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Prova

Suzuki GSX-R1000 2012


Avatar Redazionale , il 02/02/12

12 anni fa - Aggiornata, non stravolta, ma sempre con una bella guida.

Pochi sapienti ritocchi rinverdiscono la Suzuki GSX-R1000 2012 che rinuncia all’elettronica ma offre una guida entusiasmante. Erogazione perfetta per il nuovo 4 cilindri e agilità migliorata: con lei si torna alla guida “pura”.

AGGIORNAMENTI, NON RIVOLUZIONI Niente elettronica, ma molti affinamenti. Possiamo riassumere così l’ultima evoluzione della Suzuki GSX-R1000: l’edizione 2012 non stravolge un progetto che Suzuki ha rinnovato completamente nel 2009 ma lo evolve cercando maggiore efficacia sia motoristica sia ciclistica. Inutile girarci attorno, i tempi per le supersportive sono quelli che sono e mentre i costruttori europei continuano a spingere forte sul segmento i giapponesi sembrano essersi presi una pausa di riflessione aggiornando, sì, le loro sportive ma forse meno di quel che si aspettano gli appassionati.

TRE MAPPE  Così chi si attendeva una Suzuki GSX-R1000 tutta-tempestata-di-elettronica magari potrà rimanere deluso. La Gixxer 2012 resta fedele alla sua tripla mappatura (sistema S-DMS) per il motore, soluzione che peraltro è stata la prima Casa al mondo a lanciare, ma non mette il piedino nel mondo dell’elettronica di controllo, niente controllo di trazione e ABS, quindi. In realtà, però, gli affinamenti ricevuti dalla Gixxer sono davvero molti e spaziano dal motore alla ciclistica ai freni tutto per ottenere l’obbiettivo di avere una migliore frenata, più coppia e più maneggevolezza.

TORNA IL 4-IN-1 Molto simile alla precedente versione, la nuova Suzuki GSX-R1000 2012 si distingue però a prima vista dalla L0 per due elementi tecnici: lo scarico singolo e le pinze radiali Brembo monoblocco (con pistoncini da 32-32 mm e pompa Nissin) che nello specifico agiscono su dischi più sottili (da 5,5 mm a 5 mm). Sono questi i due particolari che saltano all’occhio a prima vista. In particolare il nuovo 4 -2 -1 con silenziatore in titanio piacerà tanto ai nostalgici della celebre “K5” una delle migliori sportive Suzuki di sempre e a dirla tutta una delle migliori sportive in generale. Grazie all’arrivo del silenziatore singolo tutta la moto ne ha tratto beneficio, più leggera alla vista, ma anche più leggera a tutti gli effetti visto che il peso è sceso di 2 kg. Ora siamo a 203 kg in ordine di marcia con tutti i liquidi ma senza carburante. Tra le altre piccole modifiche ciclistice notiamo una differente distribuzione dei pesi, leggermente più spostata sull’avantreno (1%) grazie non solo allo scarico più leggero ma anche all’accorciamento della forcella Showa BPF (-7 mm) che ha anche una corsa ridotta di 5 mm.

MOTORE POTENZIATO Anche gli aggiornamenti al motore non sono di poco conto: in Suzuki sono andati a cercare più aggressività per il loro quattro cilindri che conferma le misure vitali di 74,5x 57,3 mm, misure che ormai rendono questo motore, pur superquadro,  quasi un “corsa lunga” soprattutto se rapportato con gli ultimi quattro cilindri in linea europei.

PISTONI LEGGERI Nuovi sono i pistoni (11% più leggeri) derivati da quelli della MotoGP e nuovi sono anche gli alberi a camme che azionano punterie anch’esse più leggere. In poche parole Suzuki ha voluto realizzare un motore più rapido in accelerazione. Anche il rapporto di compressione cresce da 12:8 a 12:9. Altre modifiche riguardano i fori alla base dei cilindri ora pentagonali in luogo di quelli rettangolari del motore precedente. Invariata la potenza dichiarata: 185 cv che però ora arriva 500 giri prima a 11.500 giri. Invariata anche la coppia: 117 Nm a 10.000 giri e il limitatore piazzato a 13.500. I numeri però, come vedremo non danno ragione alla GSX-R1000 che alla prova dei fatti (andate al come va) dimostra di avere più “pepe” che in passato. Le curve di potenza e coppia mostrate in conferenza stampa mostrano poi come se il picco massimo non è cambiato è la “schiena” a essere migliorata. La Suzuki insomma ha bassi e medi ben più consistenti.

