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F1 2020

La firma di Perez non altera, ma consolida, la filosofia Red Bull


Avatar Redazionale , il 20/12/20

3 anni fa - La Red Bull si affida a un pilota che non proviene dal suo Junior Team.

La firma di Perez non altera (ma consolida) la filosofia Red Bull
Per la prima volta dopo anni la Red Bull decide di affidarsi a un pilota che non proviene dal suo Junior Team. Ecco perché...

MEZZO, NON FINE Non sono d’accordo con chi sostiene che l’ingaggio di Sergio Perez debba essere inteso come il primo, preoccupante segnale dell’imminente dissesto del glorioso Red Bull Junior Team. Prima di entrare nel merito delle mie argomentazioni, va precisato che è il programma a essere uno strumento nelle mani del team e non viceversa. Il prezioso lavoro svolto da Helmut Marko rappresenta uno dei tanti tasselli che possono e devono contribuire ai successi del team Red Bull, forse il più caratteristico, ma pur sempre un mezzo, mai un fine.

La storia dello Junior Team

PRIMO VINCERE Per quanto sia innegabile che la filosofia Red Bull vada nella direzione del voler costruire i propri piloti in casa, la stessa è superata dalla golden rule a cui si ispira qualsiasi team: vincere. La vittoria rappresenta, per tutti coloro che sono coinvolti in F1, il solo e unico obiettivo a cui ambire. Le filosofie e le procedure servono a fare ordine e a indicare la rotta ma non dovrebbero mai trasformarsi in vincoli. Da questo punto di vista, Red Bull è stata estremamente lucida nel non rimanere intrappolata nella propria confort zone provando, attraverso la firma di Perez, a fare qualcosa che le consentisse di vincere subito senza compromettere il proprio futuro.

CONTESTO AMPIO A questo punto sorge spontanea una domanda: rinunciare a seguire in maniera pedissequa una consolidata procedura significa abdicare a tale filosofia definitivamente? Un singolo episodio che discordi dalla moda (inteso in senso matematico) delle precedenti scelte prese non è sufficiente a farci asserire che Red Bull abbia deciso di accantonare, ripensare o ridimensionare il programma dedicato allo sviluppo dei giovani piloti. La scelta di Sergio Perez, infatti, va inserita in un contesto molto più ampio e molto più complesso rispetto al mero confronto tra il pilota messicano e Alexander Albon. Proviamo ad andare con ordine.

RIFERIMENTO La storia del Red Bull Junior Team è stata è stata così rilevante da condizionare il lavoro di quasi tutti i player coinvolti in F1. Mercedes, Renault, McLaren e Ferrari si sono dovute adeguare per colmare il gap con i rivali austriaci. Oggi, forse, riteniamo che gli anni d’oro del progetto gestito da Helmut Marko siano ormai alle spalle. Ma è davvero così? Nel lustro immediatamente successivo alla promozione di Vettel in RBR nel 2009, da tutti considerato come il più fecondo della storia del programma, Helmut Marko ha dato la possibilità di debuttare in F1 a quattro piloti: Buemi, Alguersuari, Vergne e Ricciardo. Nello stesso periodo, la coppia RB è rimasta invariata: Vettel – Webber.

F1 2013: Mark Webber e Sebastian Vettel (Red Bull) F1 2013: Mark Webber e Sebastian Vettel (Red Bull)

ERA VETTEL Questa continuità ha consentito a Marko la possibilità di sfruttare due grandi vantaggi: quello di dover, fondamentalmente, gestire i soli sedili Toro Rosso e, contestualmente, di avere tutto il tempo a disposizione per valutare a chi dare una chance nel team Red Bull. Marko ha avuto 5 anni per trovare Daniel Ricciardo, l’unico tra i quattro piloti ad aver debuttato tra il 2009 e il 2013 a cui è stata data l’opportunità di correre per Red Bull. È innegabile che questo sia stato possibile grazie alla prolungata (e tutto sommato proficua – sì, è un eufemismo) convivenza tra Webber e Vettel. Quello che è successo dopo è frutto un po’ della programmazione (Verstappen) e un po’ della reazione a decisioni altrui (tutto il resto). Non credo sia assurdo affermare che Red Bull, nel 2015, avrebbe gradito continuare con la coppia Ricciardo-Vettel. Però, anche a causa degli scarsi risultati ottenuti nel 2014, il pilota tedesco ebbe la possibilità di far valere una clausola contrattuale relativa alle performance dell’auto, e di fare opt-out, liberarsi dal contratto che lo legava alla scuderia Austriaca e volare a Maranello.

