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L'intervista

F1 2022 al giro di boa: il bilancio Brembo dei primi 11 GP dopo la rivoluzione


Avatar di Salvo Sardina , il 16/07/22

1 anno fa - Nel paddock del Red Bull Ring abbiamo incontrato l'ingegnere Brembo, Andrea Algeri

F1 al giro di boa: il bilancio Brembo 11 GP dopo la rivoluzione
Nel paddock del Red Bull Ring abbiamo incontrato l'ingegnere Brembo, Andrea Algeri, responsabile dei clienti F1 dell'azienda bergamasca: un momento perfetto, 11 GP dopo il debutto dei nuovi impianti, per tracciare un primo bilancio

I regolamenti tecnici del 2022 hanno profondamente modificato, e non solo nel look, le monoposto di Formula 1. Il debutto delle ruote con cerchi da 18 pollici al posto dei tradizionali 13” è da considerare una pietra miliare nella storia più che settantennale dei GP. Un cambio apparentemente banale ma che porta con sé una vera e propria rivoluzione copernicana nella progettazione delle sospensioni e dei freni. Ed è proprio Brembo, azienda italiana leader nel settore degli impianti frenanti – che quest’anno raggiunge il traguardo della fornitura di pinze a tutte e 10 le squadre del paddock, 9 direttamente con il marchio Brembo e 1 attraverso la controllata AP Racing – che si è resa protagonista di un lavoro mastodontico per rinnovare tutta la gamma dei propri prodotti e fornire alle scuderie F1 componenti che, specialmente nel caso delle pinze, raggiungono un livello di personalizzazione sartoriale per meglio sposarsi ai desiderata tecnici dei team. Nel paddock del Red Bull Ring abbiamo incontrato Andrea Algeri, ingegnere Brembo responsabile dei clienti F1, per tracciare un primo bilancio del Mondiale della Rivoluzione.

Il team Brembo F1 2022 al GP Monaco: Andrea Algeri è il secondo da sinistra Il team Brembo F1 2022 al GP Monaco: Andrea Algeri è il secondo da sinistra

Andrea Algeri, il GP Austria è stato il numero 11 di una stagione a 22 gare. È tempo quindi per un primo, parziale, bilancio: come sta andando questa stagione in cui avete dovuto rivoluzionare la gamma dei vostri prodotti?

Sta andando bene, siamo soddisfatti del lavoro svolto anche se non nego che il 2021 e lo scorso inverno sono stati estremamente impegnativi sul piano della progettazione, della produzione e dello sviluppo delle nuove componenti. Fortunatamente il lavoro ha pagato, perché già a inizio stagione abbiamo ricevuto ottimi feedback sugli impianti e, in generale, team e piloti sono stati molto contenti. È anche vero che, a ogni cambio regolamentare – è successo così anche nel 2017 con il passaggio alle ruote larghe – i team spesso si approcciano alle stagioni con tante incognite in modo piuttosto morbido, prendendosi dei margini nel dimensionamento degli impianti e sul piano del raffreddamento. Anche stavolta è stato così, e questo margine ci ha fatto comodo perché già adesso, dopo sole 11 gare, le performance sono già migliorate e noi lo vediamo dall’energia trasmessa ai freni o dalla coppia a cui sono sottoposte le pinze. Siamo però ancora all’interno dei limiti che avevamo previsto, anche se oggi ci interroghiamo se si continuerà a crescere in modo lineare o se, a un certo punto, le prestazioni si plafoneranno. Per il momento l’incremento è lineare e stiamo già valutando con le simulazioni quale sarà lo stress che gli impianti frenanti dovranno sopportare nel 2023.

Guardando per un attimo al recente passato, com’è cambiato il lavoro degli impianti frenanti nel 2022 rispetto alla stagione scorsa?

