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MOTOGP 2016:

Motogp 2016: le pagelle del GP d'Argentina


Avatar di Federico  Maffioli , il 04/04/16

7 anni fa - Tra promossi e bocciati ecco le nostre considerazioni dopo il GP argentino

Marc Marquez domina in Argentina, tra luci ed ombre di una gara discussa

VALORE AGGIUNTO Marc Marquez in Argentina ritorna quello del 2014, dimostrando di fare una differenza pazzesca sia con la Honda sia su questa pista, dove ha conquistato tre pole e due vittorie nei tre GP corsi qui fino ad ora. A parte il secondo tempo nelle FP1, l’ex iridato 2014 è sempre stato in testa tutto il weekend, guidando sopra a tutti e tutto da “come solo lui sa fare”. Peccato per le tante cadute, una il venerdì e due il sabato, tutte però da incolpevole come l’ultima, quella dello scivolone salendo sul podio. In attesa che venga accolta la sua domanda di residenza a Termas de Rio Hondo numero civico “prima posizione in griglia”, per lui, voto 10

LA FORTUNA AIUTA GLI AUDACI Valentino Rossi chiude l’appuntamento argentino salendo sul secondo gradino del podio. Il weekend inizia male, poi è tutto in crescendo con la prima parte di gara in fuga ed in lotta con Marquez. Dopo il cambio moto non trova più il feeling, in modo così evidente che, più che sulla sua seconda M1, sembra essere salito per sbaglio su quella di Lorenzo riportata ai box dopo la caduta. Il nove volte Campione del Mondo, però, non molla e tiene duro, audace e combattivo come il ben più giovane Marquez. E’ vero che se non fossero andati giù Vinales, Iannone e Dovizioso, avrebbe fatto quinto. E, probabilmente, se non ci fosse stato il cambio moto avrebbe potuto lottare per la vittoria. Rimarremo col dubbio, intanto voto 9.

NO DAI, E’ UNO SCHERZO Andrea Dovizioso chiude ultimo sul traguardo, andando comunque a punti in tredicesima posizione perché su 21 piloti al via cadono in otto. Sembra una barzelletta, ma è proprio così. Davvero un peccato perché il forlivese era sul podio di diritto dopo un fine settimana concreto ed efficace. Dovizioso doveva festeggiare il secondo posto sia in gara sia in classifica generale ad un solo punto da Marquez, invece passa sotto la bandiera a scacchi spingendo la moto, dopo che il suo compagno di squadra lo ha steso all’ultima curva. Vincitore morale voto 9

GATTO LORENZO La pista argentina continua a non essere amica di Jorge Lorenzo. Dopo un venerdì anonimo e la caduta di Sabato nei minuti di recupero della quarta sessione di libere, con il terzo tempo in qualifica a soli 24 millesimi dalla pole di Marquez, sembrava che il Campione del Mondo in carica, con pista in condizioni migliori, avesse trovato la quadra. Domenica, invece, il meteo peggiora e Lorenzo torna ad annaspare dodicesimo nel warmup a 1.876 secondi dal miglior crono di sessione. Trend negativo che continua in gara con la caduta finale all’inizio del sesto giro. Di fatto Lorenzo in condizioni di pista umida ha fatto un po’ come i gatti, guidando con approccio diffidente, ma non è solo questione di meteo perché dalla sua c’è il beneficio del dubbio: magari, come è stato per Rossi dopo il cambio nei box, anche le gomme della sua M1 non gli trasmettevano il feeling adeguato. Ok, avrebbe dovuto cercare di contenere i danni in ottica di un Mondiale che è comunque solo alla seconda gara dell’anno, e più che impaziente, come ha dichiarato, è sembrato arrendevole. Si assume le sue responsabilità, ma nel complesso voto 5

MEZZO PIENO Dani Pedrosa, con un ritardo di 28 secondi dal compagno di squadra Marc Marquez, sale sul terzo gradino del podio. Senza le numerose cadute avrebbe chiuso sesto, ma il bilancio per la Honda numero 26 non è negativo come sembrerebbe dal confronto con il compagno di squadra. Pedrosa parte dalla terza casella, ma alla prima curva, per non cadere dopo il dritto di Iannone, è costretto ad allargare chiudendo il primo giro in quindicesima posizione. Pedrosa rimonta e in sei giri arriva in sesta posizione, ormai troppo in ritardo per raggiugere il gruppo di testa. Poi cade Lorenzo, si ritrova quinto e li rimane fino allo strike di Iannone che gli serve il podio su un piatto d’argento. Ancora deve trovare il feeling, ma almeno non è finito per terra come hanno fatto tanti illustri avversari, voto 6

PENSA SE NON CI AVESSE PROVATO Andrea Iannone ha fatto strike, purtroppo però, non nel senso di aver centrato il podio, ma di aver sdraiato sia la sua moto sia quella del suo compagno di squadra. Fino all’episodio finale, nel GP argentino le Ducati sono state competitive, in una gara combattuta che avrebbe meritato un doppio podio finale. Ben lontani dal voler giustificare Iannone, bisogna però ammettere che guardando il warmup la Ducati numero 29 proprio in quel punto andava fortissimo e faceva la differenza. Non a caso, il pilota di Vasto prima della gara scherzava sul Gp del 2015, quando sfumò il podio dopo essere stato infilato da Cal Crutchlow, dicendo di aver imparato la lezione dell’ultima curva. Più o meno, perché la solita foga, o forse solo il voler far meglio del suo compagno di squadra, gli ha giocato un brutto scherzo. La direzione di gara lo ha punito con tre posizioni in meno in griglia di partenza nel prossimo GP in Texas e un punto in meno sulla patente pilota. Speriamo che questa volta l’abbia capita davvero, perché non ha proprio più scuse. Per lui, voto 1.

