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Vivobike S3: la prova del monopattino elettrico, prezzo
Mobilità alternativa

Monopattino elettrico: una settimana con Vivobike S3


Avatar di Federico Sardo , il 26/07/19

4 anni fa - Test Vivobike S3: il monopattino elettrico nella prova a lungo termine

Prova: una settimana con il monopattino elettrico Vivobike S3. Ecco com'è viverci, tra ricarica, autonomia e normative

L'INVASIONE DEI MONOPATTINI ELETTRICI Negli ultimi mesi li avete visti invadere le strade di ogni città: i monopattini elettrici sono ormai un’alternativa reale a moto, bici e macchine per i tragitti brevi in ambito urbano. Anche per il cosiddetto ultimo miglio: da tenere in auto per non scarpinare quando si vuole entrare nelle ZTL. Disponibili anche attraverso iniziative di sharing come Lime e Circ, stanno riscuotendo grande successo. Per chi preferisce gestirsi con mezzi propri, una delle ultime novità è il Vivobike S3, con cui ho convissuto per una settimana. Tra autonomia e ricarica, praticità e difetti, ecco il diario di bordo della mia prova su strada.

VIVOBIKE S3, L'UNBOXING Il monopattino arriva in redazione in uno scatolone piuttosto pesante e voluminoso. Una volta tirato fuori dalla scatola c’è una prima sorpresa positiva: il monopattino è già quasi completamente carico e pronto per essere utilizzato. Va solo montato il freno, ma è un lavoro per cui bastano un cacciavite e pochi minuti. Vanno anche gonfiate le gomme, che all'unboxing si presentano un po’ sgonfie. A quel punto sono pronto a partire.

I MIEI COMPLESSI La mia prima preoccupazione, lo ammetto, è quella di sembrare ridicolo. Saranno decenni di cultura popolare che ci ha abituato ai bolidi, alle macchine da corsa e alle moto di grossa cilindrata come paradigma di coolness, ma l’immagine di una persona sul monopattino mi sembra inevitabilmente goffa e un po’ ridicola. Ma la dedizione al lavoro prevale sui complessi ed eccomi quindi a bordo del mio fiammante Vivobike S3. E subito ho una sorpresa. Proprio come i motociclisti (quelli fighi, con le moto grosse) che si salutano sulle strade fuori città, anche i monopattinisti (come si chiameranno i guidatori di monopattino?) mi salutano: come ad accogliermi in una nuova grande famiglia. Vuoi vedere che il concetto di coolness è cambiato? Chissà. Per ora ricambio i saluti con un po' d'imbarazzo.

DOVE SI PUÒ ANDARE CON IL MONOPATTINO ELETTRICO? Dopo qualche giretto di prova in cortile e avere preso un po’ di confidenza con i comandi è il momento di uscire in strada. I fari a Led si accendono premendo due volte il tasto per selezionare la modalità di guida: facile. La pedana è abbastanza ampia e spaziosa. Ma dove si può andare con questo tipo di monopattini? La risposta non è chiarissima e le informazioni che si trovano sono molto discordanti. Se pure è tollerato che vadano un po’ dappertutto, in realtà sembra che gli unici posti dove i monopattini elettrici possono circolare davvero siano le piste ciclabili e le aree 30 delle città, quelle, generalmente all’interno del centro storico, dove il limite di velocità è appunto fissato a 30 km/h.

STRADE POCO AMICHEVOLI Peccato che Milano, come molte altre città d'Italia, è avara di piste ciclabili, che sarebbero la soluzione ideale. Le strade sono piuttosto pericolose, o quantomeno spaventose, per girare con un esile e poco corazzato monopattino. Lastroni, tombini e binari del tram vanno affrontati con prudenza, su un mezzo con ruote di appena 8,5 pollici e privo di ammortizzatori. E i marciapiedi presentano problemi di altro tipo: buche, pedoni, cani, bambini… I cani, in particolare, tendono a abbaiarmi contro minacciosamente e i loro padroni a insultarmi perché sono dove non dovrei essere. Come in bici, anche con il monopattino è il caso di studiarsi percorsi ad hoc, considerando quali sono le strade meno trafficate o i marciapiedi più ampi (e meno pieni di negozi).

NUOVE REGOLE Per circolare col monopattino elettrico, poi, ci sono delle regole. Il monopattino stesso deve avere una sorta di omologazione - e il Vivobike S3 ce l'ha, ci assicura la Casa. Poi, nelle ore serali, bisogna indossare un gilet ad alta visibilità. Ai comuni l'obbligo di installare segnaletica dedicata, ma le norme sono nuove e in questo periodo di transizione l'impressione è che ci sia molta tolleranza un po' su tutto. Per ora. 

LE MODALITÀ DI GUIDA Una volta capito dove e come si può circolare sono pronto a ripartire. Dopo aver dato un po’ di abbrivio spingendomi con un piede, posso premere l’acceleratore, una leva rossa posta sulla destra del manubrio. Così il motore elettrico entra in azione e io mi godo la mia mobilità a emissioni e fatica zero. Il monopattino presenta tre stili diversi di guida, che scelgo con un pulsante: uno per principianti, uno normale e un terzo più sportivo. Cambiano lo sprint alla partenza e la velocità massima, che con la prima modalità è limita a poco più di 10 km/h, con la seconda si assesta sui 20 km/h e con l’ultima arriva fino a 25 km/h.

