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Prova su strada

MV F4 1000 S


Avatar Redazionale , il 27/05/04

19 anni fa -

La gestazione è stata lunga come quella di una tartaruga, ma anche l'ultima creatura del marchio MV finalmente è arrivata. Mille centimetri cubi per battersi ad armi pari, o quasi, con le superbike giapponesi. Una ciclistica solida come non mai e la linea (bellissima) di sempre. Una MV al mille per mille, nello stile, nel carattere e nel prezzo.

COM’È Se la scorsa stagione verrà ricordata per il rinnovo radicale della categoria supersport, con quasi tutte le 600 rivoluzionate, il 2004 segna l’avvento della maxi sportività senza compromessi: numero di cavalli superiore ai chili (vedi Yamaha R1), prestazioni da Superbike (vere), caratteristiche esasperate. La sfida è però quella di sempre: le strapotenti quattro cilindri giapponesi contro la creatività italiana, quasi sempre trincerata dietro ad un motore bicilindrico o al massimo tre cilindri, in ossequio all’originalità a tutti i costi. Come se (costi produttivi a parte) tutti avessero paura a cimentarsi in una sfida che pare troppo impari per essere vinta. Nessuno, mai, insomma che vada a pizzicare il lupo direttamente nella sua tana con un motore quattro cilindri.

SFIDA ARDITA

Nessuno, tranne quei "matti" della MV. Loro le moto le sognano di notte e la combriccola capitanata dal duo Castiglioni-Tamburini, ha già dimostrato di cosa è capace, sa che c’è la possibilità di far bene e di rompere le uova nel paniere anche a chi i quattro cilindri li mangia per colazione. Prendiamo atto del coraggio, perché se è vero che la F4 è unanimemente giudicata una moto esteticamente strepitosa, è altrettanto vero che in questo segmento le prestazioni valgono quasi quanto l’estetica, se non di più.

UGUALE MA DIVERSA

Dal ’97, anno del lancio a Milano nella versione 750, la F4 stupisce e mette d’accordo tutti, emoziona e convince. Gli anni passano per tutti e per una supersportiva (tipico settore usa e getta) spegnere addirittura 8 candeline è un traguardo impensabile. Eppure lei è ancora bella e, perdonateci questa considerazione, forse la più bella di tutte. Non ce ne vogliano gli appassionati delle signore dagli occhi a mandorla, ma il fascino delle linee rastremate, la snellezza del cupolino e serbatoio e delle quattro canne d’organo sotto la sella lasciano ancora oggi a bocca aperta.

ELISIR

È la magia dei prodotti made in Tamburini, che non ci devi fare l’occhio piacciono da subito, che non stancano mai e piacciono a lungo. Look uguale alla settemmezzo dunque, le novità sono tutte sotto plastica, esclusione fatta per l’arrivo di una nuova colorazione blu e argento (che non finisce di convincerci) e per le nuove decals.

UPGRADE RAGIONATO

Tutto secondo copione, ed era lecito non attendersi stravolgimenti, perché la ciclistica già sulla settemmezzo ci aveva già convinto dimostrandosi da subito surdimensionata per quella cubatura. Ora però c’è cilindrata piena, 998 cc, ottenuta aumentando alesaggio e corsa (76x55 mm), e tanti particolari che rendono il quattro cilindri MV a valvole radiali un motore praticamente nuovo. Pistoni, bielle, cambio: tutto rivisto o rifatto. Il gran lavoro d’alleggerimento degli organi interni ha consentito di raggiungere i 166 cavalli a 12.700 giri, con una coppia di 11,1 kgm a 10.200 giri. Tra le innovazioni si fa spazio anche una frizione antisaltellamento denominata EBS (Engine Brake System).

GROSSO È BELLO

A far da cornice a queste novità anche una ciclistica parzialmente rinnovata con il classico telaio a traliccio dotato di cannotto di sterzo-colonna dorica e farcitura di poderosa forcella Marzocchi con steli da 50 mm diametro, in perfetto Tamburini style (per chi non lo avesse capito, un estimatore dell’avantreno piantato). Dietro c’è l'immancabile forcellone monobraccio e un mono Sachs, a detta di molti tecnici di sospensioni per la prima volta regolabile in modo micrometrico e senza sforzi.