Il layout della pista è quello da cui continua a dipendere l’impegno dell’impianto, ma quest’anno le prestazioni sono cresciute con il cambio aerodinamico. Le forze a cui sono sottoposti i freni sono aumentate, ma è anche vero che le dimensioni maggiori del disco ci aiutano e, da un punto di vista dello stress generale sull’impianto, possiamo dire che anche nelle piste più esigenti arriviamo con una confidenza maggiore rispetto a prima. Ad esempio, quello di Melbourne è stato storicamente un circuito critico, ma quest’anno, anche grazie all’eliminazione della chicane e a un disegno un po’ più veloce, la pista si è rivelata meno impegnativa che in passato. Quest’anno, poi, il bilanciamento della frenata è un po’ più verso il posteriore, visto che l’ala anteriore ha meno impatto sul comportamento della vettura e, quindi, i carichi si sono spostati sul retrotreno. Di conseguenza anche il disco posteriore è diventato più spesso, più grande e funziona anche in maniera leggermente diversa rispetto al passato.

L'impianto Brembo sulla Ferrari F1-75 di Carlos Sainz L'impianto Brembo sulla Ferrari F1-75 di Carlos Sainz

A proposito di dischi posteriori, quest’anno abbiamo visto alcuni episodi di incendi ed esplosioni all’interno dei cerchi posteriori. Come possiamo spiegare questo fenomeno? È un qualcosa che vi preoccupa?

Un impianto frenante – ma è un discorso che vale per ogni oggetto, anche una lavatrice o un trapano – ha dei parametri di funzionamento stabiliti e, quando si utilizza il sistema al di fuori di tali parametri può capitare che ci siano dei malfunzionamenti. Il nostro compito è fornire ai team i parametri entro cui operare e poi verificare che riescano a restarvi all’interno. Fatta questa premessa, quando abbiamo visto fiamme al posteriore è stato perché c’è stato un problema di coppia residua. Per spiegarlo in maniera semplice, l’impianto è rimasto cioè frenato. Al posteriore, la frenata è attuata dal famoso brake-by-wire, un sistema che recupera l’energia per ricaricare la batteria e che opera attraverso settaggi impostati dai team. Quando si vede fuoco dalle ruote posteriori c’è chiaramente un’anomalia, perché i freni posteriori normalmente non raggiungono mai il limite basso delle temperature consigliate per il carbonio e, quindi, c’è qualche settaggio sbagliato che fa restare l’impianto frenato, generando calore fino alle fiamme. Succedeva già in passato, ma quest’anno è un fenomeno più evidente anche a causa dei cestelli chiusi e delle ruote carenate che non aiutano a raffreddare l’impianto. Ma, per rispondere alla domanda, la spiegazione di quest’evento eclatante è la presenza di un settaggio sbagliato effettuata dal team che nulla ha a che fare con noi.

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Quest’anno il gruppo Brembo raggiunge il risultato di fornire pinze freni a tutti e 10 i team di Formula 1. Un traguardo prestigioso ma anche impegnativo sul piano della logistica, considerando l’altissimo livello di personalizzazione richiesto dalle squadre…

Fino agli anni 2000, Brembo proponeva una o al massimo due specifiche di pinza F1. Poi si è cominciato a customizzare seguendo le richieste dei clienti: inizialmente si lavorava principalmente sul rapporto peso/rigidezza, ma poi – anche con l’ausilio di software che ci hanno aiutato a capire dove il materiale dà un maggior contributo in termini di rigidezza – abbiamo raggiunto il bilanciamento ottimale, oltre il quale è difficile andare. Cioè, chi chiedeva una pinza più rigida perdeva in termini di leggerezza, mentre chi voleva un maggior risparmio di peso, perdeva in prestazioni. Negli ultimi 5 o 6 anni, la sfida si è spostata invece lato design, con la forma delle pinze diversificata da team a team a seconda delle loro esigenze di raffreddamento. Quindi, se ormai sul tema di peso/rigidezza si è arrivati a un compromesso ottimale, le squadre si distinguono anche parecchio tra loro per la forma della pinza, che varia a seconda del disegno delle prese d’aria.

