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Aston Martin Bertone Jet 2


Avatar Redazionale , il 10/03/04

20 anni fa -

Una sportiva da oltre 450 CV ridisegnata da uno dei più famosi carrozzieri italiani. Puro esercizio di stile? In un certo senso sì. Ma è anche la dimostrazione che disegnare belle macchine per pochi, oggi significa fare economie di scala.

FERVORE La solita coupé da ricchi, prototipo da guardare ma non toccare, panterona per le curve dei sogni. La Jet 2 è tutto questo, come tante altre concept. Ma dietro a forme pensate (anche) per i flash c’è un progetto concreto, ambizioso, sostenuto da una Bertone più fervida del solito. Fra un’Alfa GT che ha già conquistato molti occhi e un’utilitaria pronta a balzare in Cina, si prova pure a recuperare un capitolo di tradizione. 

AMARCORD Quello degli allestimenti speciali: la crème dell’automobilismo all’italiana, il massimo dell’eleganza, il cioccolato più fine. Varianti ancora più esclusive e artigianali della solita sportiva. Il momento d’oro fu fra gli anni Cinquanta e Sessanta, quando a Capri o Portofino si potevano incrociare pezzi quasi unici, che incapsulavano la tecnica nei tratti delle matite più famose. Bertone si espresse nel 1961 con la prima Jet basata sulla Aston Martin DB4 GT, coupé originale per la coda allungata e il padiglione stretto.

NONSOLOSUV Oggi firma la nuova Jet, che a differenza di molte show-car non è una vetrina tecnologica – allineando uno dopo l’altro sterzo intelligente, sospensioni elettroniche e macchina del caffè – ma un tentativo di ritornare alla vera fuoriserie. Troppo spesso i collezionisti d’arte si comportano da calciatori, scelgono Cayenne e X5. Perché non produrre di nuovo un’auto da intenditori, anziché da fashion-victim? E brava Bertone…

SPECCHIO La nuova coupé è allungata di 21 centimetri rispetto alla Vanquish da cui deriva, ma per il resto telaio e meccanica sono completamente invariati, anche per evitare problemi di omologazione. Mano delicata che si nota anche esteticamente: frontale e interni si limitano a sviluppare, arricchire le linee iniziali rimaste sempre ben rintracciabili. A cambiare è lo specchio di coda.

STARCK Dietro i volumi sono completamente stravolti. E sono inconfondibilmente Bertone, pur fondendosi al corpo vettura inglese, che mantiene all’anteriore una calandra con pochi dubbi. Non facile coniugare un patrimonio stilistico come quello dell’azienda torinese con la pluridecennale morbidezza delle Aston; un po’ come piazzare un mobile Philippe Starck in una cattedrale barocca. Ma il matrimonio è riuscito.

NASTRI I cromosomi italiani emergono nel tipico stilema della lamiera incorniciata dalla fanaleria, e nel nastro che si arrampica modellandosi sul gradino della fiancata. Quello delle fasce che seguono superfici plastiche è un tratto caratteristico della Carrozzeria quanto una casetta in legno in Trentino. Non a caso si ritrova anche negli interni. Ma la zona dove il connubio è completo rimane il posteriore, con il lunotto che riprende la sagoma della mascherina AM.

LONGER Interessante il trattamento della vista laterale. Come evitare l’effetto-allungamento, tipo Voyager/Grand Voyager, Classe A corta/Classe A lunga? Schizzando una nervatura in basso che taglia la linearità del sottoporta, movimentando l’andamento e creando un’impressione ascensionale. Anche perché al di sopra si innesta un volume molto “trattato”, un po’ come i muscoli di un body-builder, che riempie con la sua consistenza lo spazio aumentato in longitudinale.

CODINA Lo sbalzo posteriore è sfuggente dietro la ruota, ma molto marcato nell’accenno di codina superiore: il risultato ricorda le classiche coupé due volumi, dalla MGB GT a certe vecchie Volvo, alla BMW Z3 che ha visto anche chi è nato con Internet. Completa l'insieme il tetto in vetro, concessione alle mode ma ancora una volta ai leit-motiv “bertoniani”; non è tutto trasparente – da minivan – ma prevede una zona scura tipica.

SUCCO DI PERA Il frontale è leggermente più sportivo con nuovi fari e prese d’aria simili agli scarichi posteriori. Anche dentro il trucco è molto soft, eppure si nota eccome. Sulla plancia originale sono spalmati inserti in legno di pero, non proprio comune come certe radiche, esteso pure al pavimento. Non poteva mancare l’alluminio satinato per dare quel tocco techno. Per i passeggeri posteriori (la nuova Jet è una 2+2) i sedili sono naturalmente specifici, e ribaltabili. Il tutto per una cifra di 50.000 euro. Troppo? Dopo aver speso mezzo miliardo per una Vanquish, cosa volete che sia...


Pubblicato da Silvio jr. Suppa, 10/03/2004
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