano invisibile. Le sospensioni pistaiole fanno tuttavia sentire le sconnessioni e impongono correzioni frequenti nei tratti con l'asfalto non liscissimo, come alla curva Biassono. Anche in staccata non si deve abbassare la guardia. Nelle decelerazioni più decise, in cui questa Ariel si permette di frenare ben più avanti di blasonate e pesanti supercar, emerge un certo nervosismo che non può essere preso sotto gamba.

BISTURI Altre due specialità della Casa sono gli ingressi in curva chirurgici e i cambi di direzione da slalomista. La Atom si fionda nelle svolte con una rapidità sconosciuta alle "normali" sportive stradali, senza accusare alcuna inerzia o una tendenza ad allargare la linea impostata. In Variante Ascari, con un assetto piatto e neutro, scarta da una parte all'altra trovando in men che non si dica un appoggio solido e una direzionalità ideale. Se non si è esagerato entrando in curva, è cosa buona e giusta stare abbottonati anche in uscita. La potenza elevata e l'assenza di controlli elettronici della trazione e della stabilità sconsigliano di maltrattare l'acceleratore, a meno che non si voglia innescare un controsterzo, spettacolare ma impegnativo, oltre che poco redditizio. In buona sostanza, la Atom si rivela un giocattolo divertentissimo, che richiede, sì, mani esperte per essere sfruttato a fondo ma che consente a chiunque di viaggiare forte e di vivere emozioni fortissime con un impegno psico-fisico ragionevole. Quanto all'impegno economico, il prezzo si aggira attorno ai 50.000 euro, sempre da brivido ma meno delle prestazioni.


Pubblicato da Paolo Sardi, 04/05/2009
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