EVO '04 Ma la F4 è una specie in evoluzione, nel tempo trascorso tra il salone di Milano e la nostra prova, la ciclistica si è ulteriormente aggiornata arrivando alle quote definitive che ora si riassumono in 1408 mm di interasse, 24,5° di inclinazione cannotto, e 103,8 mm di avancorsa (prima era 93,5 mm). Sul peso, invece c’è ancora da lavorare: i 192 kg dichiarati sono lontani dai pesi piuma delle concorrenti giapponesi.

SEMPRE LEI La 1000 resta uguale là dove la MV si guadagnava già in passato un giudizio a cinque stelle. Nell’impianto frenate ad esempio, con dischi da 310 mm, e in quei dettagli ergonomici e di design che hanno fatto da subito della F4 una moto fuori dall'ordinario. Ci stupiscono ancora i mille particolari dedicati a lei e a lei sola: leve di freno e frizione, pinze, pedane, piedino forcella, serbatoi al manubrio di freno e frizione che riprendono la linea della strumentazione, ora a fondo bianco. Peccato che in questo trionfo di tecnologia, linea e ricerca del massimo in ogni dove, spicchino porzioni di carena che coprono la batteria di corpi farfallati e gli indicatori di direzione di plastica decisamente "cheap".

COME VA Considerate tutte le premesse, non c’è da stupirsi che personalità del motore, posizione in sella e guida siano dei capitoli a sé. Rispetto allo standard dal made in Japan, il quattro cilindri paga lo scotto di una rumorosità meccanica piuttosto accentuata e qualche vibrazione di troppo con il crescere del regime, soprattutto su pedane e semimanubri . Allo stesso tempo, la posizione di guida è tutta a modo suo. La sella è alta da terra (la moto si è alzata rispetto a quella presentata al salone) e larga; lo spazio in senso longitudinale è essenziale, quel che serve per avere un sicuro appoggio quando si arretra in staccata.

FIN TROPPO SNELLA Le pedane sono al punto giusto, alte per non trovarsi mai con gli stivali che accarezzano l’asfalto e arretrate da vera sportiva. Diversa sensazione dalla vita in su. Il manubrio è lontano, il serbatoio è così snello nella zona di contatto con la sella che si fatica a trovare appiglio per le ginocchia in staccata, e così piatto e basso che nelle pieghe più accentuate con il braccio esterno non si trova un facile appoggio.

LA LEGGENDA TRA LE MANI

Un briciolo di emozione trafigge il cuore quando si accendono i quattro cilindri italiani. Nonostante la versione da noi provata fosse in configurazione pista (scarico più aperto e eprom da sparo), il suono dei quattro scarichi è apparso fin da subito più pacato del previsto. Il rombo che si sente è un misto di aspirazione, meccanica e canne d’organo sotto la sella. Ma è quel che serve per sentire davvero la moto: la F4 parla così, ha un sound ancora unico.

CICLISTICA GRANITICA

Non è una Ducati in nulla, nel caso qualcuno se lo fosse chiesto. Tamburini ha chiuso un capitolo e ne ha scritto uno completamente nuovo partendo da una pagina bianca. Ma bisogna riconoscere che nel rigore assoluto dell’avantreno abbiamo trovato una familiarità marcata con le vecchie rosse di Borgo Panigale. Granitico al punto che decisa una traiettoria quella è e quella resta. Difficile correggere la linea con un semplice apri/chiudi dell’acceleratore, la F4 corre su un binario. Il monoammortizzatore in configurazione standard, scorre poco e rimanda con solerzia ogni rugosità dell’asfalto sulla schiena di chi guida. In queste condizioni la F4 è faticosa, perché non accetta di buon grado di essere spinta dentro le curve.

PUNTO E A CAPO Rivisto in buona misura il setting

, riducendo lo smorzamento delle sospensioni - come da prontuario MV - la situazione è decisamente migliorata. La signora Marzocchi e il singolo Sachs sono sensibili alle regolazioni e a convincerci poi è stata la forcella, sempre rigorosa e finalmente comunicativa. Impeccabile l’ingresso in curva, fatto di una progressione senza sbavature. Rimane sempre una forte componente fisica, indispensabile per ottenere quello che si desidera.

LIBERA LA MENTE La F4, insomma, non è una farfalla, non va in piega da sola, ma ce la devi accompagnare. Poi però l’appoggio convince, e la trazione è superlativa anche spalancando tutto il gas. La nostra MV era gommata con Pirelli Corsa SC2 ed era rigorosa da far spavento. In questo modo, con questa sicurezza trasmessa, la F4 1000 rende la vita facile al pilota, almeno psicologicamente. L’impegno fisico resta, ma la mente è sempre sgombra da pensieri tipo "adesso me la metto per cappello"; sfruttare tutto il suo grande potenziale diventa quindi facile e i tempi sul giro le danno ragione.

