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KTM Duke 690 R


Avatar Redazionale , il 29/01/10

14 anni fa - Iperleggera, iperreattiva e con un mono da record. La Duke R è una "toy bike" con cui giocare divorando una curva dietro l'altra. 700 cc "veri" per stabilire nuovi record di potenza e per guardare alle pluricilindriche senza alcun complesso.

Iperleggera, iperreattiva e con un mono da record. La Duke R è una "toy bike" con cui giocare divorando una curva dietro l'altra. 700 cc "veri" per stabilire nuovi record di potenza e per guardare alle pluricilindriche senza alcun complesso.



COM'È Chi ha provato la Duke sa bene di cosa possa essere capace questa naked monocilindrica. Con un peso piuma e un motore da favola è un mezzo che sui percorsi guidati non ha paura davvero di nessuno. Un messaggio che è molto difficile far arrivare a chi ormai è drogato di potenza, e cerca emozioni nelle maxi tutte cavalli ed elettronica, ma anche un messaggio in cui KTM crede fortemente. Insomma a Mattighofen credono fortemente nel progetto monocilindrico, anche applicato ai modelli stradali. Ci credono, e fanno bene perché i numeri danno ragione agli arancioni, visto che le LC4, complessivamente, vendono meglio delle bicilindriche, pur avendo prezzi che non sono certo facili da digerire. Ma, venendo alla moto oggetto di questa prova, sembrava che con la Duke KTM avesse fatto già abbastanza, invece con la Duke R la Casa di Mattighofen si è spinta ancora oltre.

TOP DI GAMMA Si perché la R rappresenta al momento l'evoluzione più estrema del concetto di monocilindrica stradale ad alte prestazioni. Anche in questo caso, come prassi nel mondo KTM, la lettera R sta a significare che il modello in questione è la punta di diamante della gamma, una leadership raggiunta non solo grazie a una ciclistica ulteriormente evoluta ma anche a un motore più performante e di cilindrata "piena". Del resto, dopo l'operazione RC8 dovremmo ormai aver capito che KTM anticipa con le sigle le cilindrate "definitive" dei propri modelli. La carenatura della prima superbike di Mattighofen riportava 1190 ma il primo motore era da 1145 cc, salvo poi raggiungere la cilindrata "piena" con la versione R.

690 DI NOME E DI FATTO Con la Duke è accaduto esattamente lo stesso. Se, infatti, fino ad oggi la sigla 690 riportata sulle plastiche delle monocilindriche di Mattighofen era fine a sé stessa, con l'arrivo della Duke R debutta una versione ulteriormente evoluta del portentoso monocilindrico LC4 cresciuto, guardacaso, proprio fino alla cilindrata nominale. Grazie all'allungamento della corsa, da 80 a 84,5 mm (fermorestando l'alesaggio a 102 mm), la cilindrata effettiva è ora proprio di 690 cc e i cavalli passano da 65 a 70 sempre erogati a 7500 giri, con una coppia massima di 70 Nm a 5500 giri.


MONO DA RECORD Una potenza che qualche anno fa era tipica dei motori preparati per le gare di Supermono e che oggi è quasi incredibile trovare su un mono omologato Euro 3. Potenza che, tra l'altro, va di pari passo con una migliorata affidabilità poiché il nuovo LC4  ha anche allungato gli intervalli di manutenzione da 5.000 a 7.500 km.
Con quella cavalleria e un peso reale di 148 kg, la Duke R si candida quindi al titolo di reginetta del mistostretto.

SOSPENSIONI EVOLUTE Di pari passo con l'arrivo del nuovo motore (e delle ormai classiche grafiche "R", con telaio arancione e sovrastrutture bianche e nere) la Duke R  sfoggia anche sospensioni WP più evolute della versione standard, con la forcella che guadagna il trattamento superficiale in TiAIN per migliorare la scorrevolezza e una taratura di base generalmente più rigida.

CARBONIO Il parafango anteriore è in carbonio e fa risparmiare ben 300 grammi di masse non sospese, ha quindi una sua utilità tecnica oltre che estetica. Nessuna novità invece per quel che riguarda i freni Brembo (monodisco da 320 con pinza radiale all'anteriore) poiché erano già di alto livello. Tutto questo costa 9450 ?, non poco se si pensa di essere al cospetto di una monocilindrica. Ma la quotazione della Duke va anche contestualizzata nella tecnologia che offre. Ride By Wire, sospensioni WP, cerchi Marchesini, freni Brembo. Il corredo della Duke è di prima qualità e la qualità ha sempre un prezzo.

