Ibrido. Una parola che ascoltiamo e pronunciamo tutti i santi giorni.
Ma siamo sicuri di sapere che cosa significa, davvero? Non solo in termini di tecnologia automobilistica, ma anche nel suo significato più profondo, etimologico e storico. La risposta, a nostro avviso, è interessante.
L’etimologia della parola “ibrido”
Il termine ''ibrido'' ha origini antiche. Deriva dal latino “hybrida” o “ibrida”, usato per indicare il figlio di genitori di razze diverse.
Il termine latino stesso si rifà a sua volta al greco hybris, parola che indicava la mescolanza innaturale o la trasgressione dell’ordine naturale delle cose.
Esatto: in origine, ''ibrido'' aveva il significato pressappoco di ''bastardo''. O ''incrocio'', per sembrare più educati.
Nel corso dei secoli, il significato si è evoluto. Da qualcosa di “fuori dall’ordinario” o addirittura “negativo”, il termine ha assunto una connotazione neutra o positiva, diventando sinonimo di combinazione, fusione, integrazione.
In biologia, ad esempio, un ibrido è il risultato dell’incrocio tra due organismi geneticamente diversi.
In elettronica, un circuito ibrido è una combinazione di tecnologie differenti.
Nel contesto automobilistico, dove è ormai un'espressione di uso quotidiano, un’auto ibrida è un veicolo che utilizza due (o più) fonti di energia per il movimento:
la benzina o il gasolio per il motore termico;
l'energia elettrica per la batteria che alimenta il motore elettrico.
Il concetto centrale resta: l’unione di due mondi, il termico e l’elettrico, per ottimizzare consumi, prestazioni e impatto ambientale.
Qual è la prima auto ibrida della storia?
Se pensi che le ibride siano una scoperta recente, ti sbagli di grosso.
La prima auto ibrida risale alla fine del XIX secolo e il suo creatore ha un nome che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’ingegneria: Ferdinand Porsche.
La Lohner-Porsche Mixte (1899-1901)
Progettata dal giovane Ferdinand Porsche a soli 23 anni, la Lohner-Porsche Mixte Hybrid è considerata la prima auto ibrida al mondo. Si trattava di un veicolo, per l'epoca, davvero rivoluzionario:
un motore a benzina (costruito dalla De Dion-Bouton);
un generatore elettrico che alimentava due motori elettrici posizionati sulle ruote anteriori.
Era un sistema ibrido in serie ante litteram: il motore a combustione non muoveva direttamente le ruote, ma serviva a generare elettricità per i motori elettrici.
Un’idea modernissima per l’epoca, che prefigurava molte delle tecnologie che oggi vediamo nelle plug-in hybrid e persino in alcune auto elettriche con range extender.
Il termine “ibrido” non era ancora diffuso in ambito automobilistico all’inizio del Novecento, ma il concetto era chiaro: un’auto che fondeva due fonti energetiche.
Anche se il nome ufficiale del veicolo era ''Mixte'', riferendosi alla natura mista del sistema di propulsione, il termine “ibrido” è stato successivamente applicato dagli storici dell’automobile per descrivere esattamente quella peculiarità.
Un’eredità linguistica e tecnologica
Ora lo sai: quando oggi parliamo di auto ibride, stiamo in realtà utilizzando un termine carico di significato, che attraversa millenni di storia linguistica e oltre un secolo di evoluzione tecnica. E che dalla biologia, ha compiuto un ''salto di specie'' verso la mobilità sostenibile.
La prossima volta che sentirai quella parola (forse, tra pochi minuti), ricordati: ibrido non è soltanto un aggettivo, è una filosofia.