FINO A MARZO COSTA POCO Chiudiamo con il capitolo prezzi e la cosa qui si fa interessante perché la GSX-R1000 fino a marzo sarà proposta a un prezzo di lancio di 13.500 € e poi il prezzo salirà a 15.100. Se quindi avete una mezza intenzione di prenderla è meglio che facciate in fretta.

IMPRESSIONI E REALTÀ In un momento in cui tutte le case europee si prodigano a riempire le moto di elettronica i costruttori giapponesi sembrano voler stare a guardare. In realtà non è cosi. Le moto jap avranno forse qualche gadget in meno ma non mancano di evoluzione. Curiosamente i giapponesi però non urlano le loro evoluzioni. Cambiano pistoni, cambiano alberi a camme, lavorano sodo ma lo fanno quasi sottovoce senza stravolgere il look della moto. Risultato: sembra che facciano poco. Certo fa più rumore un traction control che nuovi fori alla base dei cilindri, ma credetemi, nel caso della Suzuki il lavoro fatto non è stato di secondo ordine, anzi…

FAMILY FEELING La Suzuki GSX-R, poi è un po’ come la Porsche 911. Una moto che si evolve di continuo, che cambia anche molto ma che resta sempre inconfondibilmente una gixxer, riconoscibile. In poche parole non deve cambiare colori e forme per far notare le proprie evoluzioni. Questo fatto può avere dei pro e dei contro. Può far pensare che  la moto sia sempre la stessa. Oppure puo far piacere a chi possiede la versione precedente e non si trova per le mani un moto visivamente superata. 

SORPRESA Lo ammetto, pensavo di scendere dalla GSX-R sicuramente soddisfatto, ma poco appagato come talvolta mi è successo provando le ultime hypersport made in Japan. Invece dopo un primo  turno passato a riprendere confidenza con il circuito Monteblanco e a sgranchirmi i muscoli (brutta storia la pigrizia che ti prende in inverno) mi sono ritrovato a sorridere sotto al casco.

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BEI RICORDI Sarà che con una GSX-R ci ho corso due anni di mondiale endurance e quindi su questa moto ho dei bei ricordi, ma quello che mi è piaciuto è che nella nuova GSX-R ho ritrovato l’anima della moto con cui correvo. Quello che è iniziato ad emergere giro dopo giro è stato il carattere della moto. Bello il rumore del nuovo scarico, bello il ringhio di aspirazione, con le quattro bocche dei corpi farfallati che “raschiano” sotto al mento, ma, soprattutto, bello il rapporto diretto che c'è tra la manopola dell'acceleratore e la ruota posteriore. Dopo qualche anno passato a metter su kg e centimetri la Gixxer sembra voler tornare alle origini, riappropriandosi del carattere che ha fatto grande la mitica K5.

CORTA E LEGGERA La nuova Suzuki, oltre a vantare l'interasse più compatto della categoria (solo 1.405 mm, roba da 600) si è snellita e ha buttato giù peso è più reattiva a cambiare direzione e ha una precisione di risposta al gas che poche altre moto possono vantare.

I MEDI CHE CONQUISTANO E poi, soprattutto, si è ripresa quel tiro ai bassi che la distingueva da tutte le altre, e che con le ultime versioni si era un po’ perso. Le ripartenze sono il suo forte, in particolare quelle dalle curve lente, dove puoi permetterti di scendere a 5.000 giri o giù di li e di uscire veloce dalla curva senza aspettare che il contagiri salga di almeno 3000 giri. La gixxer 2012 ha insomma una gran schiena e una erogazione perfetta, esce dalle curve con spinta decisa e accompagna l'accelerazione con una salita di regime perentoria, ma senza picchi particolari.

