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Day by day: Harley 883 Sportster


Avatar Redazionale , il 07/07/03

20 anni fa -

Bentornati nel ventesimo secolo. Anni '50 o giù di lì, quando cioè vide la luce. Perché nulla è cambiato. Basta mettersi in sella e conviverci per un po', per capirlo: magari in città, magari nel 2003. La versione che spegne la centesima candelina di Casa ha il vestito della festa, ma sotto c'è tutto il bianco e nero della Milwaukee di quegli anni.

Si chiama 883R XL Sportster, ha i colori che tradizione impone, la linea scolpita nei decenni, la cocciutaggine degli americani. Ci giro per qualche giorno: Milano, con traffico, afa e tutto il resto, come un "Crocodile Dundee" catapultato nella metropoli per puro caso.

Guardarti ti guardano

, poco da fare. È il fascino Harley. Quello che cosparge quel qualcosa nell’aria immediatamente prima del tuo arrivo – e non si tratta del solo, classico, rumore da Happy Days -. Si girano ad ammirare il tempo che si è fermato e non ne vuole sapere di mettersi in carena a cercare di riprendere il gruppo. Guarda l’autista di tram, con l’occhio di quello che sa, capisce e immagina tutto il resto. Guardano gli scooteristi, che riflettono sulla scelta (loro) di buttarla sulla comodità a tutti i costi e magari c’è anche dell’altro. Guardano gli smanettoni, specchiandosi nelle cromature prima di accartocciarsi sul serbatoio, al verde.

Accendi e borbotta. Si dimena, anche, prima di assestarsi su un minimo perennemente lì lì per esalare l’ultimo respiro. Ti accomodi in sella e la posizione che ti ritrovi pare un esercizio di stretching un filo demodè. Braccia allungate, sedere basso, ginocchia a 90 gradi. L’inserimento della prima è uno sparo al piccione, hai voglia a cercare di nascondere lo stotoc con una sgasata ad arte. Impossibile. E la cosa si manterrà identica per gli altri cambi di marcia: lenti, rumorosi, sgraziati. È il bello dell’Harley, dicono.

Anni ’50. Il tappo del serbatoio che lo sviti e si apre, i tastoni dei comandi che ricordano quelli del videoproiettore di quando eravamo piccoli, con quello degli abbaglianti che stac, abbagli e stac, torni sulle luci di posizione. Altro che flash. Un cipollone centrale che sbuca dall’asfalto per misurare la velocità: finito. Comodità anni ’50. Hai il mazzo di chiavi di casa? Te lo tieni in tasca. Si rannuvola e ti vuoi portare la giacca da pioggia che non si sa mai? Te la tieni in uno zaino. Insomma non dico il sottosella perché sarebbe troppo, ma non un angolo dove appoggiare gli occhiali. Non un modo per lasciare il casco, all’aperitivo, non un anfratto per buttarci i documenti. È il bello dell’Harley, dicono.

Vita di coppia anni ’50. La 883, questa 883, non ammette compagnia. Zero. Fai appollaiare un’amica dietro e bene che vada crolla nell’effetto scivolo della sella, alla prima partenza. Dimenticare. O forse è fatto apposta, vallo a capire. Sta di fatto che le biondone bandanate che si vedono ai raduni non si capisce bene come facciano, dove stiano: saranno sempre riprese su altri modelli di HD o comunque con altre selle. Perché sulla "nostra" è un problema di sella, in effetti, al limite tra il manifesto allo spirito libero, single, e l’incentivo alla coppia unita, nel senso prettamente letterale, con la fiancè costretta ad attaccarsi a duplice mandata, modello koala, al povero pilota.

Sicurezza anni ’50. Ma quale bloccasterzo e bloccasterzo, eccoti un comodo doppio anello in punta di serbatoio nel quale inserire il buon vecchio lucchetto che mentre vai però non hai assolutamente idea di dove attaccarlo. Handling anni ’50. Passa su un tombino e l’effetto è quello di un calcio nei reni, accompagnato da uno sferragliare che pensi di perdere la ruota stile comiche di Stanlio e Olio. Tutto di conseguenza le temutissime vie in pavè o simili, i binari del tram, le giunture dei ponti.

È poi consigliabile andatura da yankee in canotta bianca dopo la birra: tranquilla. Se apri, se chi se ne frega decidi che tiri la marcia finchè fa male finchè ce n’è: addio. Il massaggio ai glutei raggiunge in un amen il confine del fastidio, facendo avvertire pure certo calore, ottimo per la stagione, mentre rumore e vibrazioni si fanno insolenti e poi (e poi) c’è anche da fermarsi, dopo.

E i pro? Ti guardano. Cavalchi la tradizione. Easy-rider. E poi sulla versione dell’anniversario – questa – ci sono gli specchi retrovisori inediti, il motore evolution fissato rigidamente oltre che dannatamente nero opaco (bello), e c’è lo scarico due in uno, il doppio freno a disco anteriore, il manubrio largo "Dirt track", la satina nera su alcune componenti. Riesci anche a divertirti, per carità. Basta prenderci la mano, iniziare a conoscerla e ci stanno anche partenzine allegre ai semafori, pieghette come quando, spaparanzati sulla poltrona in salotto, ci si allunga di lato per raggiungere il telecomando, fino ad accenni di zig-zag nel traffico: del resto è la piccola (e maneggevole) di Casa.

Vibrazioni a parte il motorone yankee regala comunque bei momenti: progressivo e corposo, porta in giro per la città tutto sto arancio e nero, che è una bellezza. Da sorrisone sulle labbra, non si sa bene se per la felicità di sentirsi Fonzarelli o semplicemente per la protezione aerodinamica del tutto assente. Alla fine la guardi anche tu: parcheggi – con quel cavalletto sdraiato che ti lascia sempre qualche dubbio – ti giri e osservi quelle forme mai passate di moda. Ruotona davanti, codina a mandolino con targa verticale, manubrio a corna di bue, il tutto condito dal rumorino di pop-corn che regala la marmitta per il quartodorello successivo allo spegnimento. È il bello dell’Harley.


Pubblicato da Andrea Sperelli, 07/07/2003
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