TRA I BIG Maverick Vinales cade alla (solita) curva uno a tre giri dalla fine mentre era in quarta posizione subito dietro la Yamaha di Rossi. E’ stato un risultato sfumato più per sfortuna che per demeriti, ma di fatto il giovane pilota Suzuki ha dimostrato di poter fare la differenza. Non ci sono dubbi: se le condizioni lo permettono, a livello di guida e talento è un top rider a tutti gli effetti! Ti aspettiamo lì davanti, voto 8

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GUINNES WORLD RECORD In Moto3 vince per la prima volta nella storia del Motomondiale un pilota Malese. Khairul Idham Pawi domina il GP d’Argentina tutto il fine settimana e passa primo sotto il traguardo con un distacco di oltre 26 secondi dal secondo Jorge Navarro. Davvero notevole, voto 10

TUTTI GLI ALTRI: Jack Miller irruente, ma spettacolare voto 7; Eugene Laverty, il primo dei non ufficiali, voto 8; Hector Barberà, quinto per un soffio voto 8; Pol Espargaro voto 6; Stefan Bradl, porta l’Aprilia in settima posizione, ok la fortuna, ma ci ha messo anche tanto di suo, voto 7; Tito Rabat, voto 6; Alvaro Bautista, non ha colto l’attimo, voto 4; Aleix Espargarò, poteva far meglio e ha perso un’occasione d’oro, voto 4.

AGO DELLA BILANCIA Dopo le FP4 di Sabato con la Ducati di Scott Redding che ha perso il battistrada, in pista c’è stato il caos, non si è capito più nulla. Decisioni prese, poi annullate, poi riprese. Alla fine si è deciso di continuare a correre con le coperture bandite qualche ora prima, le stesse dell’episodio incriminato, ma dividendo la gara a metà, con cambio moto obbligato tra il nono e l’undicesimo giro per motivi di sicurezza. Ci sta. E’ doveroso farlo.

NON E' COLPA DI MICHELIN Noi, però, in totale onestà, non ci sentiamo di colpevolizzare il costruttore francese: sviluppare un prodotto ha sempre delle incognite, dei fattori variabili che vengono ipotizzati e poi, solo dopo diversi test, verificati. Ora, per quanto riguarda lo sviluppo di un pneumatico per la MotoGP da usare su un determinato circuito, Michelin ha uno ed un solo momento nell’anno per fare il test più significativo e importante di tutti, ovvero la gara stessa. Non potrebbe essere altrimenti perché non esiste altra possibilità di ricreare tutte le condizioni di un vero GP. Certo Michelin le può ipotizzare, ma senza avere il riscontro di come si comporterebbero le diverse soluzioni montate su quelle moto e guidate da quei piloti durante il Gran Premio. Unica occasione in cui Michelin può incontrare e valutare tutti insieme i rider alle stesse condizioni di asfalto e temperatura. Tanto più se il circuito in questione è quello argentino, su cui Michelin non ha mai corso prima con questa categoria.

PARTE DEL GIOCO Quello che è successo in Argentina, insomma, fa parte del gioco come quando si impara ad andare in bici, qualche caduta la si mette per forza in preventivo. Quello che invece lascia molti dubbi dopo dopo il GP di Argentina è il fatto che Valentino Rossi abbia evidenziato, senza dare una spiegazione oggettiva, un feeling totalmente differente tra le due moto usate in gara. Che un pneumatico riesca male è tollerabile, ci sta. Ma quante altre possibilità possono inserirsi tra quello perfettamente performante e quello che si rompe? Come dire: se ti va bene ti assegnao quello corretto, se ti va un po' meno bene quello che dura meno, se sei sfortunato quello che non ha grip o, peggio ancora si rompe. 

CODICE A BARRE Se in questo spazio si inseriscono quindi  pneumatici che vanno bene, uno che va benino, uno che va così così e uno che tiene, ma arriva sulla tela diventa molto più grave e le sorti di un GP andrebbero in mano all’assegnazione casuale di un codice a barre assegnato ad un team piuttosto che ad un altro. Ci sono davvero così tante possibilità "intermedie" tra pneumatici che riescono giusti e quelli che si rompono? O è un caso isolato ai soli due episodi della Malesia e di questo Gran Premio? Al Texas l'ardua sentenza. 

COSI ALL’ARRIVO Questo l’ordine di arrivo del GP d’Argentina 2016: 1) Marc Marquez, Honda 2) Valentino Rossi, Yamaha; 3) Daniel Pedrosa, Honda; 4) Eugene Laverty, Ducati; 5) Hector Barbera, Ducati; 6) Pol Espargaro, Yamaha; 7) Stefan Bradl, Aprilia; 8 Bradley Smith, Yamaha; 9) Tito Rabat, Honda; 10) Alvaro Bautista, Aprilia; 11) Aleix Espargaro, Suzuki; 12) Michele Pirro, Ducati; 13) Andrea Dovizioso, Ducati. Non classificati: Andrea Iannone, Ducati; Cal Crutchlow, Honda; Maverick Vinales, Suzuki; Scott Redding, Ducati; Loris Baz, Ducati; Jorge Lorenzo, Yamaha; Jack Miller, Honda; Yonny Hernandez, Ducati.


Pubblicato da Federico Maffioli, 04/04/2016
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