DECISIONI FORZATE Il conseguente trasferimento di Kvyat da Faenza a Milton Keynes non era nei piani a breve termine del team. Così come non era del tutto nei piani la repentina e fortunatissima promozione di Verstappen a inizio 2016 o, ancora, il passaggio di Ricciardo in Renault. Se dal 2009 al 2013 Red Bull ha avuto solo due piloti, nei sette anni successivi se ne sono alternati ben 6: Vettel, Ricciardo, Kvyat, Verstappen, Gasly e Albon. In alcuni momenti, Marko è stato forzato a prendere determinate decisioni senza aver avuto a disposizione tutto il tempo necessario per scrivere una trama all’altezza dei capolavori Vettel 2009 o Ricciardo 2014. Gli ultimi 4 piloti che hanno corso con RBR, sono stati tutti promossi, per una ragione o per l’altra, prima del tempo. Kvyat per la scelta di Vettel di uscire dal contratto, Verstappen per via delle pressioni del suo management, Gasly per sostituire Ricciardo (un fulmine a ciel sereno, se ricordiamo le parole di Horner durante l’estate 2018) e Albon, praticamente debuttante, chiamato a fare meglio del collega francese in evidente difficoltà.

RODAGGIO BREVE Proprio la necessità di far fronte ad eventi fuori dal controllo del team ha portato Marko a dover accingere a piene mani dal bacino del Red Bull Junior Team. Questo ha portato a due gravi conseguenze: l’erosione del capitale umano a disposizione e l’impossibilità di avere il tempo necessario a valutare compiutamente i progressi dei vari piloti. Osserviamo ora il numero di gare che sono state disputate in Toro Rosso / AlphaTauri dai singoli piloti prima di essere promossi in RBR o allontanati dal programma:

2009: Vettel 26 gare prima di debuttare in RBR
2012: Buemi 55 gare prima di essere estromesso
2012: Alguersuari 46 gare prima di essere estromesso
2014: Ricciardo 50 gare prima di essere promosso in RBR*
2015: Vergne 61 gare prima di essere estromesso
2015: Kvyat 19 gare prima di essere promosso
2016: Verstappen 23 gare prima di essere promosso in RBR
2017: Sainz 56 gare prima di essere ceduto a Renault
2019 Hartley 25 gare prima di essere estromesso
2019: Gasly 26 gare prima di essere promosso in RBR
2019: Albon 12 gare prima di essere promosso in RBR
*Ricciardo ha debuttato in HRT a metà 2011, per passare nel 2012 in STR.

Da questi dati capiamo che, se prima del passaggio di Vettel in Ferrari (2015) Marko aveva in media 47,6 gare per valutare le performance di un pilota, negli ultimi 5 anni, questo dato è sceso a 26,8.

DAL 1/4 a 2/3 Si è già accennato al fatto che dei 4 piloti che hanno debuttato tra il 2009 e il 2013 solo uno, Ricciardo è stato promosso e tre sono stati estromessi al programma (proporzione del 25/75). Bene, nei successivi 7 anni, dei 6 piloti che hanno debuttato in STR o AlphaTauri, ben 4 hanno poi corso per Red Bull (67/33). In pratica, ad eccezione di Carlos Sainz e dell’anomalia Brandon Hartley, tutti i piloti lanciati dal Red Bull Junior Team dal 2014 in poi hanno gareggiato, prima o dopo, per Red Bull.