QUALE SCEGLIERE In modalità sportiva l'accelerazione, finché non si impara a dosare bene l'acceleratore, può essere addirittura eccessiva per contesti affollati. La modalità principiante è adatta quando si sta imparando a usare il monopattino o quando c’è un po’ di traffico e bisogna continuamente fermarsi e ripartire, senza riuscire mai a assestarsi su una velocità di crociera. Quando si trova invece una strada vuota, dove si può andare per un po’ di tempo a una velocità costante, la modalità principiante è effettivamente troppo lenta ed è consigliabile passare a quella successiva. 

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LA MODALITÀ CROCIERA Trovato un tratto di strada libero mi lancio, scoprendo che esiste anche una vera e propria modalità crociera: una sorta di cruise control che si attiva da solo se rimango per almeno sei secondi a velocità costante. Una funzione che non è possibile disabilitare: sicuramente comoda, se ci si trova a percorrere tratti davvero lunghi, ma in giro per Milano è improbabile riuscire a tenere la stessa andatura per molto tempo. E se siamo abituati a lasciare l’acceleratore per decelerare, una volta che la modalità crociera si è attivata, devo ricordarmi di frenare con la leva sul manubrio o il pedale posteriore, se voglio rallentare.

LA RICARICA Molto più intuitiva è la gestione quotidiana del mezzo, facilitata, in primis dal sistema di ricarica. Il caricabatterie è molto compatto: ha le stesse dimensioni di un alimentatore per computer ed è facile trasportarlo in uno zaino. Il che risolve egregiamente l'ansia da ricarica che, in questo momento, ancora frena la diffusione delle elettriche a quattro ruote.

FACILE E VELOCE L’ingresso del cavo nel monopattino è assolutamente intuitivo (può sembrare banale, ma non ero sicuro che non ci fossero scompartimenti da aprire o cose simili), e la spina si inserisce in qualsiasi normalissima presa di corrente. La ricarica è molto veloce: ho messo quasi sempre in carica il monopattino quando era a circa metà della sua capacità e in poco più di un’ora era al 100%. Nel mio caso, il tragitto di andata e ritorno dalla redazione (un po’ più di due chilometri) potrebbe essere percorso per una settimana lavorativa ricaricando il monopattino una volta soltanto. Infatti l’autonomia è di 15-18 km: il dato dichiarato rispecchia il valore che ho riscontrato in prova.

IL LATO POSITIVO Vivobike S3 di per sé è un mezzo molto ben fatto, solido, veloce e ben funzionante. La maggior parte delle criticità non sono infatti legate al mezzo in sé ma alle strade e alla viabilità urbana. Andare sulle piste ciclabili con il monopattino elettrico, infatti, è un piacere: ha tutto il bello di una passeggiata a piedi ma con più divertimento e più velocità. L’unica cosa che ci possiamo augurare è che nel futuro aumentino le piste ciclabili o in generale le strade diventino più amichevoli nei confronti di questa nuova modalità di locomozione.

DOVE LO METTO Alla fine della settimana con il mio monopattino elettrico arriva il venerdì sera, e con il mio nuovo compagno di avventure mi dirigo all'aperitivo. Lasciarlo fuori in balia degli eventi? Purtroppo non ho pensato di portare con me una catena per legarlo, che in ogni caso avrei dovuto indossare al collo in modalità Guerrieri della notte. Non mi resta che portarlo con me all'interno del locale. Nonstante sia pieghevole, però, il Vivobike ha dimensioni importanti: 1.165 x 185 x 495 mm piegato e trovargli una sistemazione al tavolo non è agevolissimo. Il dopocena? Da un amico che abita al quarto piano senza ascensore: qui i 12,5 kg del Vivobike (che sono pure pochi, per la categoria, e si devono alla costruzione in alluminio) mi aiutano a bruciare le calorie dell'aperitivo.

QUASI AMORE Ma insomma, promosso o bocciato? Da un lato c'è il mezzo, dall'altra il contesto, che a mio modo di vedere fanno un po' a cazzotti. Per costruzione, finiture ed efficienza il Vivobike mi ha convinto senza riserve. Dirò di più: non me lo aspettavo, viste le mie perplessità iniziali, ma finita la mia prova penso che un po’ questo monopattino mi mancherà. E mi tocca anche ammettere che, almeno nella tipologia di tragitto che percorro da casa all’ufficio, al netto di qualche insulto sul marciapiede e di qualche cane che abbaia, l’esperienza è stata migliore rispetto a quella di andare in macchina. Tra l'altro il prezzo di 399 euro è ben centrato rispetto al segmento. Se solo Milano fosse un po' più come Amsterdam...


Pubblicato da Federico Sardo, 26/07/2019
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