Non è un po’ controintuitivo che, in un momento in cui si cerca la standardizzazione e la riduzione dei costi, ci sia prodotto quasi sartoriale per soddisfare le esigenze di ogni singolo team?

Sì, ma è anche un valore aggiunto che Brembo riesce a dare e di cui andiamo fieri. Due anni fa avevamo vinto il bando per la fornitura unica degli impianti, che però poi non è andata in porto. Standardizzare sarebbe stato grande successo per noi, perché avremmo fornito i team con componenti uguali per tutti, il che ci avrebbe semplificato la vita soprattutto sul piano logistico. Dall’altro, però, avremmo perso la personalizzazione e la spinta tecnologica: banalmente, il nostro sarebbe diventato un prodotto non al top della performance ma di grandissima affidabilità, con l’obiettivo di calzare bene su tutte le monoposto. Insomma, di certo ci sarebbe stato molto meno da raccontare, al contrario di oggi in cui gli impianti sono all’avanguardia come tecnologia e performance. Tra l’altro, c’è da dire che la grande personalizzazione è mitigata dal fatto che i freni, da due anni a questa parte, rientrano nella lista “Open Source Component”. Questo significa i modelli 3D di queste componenti vengono caricati dai team sui server della Fia e sono messi a disposizione delle scuderie rivali, che possono scaricarli ed eventualmente copiarli. Dunque, seppur in un contesto di forte customizzazione, è anche vero che, con questo sistema che porta le squadre a condividere alcune tecnologie, si raggiunge comunque una convergenza tra quelle di alta e bassa fascia. Tuttavia, non vediamo mai due team con pinze identiche, soprattutto perché tra quelli di bassa classifica prevale la voglia di differenziarsi e provare qualcosa di diverso.

F1 2022: componenti Brembo 2022 sull'Aston Martin AMR22 F1 2022: componenti Brembo 2022 sull'Aston Martin AMR22

Con il passaggio ai freni per cerchi da 18 pollici c’è un maggiore travaso rispetto al passato con il settore del prodotto che poi immettete sul mercato delle auto stradali?

Il prodotto F1 è molto distante da quello che può essere l’utilizzo in serie o anche in altri ambiti sportivi. La Formula 1 è un mondo a sé, ma resta il fatto che le corse rimangono comunque un laboratorio per sperimentare tecnologie e idee che poi possono arrivare sulle strade. In tal senso, dunque, tra i cerchi da 13 e 18 pollici non è cambiato granché perché non c’è un travaso diretto delle tecnologie. Poi ci sono chiaramente delle soluzioni che arrivano velocemente ai colleghi delle auto stradali e altre che invece vengono prese parzialmente o che necessitano di più tempo prima di arrivare a una produzione in serie. Rimane però il concetto che la F1 fa da ponte per la strada anche se, forse, il travaso è più semplice sulle due ruote, dove alcune supersportive sono tutto sommato non così troppo lontane dalle MotoGP.

A proposito, è più sfidante frenare una MotoGP o una monoposto di Formula 1?

Dipende da come intendiamo la sfida. Sul piano umano, credo che la MotoGP sia molto più complessa perché lì abbiamo un pilota lanciato a oltre 300 all’ora su due ruote che hanno un’impronta a terra minima, in equilibrio instabile, che agisce con le dita su una leva mentre l’assetto del mezzo varia di continuo. Tuttavia, un pilota di MotoGP pompa su una leva a 15 o 20 bar, mentre in Formula 1 i bar di pressione sulle pinze arrivano a 140 o 150: lo stress tecnico è diverso, dipende tutto dall’impronta a terra della gomma e dall’aerodinamica. Dal punto di vista dell’energia a cui sono sottoposte le componenti e delle forze in gioco, di certo è in F1 che la sfida tecnologica tocca il suo apice.


Pubblicato da Salvo Sardina, 16/07/2022
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