Carlos Sainz Jr Carlos Sainz Jr

UNICO ERRORE Inevitabilmente, il dover lavorare per risolvere un’emergenza dopo l’altra ha tolto spazio di manovra ai vertici Red Bull che, obbligati dagli eventi, non hanno potuto gestire le varie situazioni così come sarebbe stato auspicabile. Da questo punto di vista, l’unico vero errore che mi sento di imputare al manager austriaco è stata la mancata promozione di Carlos Sainz in RB nel 2019 al posto di Ricciardo. Questa scelta, oltre a garantire al team una line-up di primissimo livello, avrebbe portato a una migliore gestione della timeline del programma Red Bull Junior Team. Non sarebbe stato necessario ripescare, nel giro di 12 mesi, Hartley e Kvyat e, in proiezione futura, si sarebbe potuta dare a Gasly e ad Albon una chance più concreta di far valere il proprio talento.

IL PUNTO PRINCIPALE Il caso Gasly è emblematico di quanto sia fondamentale prendersi tutto il tempo necessario a raggiungere un’adeguata maturazione. Nel 2020, Gasly, insieme a Hamilton, Verstappen e (ironia della sorte) Perez è stato uno dei migliori piloti in pista. Eppure, l’aver bruciato le tappe nel 2019, non gli ha mai consentito di essere preso davvero in considerazione come alternativa ad Alexander Albon. Ed è proprio questo il punto: arginare l’incedere degli eventi, prendere tempo per rendere più robusto lo Junior Team e dare la possibilità ai propri piloti di crescere seguendo le tempistiche che hanno resto glorioso questo progetto. In questo senso, la scelta di Perez è perfetta perché potrà consentire ai vertici Red Bull di riallungare il tempo medi di osservazione delle performance dei piloti (drammaticamente sceso da 47,6 a 26,8 GP) e, conseguentemente poter promuovere il migliore, scartando tutti gli altri.

Perché Perez è la migliore opzione per Red Bull

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TRE FASI Fondamentalmente, il mercato piloti 2020 ha vissuto tre fasi: la prima è stata contraddistinta dai rinnovi in successione di Leclerc e Verstappen. La seconda è stata quella che possiamo definire L’Effetto Domino innescato divorzio tra Ferrari e Vettel con Sainz a Maranello, Ricciardo in McLaren e lo stesso Vettel in Aston Martin. E qui si apre la terza, e più interessante, fase: quella contraddistinta dagli sforzi di Perez e Hulkenberg di trovare un contratto per il 2021. I due veterani, da un lato, erano intenti a insidiare i sedili di Albon e Russell e, dall’altro, tenevano aperti i discorsi con Haas. Tutto questo, inevitabilmente, ha reso possibile per Red Bull ergersi a decision maker del mercato piloti.

OBIETTIVI A questo punto vale la pena farsi una domanda, quali sono gli obiettivi di Red Bull? Mi sento di sottoscrivere in pieno le parole di Salvo Sardina che, sulle pagine di MotorBox, ha commentato così la vicenda: “Questa è una scelta che viene fatta proprio nell’ultimo anno di questo ciclo regolamentare e di partnership ufficiale con Honda, quasi a voler lanciare il guanto di sfida alla Mercedes prima che la rivoluzione del 2022 costringa tutti a ripartire da un foglio bianco. E, considerando la conclusione in crescendo del campionato 2020, sarebbe stato un errore non cogliere al balzo l’occasione di presentarsi ai nastri di partenza con due piloti che sono già due certezze: talentuosi, veloci, solidi, aggressivi, costanti, in grado di raccogliere punti e soprattutto di rubarne agli avversari in tutte e 23 le tappe del prossimo mondiale.

