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Prova

Kawasaki J300


Avatar Redazionale , il 24/01/14

10 anni fa - Il lime green ora è anche per gli scooter. Guarda il video

Con una mossa fuori dai suoi schemi abituali, la Casa di Akashi presenta il suo primo (e non ultimo a quanto pare…) scooter della storia, il Kawasaki J300. Tanta la parentela con il cugino Kymco ma molte anche le differenze

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IL MIO MERCATO CHE CAMBIA Il tempo passa e il mercato cambia, almeno così sembrano dirmi i grafici dei tecnici Kawasaki. Oggi come oggi, per stare al passo, bisogna ampliare i propri orizzonti ma al tempo stesso essere competitivi con il prezzo, vero nocciolo della questione. Una brutta faccenda, insomma, perché richiede sforzi notevoli. Ma ad Akashi si sono mossi bene, anche se un pelo in ritardo rispetto alla concorrenza: sfruttando la partnership con la taiwanese Kymco nasce il Kawasaki J300, il primo scooter (e non l’ultimo a quanto pare…) nella storia di Kawasaki (e che, per sua stessa natura, si piazza tra tra due rivali come l’X-Max 250 e il 400). E alla fine, ne è venuto fuori uno scooer che ha tutta una sua personalità, molto motociclistica.

KAWA-INSPIRED Nuovi mercati, certo, ma il kawa-feeling doveva impregnare anche un mezzo pratico come il Kawasaki J300. Ecco allora spiegato il muso simil-Ninja, con gli aguzzi fari (quelli di posizione a Led) e il cupolino sfuggente. Anche le linee guida sono tutte connotate da un forte spirito sportivo, come a ribadire che, sì, è uno scooter ma prima di tutto è una Kawasaki.

CATTIVO MA UTILE Sportivo ma pur sempre scooter e quindi confortevole: la sella (775 mm di altezza) è particolarmente comoda, ha il pistoncino di apertura e ha un profilo che, simile al serbatoio di una moto, diminuisce l’effetto vuoto tra le gambe che spesso affligge chi passa dalla moto allo scooter. Perché tra i vari utenti-tipo del J300, c’è anche chi una moto ce l’ha già ma brama un attrezzo urbano sortivo. Nel sottosella ci sta un casco integrale e poco altro, tutto illuminato da una comoda luce di cortesia.

EVOLUZIONE DELLA SPECIE Ancora prima di essere provato, il Kawasaki J300 è stato oggetto di critiche anche pesanti a proposito della sua così stretta parentela con il Kymco Downtown dal quale solo in parte deriva. Sono inedite la mappatura dell’ECU, la taratura delle sospensioni, le pedane pieghevoli e via discorrendo, compreso tutto lo tudio sul design. Ma la lista non è tutto: l’intento finale era di aumentare la qualità percepita, sfruttando però una piattaforma già collaudata da altri. E pare ce l’abbiano fatta.

AD HOC Come anticipato, il Kawasaki J300 sfrutta la base meccanica del Kymco Downtown. Motore monocilndrico da 299 cc e 28 cavalli a 7.750 giri (con quasi 29 Nm di coppia) e telaio a diamante in acciaio sono parenti stretti, ma questo è più o meno tutto. Le sospensioni, infatti, hanno una taratura specifica per il nuovo peso (191 chili in ordine di marcia) e per avere un confort maggiore. Nuovo è pure tutto l’impianto frenante (i tubi sono in treccia, roba da moto sportiva e i dischi da 260 mm all’anteriore hanno un profilo a margherita). A corredo ci sono anche il doppio cassettino con presa a 12V, le ruote da  14”/13” (anteriore/poteriore) e il serbatoio da 13 litri.

OK IL PREZZO È GIUSTO Lungo anche l'elenco degli accessori del J300, come ci si attende da uno scooter premium. Bauletto, borsa centrale della Givi, plexi rialzato, insomma la lista è lunga e tutta da scorrere. Il Kawasaki J300 sarà in vendita a 4.730 euro f.c. nelle colorazioni Silver metallizzato e Nero metalizzato, 4.880 euro per la Special Edition Nero Silver Verde. In entrambi i casi, comunque, fino al 15 febbraio è inclusa garanzia di 4 anni e bauletto da 39 litri in tinta. L’ABS Bosch a due canali è disponibile come optional a circa 400 euro.