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COME VA L'anno scorso uscendo dall'Eicma incontro al parcheggio un amico che non vedevo da un po'. È un omone, da sempre appassionato di moto sportive, (ha posseduto più di una bicilindrica da 1000 cc) uno di quelli che amano piegare, che guida aggressivo, che va in pista. Dopo un breve saluto e i convenevoli di rito, lo vedo salire su una Duke 690. Sorpreso di questa "conversione" gli chiedo come si trova. Mi sorride e risponde "guarda, sono l'uomo più felice del mondo, su strada non mi divertivo più, con questa qui ho ritrovato il sorriso, è un giocattolo divertente come pochi". Questa storia (vera, giuro) è il migliore esempio per capire cosa possa offrire una moto come la Duke. Un esempio che, più di qualsiasi altro, fa capire come una settantina di cavalli ben messi e un ciclistica superleggera ed efficace possano soddisfare chiunque, anche chi fino ad oggi era abituato a trattare potenze a tre cifre, ma anche pesi con il 2 davanti.

PESO PIUMA La guida della Duke è qualcosa a cui non siamo più abituati: la moto è leggera all'inverosimile, talmente reattiva che sulle prime ti spiazza, perché la forza che normalmente applichi per buttare in curva una moto "normale" con lei è sufficiente a fare un doppio carpiato. Una agilità impressionante, cui dobbiamo rifare l'abitudine. Basta poco però per ritararsi e veder spuntare un malefico sorriso sotto il casco, perché l'efficacia ciclistica è roba che conquista, e il motore è qualcosa di sorprendente.

CATTIVO E TRATTABILE Già, il motore. Questo monocilindrico fuori dell'ordinario che già ci aveva convinto la prima volta che l'abbiamo provato, ora pare ancora più maturo e competitivo. 700 cc per un mono non sono affatto pochi, nel cilindro della Duke corre un pistonaccio da oltre 10 centimetri che può andare su e giù per 8.000 volte in un minuto. Eppure la sorpresa è quella di trovare un motore ancora trattabile ai bassi, che frulla alla grande, che prende i giri rapidissimo e che mantiene una gestione del gas eccellente (ci sono ancora le tre mappature selezionabili dal microinterruttore piazzato tra i tubi del telaio).


5000 GIRI BUONI Considerando che siamo di fronte a un monocilindrico, il range utile resta molto ampio, dai 3.000 giri (regime sotto il quale l'LC4 inizia a strattonare) in poi si gode si una spinta costante corposa e l'LC4 si permette anche di cambiar ritmo ai 5.000 giri allungando fino agli 8.000 della zona rossa. Un'ampiezza di erogazione che nessun monocilindrico regolarmente omologato riesce a offrire. La maggiorazione di cilindrata ha avuto effetti benefici soprattutto ai medi, dove la spinta si è fatta ancora più consistente, in compenso sembra che avvicinandosi alla zona rossa la verve cali un po' più rapidamente rispetto al motore da 654 cc e le vibrazioni oltre i 6500 giri siano più evidenti che in passato, ma queste sono cose fisiologiche per un motore con una corsa più lunga. Resta il fatto che, per essere un motore così spinto, questo mono resta sorprendentemente trattabile e godibile.

IL MOSTRO DELLE CURVE Come già detto, la Duke all'inizio spiazza perché è leggerissima, ma vinta quella sensazione di labilità dell'avantreno che si ha durante i primi chilometri, si capisce subito che questa, in realtà, è la sua arma vincente. La moto stanca poco o niente, in curva scorre come poche, ogni manovra è istantanea, i cambi di direzione fulminei, le frenate degne di una supersport (e l'antisaltellamento della frizione APTC aiuta molto a fare anche qualche "numero") ma tutto avviene senza che mai si abbia l'impressione che la moto prenda il sopravvento sul pilota.


PIÙ RIGIDA La differenza della R dalla Duke standard (motore a parte) sta anche in una taratura più sostenuta di forcella e mono, il che la rende poco confortevole e un po' meno "filtrante" sulle asperità; ma questo è come se fosse un marchio di famiglia per KTM, le R devono essere rigide, se volete più comfort per cui regolatevela di conseguenza. Alla fine, comunque, guidare questa moto è divertimento puro e anche in situazioni certo non ottimali come quelle in cui l'abbiamo provata oggi (le strade piene di sale e la temperatura attorno ai 5 gradi non sono proprio il massimo per guidare una moto), si finisce per divertirsi lo stesso. Perché se i cavalli aiutano in rettilineo i kg in meno aiutano sempre: in rettilineo, in frenata, in curva e anche quando c'è sporco per terra.

LEVE ALTE Della Duke standard restano anche i difetti, la leva del freno anteriore è (per le mie mani) un po' troppo lontana anche quando posizionata alla minima distanza, la corsa della leva è un po' breve e questo mortifica un po' la modulabilità del singolo disco che ha potenza da vendere. Le pedaline del freno e del cambio sono alte, quasi da moto off road obbligando il pilota ad alzare il piede dalla pedana per azionarle al meglio. Cose da poco, basta regolarle. Per il resto, il consiglio che vi possiamo dare è quello di provarla. Solo così si può capire cosa significhi guidare una moto come la Duke.


Pubblicato da Stefano Cordara, 29/01/2010
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