La coppia piloti 2021 Mercedes: Sergio Perez e Max Verstappen La coppia piloti 2021 Mercedes: Sergio Perez e Max Verstappen

LA SCELTA MIGLIORE Francamente, è difficile immaginare a come Red Bull avrebbe potuto muoversi meglio di così. L’anno prossimo disporranno della migliore coppia di piloti della F1. Verstappen ha già dimostrato di poter tranquillamente giocarsela con le Mercedes ma spesso è stato obbligato a lottare in inferiorità numerica: handicap non da poco specialmente in quelle domeniche in cui si deve provare a vincere di passo e strategia. Possiamo ritenere che Perez sarà in grado, in svariate occasioni, di stare con Hamilton, Bottas e Verstappen, dando un’ulteriore, preziosissima, arma strategica al muretto di Milton Keynes che, finalmente, avrà la possibilità di sporcare il foglio delle strategie Mercedes, negli ultimi anni troppo libera di affidarsi con continuità a tattiche di gara lineari.

VANTAGGIO CONTRATTUALE Sebbene non tutti i dettagli dell’accordo siano ancora stati resi noti, è chiaro che il potere contrattuale fosse interamente nelle mani di Red Bull. Horner e Marko dovevano solo scegliere chi mettere in macchina consci che sia Albon che Perez avrebbero accettato qualsiasi condizione relativa a ingaggio e lunghezza del contratto. Sappiamo che Perez correrà per il team austriaco nel 2021. Probabile che la prosecuzione del rapporto sia soggetto a clausole opzionabili dal team e che, value for money, il contratto del messicano sia uno dei più vantaggiosi dell’intera F1 insieme a quelli di Norris e Gasly.

Come sta il Red Bull Junior Team?

ANCORA IL MIGLIORE? La firma di Perez, peraltro, non ipoteca affatto il futuro a lungo termine del Red Bull Junior Team. A Red Bull restano pur sempre Gasly, Tsunoda e Albon. E allora viene da domandarsi se il Red Bull Junior Team sia ancora il migliore in circolazione. Tralasciando per un secondo McLaren, con il solo Norris e Renault, con gli ottimi (ma ancora acerbi) Lundgaard, Zhou e Piastri ci concentreremo sui tre programmi più strutturati. Verstappen, Leclerc e Russell, rispettivamente punte di diamante di RBJT, FDA e Mercedes Junior Team sono praticamente coetanei e sebbene il primo, fino a questo momento, si sia fatto preferire, tutti e tre sembrano essere in grado di vincere in F1. Ma cosa c’è dopo di loro?

MERCEDES E FERRARI Mercedes, allontanati Wehrlein e Ocon, vede come primo erede di Russell Andrea Kimi Antonelli. Un kartista. Ferrari ha molti piloti sotto contratto e, senza ombra di dubbio, FDA è il programma attualmente più attivo. Dopo Leclerc, il secondo in linea di successione sarebbe Giovinazzi, già 27enne. Antonio, sebbene nella rosa dei papabili a sostituire Vettel, alla fine non è stato scelto e, oggi, immaginare che possa affiancare Leclerc nel 2023, quando scadrà il primo contratto di Sainz, non pare lo scenario più verosimile. Scendendo idealmente di uno step, incontriamo Mick Schumacher, classe 99. In questo caso pesano cognome e pedigree ed è chiaro, fin da tempo, che Ferrari punti su di lui. Pur tuttavia più di un dubbio rispetto alla sua capacità di essere un fattore in F1 permane. Il suo omologo in RB sarebbe Tsunoda. Entrambi profili interessanti: il tedesco ha dimostrato di essere concreto e competente ma il giapponese sembrerebbe avere margini di crescita superiori. Ilott e Albon saranno parcheggiati in F1 a fare i terzi piloti e Daruvala, Vips, Armstrong e Shwartzman (forse il miglior prospetto FDA) dovrebbero correre ancora in F2.