POTENZA PULITA Tutto è molto lineare, pulito, semmai quello che manca a questo motore è la rabbia degli ultimi mille giri, quella che ti offre l'ultimo colpo di reni prima di sbattere contro il limitatore. In realtà il motore Suzuki allunga eccome, il limitatore taglia quando la lancetta ha superato i 14000 giri, (il regime reale è 13500)  ma negli ultimi 1000-1500 giri la grinta si stempera un po’. Il regime di cambiata ideale alla fine si attesta sui 13.000 indicati; diciamo che  gli ultimi giri vengono buoni per non cambiare marcia tra una curva e l'altra ma non sono quelli che ti fanno fare la differenza in fondo al rettilineo. Qualche cavallino in più li in alto e questo è il motore perfetto.

ACCELERAZIONE EFFICACE Detto questo, la GSX-R è tutt’altro che lenta, il circuito Monteblanco è caratterizzato da un rettilineo da 960 metri che si imbocca da un curvino da seconda. Quei metri sono sufficienti per vedere oltre 280 indicati in quinta (reali da gps 264). Direi prestazioni più che sufficienti, anche perché dove la Suzuki fa davvero la differenza è in uscita di curva, quando richiami il gas e la potenza è già li, pronta, e soprattutto gestibile perfettamente con il polso che è realmente collegato in diretta con la ruota posteriore. Il feeling con ciò che accade tra ruota e asfalto in accelerazione è davvero elevato e anche la trazione è eccellente. Il risultato è che le perdite di aderenza, quando ci sono sono perfettamente controllabili con l’acceleratore, il che è anche molto gasante per il pilota.

TRACTION PERCHÉ? Onestamente, alla fine dei conti durante i 5 turni di guida al Monteblanco (tre con le “stradali” Bridgestone S20 e due con le aggressive R10 in mescola, finalmente anche Suzuki le ha utilizzate per una presentazione!) non ho mai avvertito realmente l’esigenza di avere un controllo di trazione, soprattutto di certi controlli che se sei uno che “guida” tagliano troppo e ti fanno perdere tempo. Certo non si può sottovalutare l’impatto tranquillizzante di un TC nella testa di un pilota, il mercato lo chiede, i motociclisti lo chiedono e il Traction Control è senza dubbio un argomento di vendita. Ma è anche vero che quando la moto trasmette così bene tutti i segnali guidare è assolutamente divertente e con un minimo di sensibilità altrettanto sicuro.

CAMBIO SOTTO STRESS Quello che mi trovo a segnalare è invece un cambio che non mi ha fatto impazzire. Soprattutto se confrontato con quelli, eccellenti, che di solito caratterizzano le Suzuki sportive. L’escursione alla leva è corta e la cambiata è anche rapida.  Ma quando il cambio è sotto stress richiede che si debba chiudere il gas parecchio perchè a volte tende a impuntarsi, il che rende la manovra più lenta di quello che potrebbe essere. In questo caso si avverte l’assenza di un quickshifter, accessorio quasi di uso comune tra le maxi sportive europee ma che i giapponesi continuano a ingnorare.

IN SELLA È SEMPRE LEI Ci sono anche altre cose che fanno di una GSX-R una GSX-R, ad esempio la posizione in sella caratteristica con la sella bassa e le pedane un po’ avanzate (si possono arretrare un po’ ma non abbiamo potuto farlo) e i manubri un po’ chiusi. E poi il baricentro basso che fa si che la Suzuki sia piuttosto rapida nei cambi di direzione e oggi che è anche più leggera lo sia ancora di più.

FRENI MIGLIORI MA.. Quello che appare migliorato è invece la frenata che grazie all’arrivo delle Brembo si è fatta più potente e gestibile, resta però una certa spugnosità della leva (che detto tra noi nemmeno mi dispiace, personalmente preferisco impianti “morbidi” che troppo “secchi”) e la tendenza ad allungare la corsa dopo 5-6 giri realmente tirati. Va detto che il Monteblanco è un circuito piuttosto stressante per i freni e che comunque una volta assestato, l’impianto resta costante nelle prestazioni. La soluzione è quindi partire con una leva di una tacca più lontana rispetto a quello che ci piace, per arrivare ad avere la distanza corretta. Anche in questo caso un piccolo consiglio agli ingegneri della Suzuki mi sento di darlo. Avete fatto 30, fate anche 31. La prossima volta anziché solo le pinze Brembo, sulla GSX-R metteteci anche la pompa.


Pubblicato da Stefano Cordara, 02/02/2012
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