IN QUESTO SERVIZIO
Casco Caberg Downtown
Giacca Tucano Urbano Ficus
Guanti Tucano Urbano Monty Touch
Jeans Hevik Street
Scarpe TCX X-RAP WP 

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IL VERDE PIACE Nonostante le Case motociclistiche si sforzino di reinventarsi con prodotti innovativi, hanno sempre un’identità ben definita che traspare in tutti i propri modelli. È quella cosa che ci fa dire “sono in sella a una Honda/Yamaha/Ducati ecc.” senza dover guardare il nome sul serbatoio. E la regola vale oggi per il Kawasaki J300, realizzato, come tutte le Kawasaki, con cura notevole. Plastiche, accoppiamenti e in generale le sovrastrutture danno una bella sensazione di solidità, un oggetto realizzato con cura e dedizione. Poche concessioni a tecnicismi e voli pindarici ma tanta sostanza, come le moto di una volta.

SCENDO IN DETTAGLIO Salgo in sella al Kawasaki J300 e mi trovo bene: la sella è imbottita come un bel cuscino e c’è spazio ragionevole tra mani e giniocchia (anche per me che sono un metro e novanta). La sensazione di qualità è forte anche "entrando" nello scooter: i cassettini sono solidi, il sottosella è ampio, anche se sviluppato un po’ troppo orizzontalmente, e il cruscotto è chiaro e leggibile. Mi piace meno la seduta un po’ obbligata, lì ti siedi e lì stai (ad esempio non c’è il poggiapiedi verticale per stendere le gambe). Avrei gradito anche chicche come il plexi regolabile o il freno di stazionamento ma non si può avere tutto dalla vita.

UN BEL PEPERINO Un timido sole sembra sbucare dalle nuvole, generoso regalo per la prova del Kawasaki J300, che da subito mi mette a mio agio: il lavoro fatto sulla mappatura si sente, eccome. Rispetto al Kymco, di cui è parente stretto, è meno aspro soprattutto nell’apri-chiudi. Quella fase in cui il variatore cambia la rapportatura è molto più graduale, non ci sono strappi fastidiosi e l’accoppiata manetta-trasmissione funiona alla grande. E anche l’erogazione mi piace: poche vibrazioni ma tanta spinta, dolce come miele ma forte, consistente. Un gran bel motore insomma.

SUONA LA SVEGLIA Il primo tratto di percorso prevede qualche chilometro in città, dove il J300 se la cava piuttosto bene: stabile e rassicurante, al 300 di Akashi manca forse un pelo di agilità, soprattutto nello slalom speciale in mezzo al traffico. Sfumatura recuperata in parte dal baricentro basso, garanzia di un ottimo equilibrio. Le sospensioni dal canto loro lavorano bene, la risposta c’è ma è parecchio sportiva. Immaginate la scena: appena svegli la mattina inforcate lo scooter, direzione ufficio. Quello che volete, con la palpebra aperta ancora per metà, è un assetto in grado di far sembrare un biliardo anche la strada più rovinata; quello del J300 invece che cullarvi nel dormiveglia, vi dà una scrollata per attivarvi le sinapsi. A dare una mano ci pensa la sella, veramene ben concepita e super confortevole, mentre il riparo aerodinamico è abbastanza scarso come su tutti gli scooter sportivi (chi arriva al metro e ottanta, ha esposti casco e spalle).

GUSTOLUNGO Gli incroci si diradano, le strade si aprono e il J300 distende i suoi muscoli allenati. Sì, perché quelle che in città erano sospenspioni rigide, sul percorso pulito diventano la chiave per viaggiare spediti. Composto e stabile, il J300 ama la guida fluida e veloce. Anche affrontando curvoni all’arrembaggio, segue preciso la linea senza andare in crisi. Dove il Kymco Downtown avrebbe cominciato a ondeggiare, il J300 va via come su un binario, distraendosi solo quando si fa ciò che non si dovrebbe in sella a uno scooter. Il tutto è accompagnato dal godurioso motore, sempre pronto al richiamo del gas e capace di spingersi fino ai 140 km/h indicati.

UN MUST Un appunto sulla frenata: la potenza c’è eccome ma bisogna strizzare parecchio la leva se si vogliono risposte incisive. Ma d’altronde, chi non è un habitué dei freni da moto non si aspetta nemmeno di inchiodare con un dito. L’ABS, invece, è promosso con lode: velocissimo e discreto nell’intervento, non allunga nemmeno la frenata. Più che un consiglio, direi che è obbligatorio richiederlo.

FACCIAMO I CONTI Bell’attrezzo, il nuovo J300. Se mi mettessero sotto tortura, arriverei a dire che è un Kymco più personale e migliorato sotto diversi punti di vista. Gradevole alla vista e nella guida, il J300 avrà sicuramente uno stuolo di fan che sapranno apprezzare il suo look tipicamente Kawa e la guida sportiva. E tutto sommato, per quello che offre, costa anche il giusto. 


Pubblicato da Alessandro Codognesi, 24/01/2014
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