F1 Young Drivers Test Abu Dhabi 2020, Yas Marina: Yuki Tsunoda nell'abitacolo dell'AlphaTauri AT01 F1 Young Drivers Test Abu Dhabi 2020, Yas Marina: Yuki Tsunoda nell'abitacolo dell'AlphaTauri AT01

RED BULL ANCORA DAVANTI FDA sembra essere messa meglio se scendiamo ancora di categoria e pensiamo ai vari Gianluca Petecof e Arthur Leclerc. Ma, allo stato dell’arte, prevedere che uno di questi possa avere un solido futuro in F1 è un compito da demandare a un cartomante più che a un analista sportivo. Per quanto FDA stia colmando il gap, appare legittimo sostenere che in una proiezione a breve termine sia ancora preferibile il programma gestito di Helmut Marko. A parità di step, gli atleti Red Bull sono quasi tutti più esperti (ad esclusione di Mick su Tsunoda, ma sappiamo che la promozione diretta dalla F2 è un vanto e non un fardello), più performanti e più giovani (ad esclusione di Albon, più vecchio di Ilott di 2 anni, ma anche in questo caso, per un collaudatore/terzo pilota, l’esperienza in pista conta, e parecchio).

PERCORSO CHIARO In questa sede sarebbe ridondante ricordare l’impatto di Toro Rosso / AlphaTauri, ma è evidente che avere la possibilità di seguire un percorso chiaro, in cui i vari step siano conoscibili e misurabili offra enormi vantaggi rispetto all’affidarsi a team come Haas e Alfa Romeo che, inevitabilmente, non hanno il medesimo grado di integrazione metodologica e procedurale con la casa madre. Ritengo quindi che sia inaccettabile applicare un double-standard nei confronti di Red Bull, sostenendo che aver optato, per la prima volta negli ultimi sette anni, per un pilota cresciuto fuori dallo Junior Team rappresenti una sconfitta. La stessa Ferrari, nonostante siano passati ben due anni dal debutto di Leclerc in “prima squadra”, nel momento in cui si è deciso di non rinnovare il contratto di Vettel non è stata in grado di concedere un’opportunità ad uno dei suoi giovani piloti. È forse un problema? No, anzi, è una scelta di buon senso e coerente con la volontà dei team di provare a vincere ora senza compromettere la possibilità di vincere in futuro.

Ecco perché Red Bull ha fatto la scelta giusta

NON PERDERE DI VISTA L'OBIETTIVO L’obiettivo degli Junior Team è trovare il prossimo campione del mondo, o almeno qualcuno che sia in grado di lottare per il titolo e non certo formare ottime seconde guide: di quelle è pieno il mondo e, lasciando da parte ogni ipocrisia, qualsiasi pilota di buon livello firmerebbe per Ferrari, Mercedes e Red Bull. Quindi, è fondamentale, avere la possibilità di godere di una line-up affidabile per potere capire, con calma, chi sia capace di fare la differenza quando si tratterà di lottare per il titolo.

GP Gran Bretagna 2019, Silverstone, lotta tra Charles Leclerc (Ferrari) e Max Verstappen (Red Bull) GP Gran Bretagna 2019, Silverstone, lotta tra Charles Leclerc (Ferrari) e Max Verstappen (Red Bull)

STABILITÀ Mercedes è riuscita ad arrivare a George Russell grazie alla stabilità della propria line-up: tre piloti in otto anni. In questi otto anni, mentre Hamilton, Rosberg e Bottas si divertivano a spruzzare champagne sui podi di tutto il mondo, Mercedes ha potuto, con calma, selezionare, scegliere e scartare tutta una serie di piloti molto veloci ma non straordinari. Ferrari è arrivata a Charles Leclerc continuando a rinnovare, anno dopo anno, il contratto a Raikkonen. Questa metodologia, dopo svariati anni, ha concesso a Mercedes e Ferrari, di trovare due piloti straordinari ai quali affidare il proprio futuro.

ORDINE NEL SISTEMA Allo stesso modo, la scelta di Perez, per quanto possa sembrare un passo indietro rispetto all’inziale filosofia di Red Bull, appare, invece, come la mossa capace di rimettere ordire nel sistema massimizzando sia il futuro a breve termine del team, inteso come le chance di lottare per il mondiale nel 2021, sia a lungo termine, inteso come dare a Helmut Marko tutto il tempo necessario per trovare il nuovo Vettel, in nuovo Riccardo o il nuovo Verstappen.


Pubblicato da Alberto Saiu, 20/12/2020
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