10 MM IN MENO

I freni non seguono le tendenze ma vanno per la loro strada. Sulla carta il confronto con le mille potrebbe essere impari. Niente pinze radiali, il diametro dei dischi è minore di tutte le altre e la MV si "accontenta" di un semplice 310 mm contro l’ormai classica misura piena. Alla prova dei fatti però ne emerge un risultato contrario. L’impianto MV stupisce ancora una volta per modulabilità e potenza frenante, e si pone ancora oggi nella parte alta della classifica, quella dove troviamo i migliori freni disponibili per moto di serie. Vincente anche per il ridotto sforzo da applicare alla leva. Inutile dire che il feeling con l’avantreno è massimo, si può entrare in curva ancora a freni tirati senza avvertire il minimo effetto raddrizzante, e sentendo sempre la ruota anteriore ben piantata sull’asfalto. Il disco singolo posteriore fa il suo dovere, frena quel tanto che basta per tenere la moto in linea ma nulla di più.

ZONA ROSSA? NO GRAZIE.

Per ultimo il motore. Il quattro cilindri ha le sue belle gatte da pelare perché d’ora in poi sarà per forza sempre paragonato a quello che il arriva dal Giappone. Bene, come si comporta il motore italiano? Indubbiamente ha personalità, un po’ perché non è perfettino come gli altri e la meccanica ci ricorda che qualcosa dentro si muove e un po’ perché vibra. Non al punto da dare fastidio, ma su pedane e manubri il solletichino leggero non manca. In pista però il quattro in linea MV ha mostrato la vera essenza del suo essere.

LINEARE

Pacato e un po’ impreciso sotto i 6.000 giri, sa poi essere pieno e costante, con una curva d’erogazione piuttosto piatta che si spalma su tutto l’arco dei giri disponibili. La fine dei giochi arriva ai 13.000 giri indicati (corrispondenti a 12.600 effettivi). Non raggiunge quindi i picchi di rotazione mostruosi di Yamaha e Kawasaki (ma è allineato con Honda e Kawasaki) ed è molto lineare, al punto che ci si accorge del limitatore solo quando ci si sbatte contro. Perché è vero che spinge pieno senza vuoti oltre gli 8.000, ma non ha un cambio di ritmo e la spinta micidiale agli alti cui ormai ci hanno abituati le jap più scalmanate.

OCCHIO AL POLSO Convincente la risposta all’acceleratore precisa e diretta come non mai. Ruoti il polso di un millimetro e la risposta è immediata. Nessun ritardo, nessun gioco, una goduria. Non convince invece il sistema antisaltellamento o almeno non convince come è stato settato. In alcune staccate funzionava a singhiozzo, entrava in funzione in ingresso curva, annullando il freno motore e causando la perdita della linea ideale. Ma su quest’ultimo sistema sospendiamo il giudizio in attesa di un’altra prova più approfondita.

CONCLUDENDO

Va bene, la F4 forse non è come il top delle proposte giapponesi, ma va bene. Anche i suoi detrattori più accaniti (ma ce ne sono?) sono costretti ad ammettere che è una moto unica, ovviamente anche nel prezzo, di poco inferiore ai 19.000 euro. La ciclistica è moderna, efficace, rigorosa e per questo la guida della MV affascina ed emoziona almeno quanto l’alone di leggenda che ormai si porta appresso. Meno evoluti invece la posizione di guida e il motore che non riesce a tenere il passo delle giapponesi. Va anche aggiunto che non è nemmeno una sportiva facile, una di quelle che ci sali e vai, caratteristica questa che da sempre contraddistingue le moto di Tamburini.

VIETATA AI TIMIDI Va conosciuta passo dopo passo, e quando ci prendi la mano puoi diventare imbattibile perché la sicurezza che ti regala è unica e dai il gas senza pensarci troppo su il che, con un mille sotto il serbatoio è una cosa molto positiva. E poi ci sono altre cose da mettere in conto, come quella di essere sempre sotto gli occhi di tutti, di possedere qualcosa di irrimediabilmente fascinoso. C’è chi per lei è disposto a tutto, anche a schiacciarsi i pollici contro la carena ad ogni manovra. Poco importa, le altre sono solo moto, lei è una MV.


Pubblicato da Stefano Cordara, 27/05/2004
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