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MOTOGP 2016

MotoGP: il team LCR incontra il pubblico al GIVI point di Brescia. Lucio Cecchinello ci racconta trent'anni di Motomondiale


Avatar di Federico  Maffioli, il 24/05/16

8 anni fa - Abbiamo incontrato Lucio Cecchinello, ex pilota e team manager del team LCR

#MotoGP2016 One to One con Lucio Cecchinello

Cal Crutchlow e il Team LCR Honda hanno fatto tappa al Visenzi Motomarket di Brescia, sede di GIVI, Azienda leader nel settore degli accessori per moto e sponsor storico della squadra di Lucio Cecchinello. Un'occasione per incontrare il suo pubblico prima della gara al Mugello e per farci raccontare dal team manager italiano, cha abbiamo risentito anche dopo il GP d'Italia, un bilancio di ben trent'anni di permanenza nel Motomondiale. La storia di Lucio Cecchinello passa da una passione viscerale ed innata per le corse di moto, dal Titolo di Campione Europeo nel 1995 e dal suo Team, che dal 1996 ad oggi ha schierato in pista piloti del calibro di Noboru UedaRandy De PunietRoberto LocatelliCarlos ChecaMattia PasiniAlex De AngelisEugene Laverty e il fenomeno australiano Casey Stoner, che con il Team LCR cominciò la sua avventura Mondiale nel 2002, si laureò Vice Campione del Mondo della 250 ed esordì in MotoGP nel 2006. 

Buongiorno Lucio, possiamo dire trenta, venti, dieci, o meglio tre, due uno… Buon Compleanno! Trent’anni nel Mondo delle corse, prima da pilota, poi da Team manager in pista e dal 2003 nei box. Una parentesi lunghissima, ma come è iniziata?

“Davvero. Sono trent’anni che frequento l’ambiente del Motomondiale. L’inizio fu un momento straordinario. Nel 1986, in occasione del GP di Misano mi chiamarono per fare l’aiuto meccanico. Non è che fossi necessario, ma ero molto appassionato e, visto che conoscevo un pilota, mi offrii come volontario. Non mi volevano, ma la passione era talmente grande che andai gratis, perché il fatto di entrare in quel Mondo era la cosa più bella che potesse capitarmi. Ho cominciato così e dieci anni dopo, lavorando sodo e sempre spinto da una grandissima passione, nel 1996 ho fondato il mio team chiamandolo LCR, acronimo di Lucio Cecchinello Racing, squadra con cui ho corso in 125 per sette anni. Fu un emozione grandissima, un’avventura che dura ancora oggi e che da dieci anni è in MotoGP”.

In tanti anni hai lavorato con molti piloti, sia come compagno di squadra, sia come team manager. Qual è quello che ti è rimasto più nel cuore?

“Tutti sono speciali, ognuno a modo suo. Se devo dire con chi ho avuto il legame più forte, sicuramente Noboru Ueda, il mio compagno di squadra, perché è stato lui che mi ha aiutato a crescere sportivamente, che mi ha aiutato a capire come guidare forte la moto. Con lui ho creato un’amicizia molto profonda, un legame fraterno. Poi, è ovvio che ho un bel ricordo emozionante e fantastico con tutti, non c’è qualcuno con cui sono andato più o meno d’accordo, il rapporto è sempre stato ottimo con tutti“.

Tra i nomi che hanno corso con te e per te, ci sono stati piloti molto talentuosi. Uno su tutti Casey Stoner, un talento in cui hai creduto subito. Ma, oltre al cronometro, qual è l’aspetto che ti fa capire un vero talento, cosa ti fa capire che hai davanti un futuro fuoriclasse?

“Un pilota di motociclismo deve essere una miscela di intelligenza, talento e deve avere una grande dose di autostima. Quando incontro ragazzi che potrebbero essere scelti per correre con me cerco di capire molto del loro carattere, della loro personalità, non guardo solo l’aspetto dei risultati sportivi, che comunque sono importanti. Quello che per me fa la differenza è quanta voglia questo o quel ragazzo abbia di emergere, con che sicurezza esprime la propria autostima e il proprio potenziale. Alla fine questi ragazzi sono tanti e molto bravi, ma chi emerge davvero sono solo quelli che hanno un grande carattere e non hanno paura di nessuno. Ti faccio l’esempio di Casey Stoner: quando era ancora un ragazzino e parlava di Rossi, riconosceva che era un bravissimo pilota, ma allo stesso tempo diceva che secondo lui si poteva battere. Ed infatti, lo ha battuto”.

Il Motomondiale è cambiato. C’è più pubblico, è più conosciuto e seguito, insomma c’è più interesse e visibilità. Ma essere team manager oggi è più facile o più difficile rispetto a prima?

“Sicuramente la grande notorietà della MotoGP aiuta, perché sta diventando sempre più popolare, quindi è più facile contattare Aziende interessate ad entrare in MotoGP. Questo, però solo teoricamente, perché in realtà al giorno d’oggi la vera difficoltà è trovare Aziende che siano disposte ad investire soldi in un progetto un po’ aleatorio: GIVI è una di queste. Voglio dire: il ritorno dell’investimento varia in funzione di tanti parametri, in primis del risultato sportivo, che non è una cosa controllabile e assicurabile al 100 per 100.  Non è scontato. Di conseguenza c’è una componente di rischio che l’Azienda si ritrova ad avere e può succedere che questa componente non sia più accettata come una volta, perché al giorno d’oggi le Aziende cercano di non prendere rischi sugli investimenti, cercano investimenti certi, sicuri e che possano garantire il ritorno che si aspettano."

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E i piloti, sono più facili o difficili da gestire oggi?

“Forse un pelino più difficili, perché ai giorni d’oggi i piloti sono circondati  da manager che, talvolta, non hanno proprio l’idea di come siano le realtà”.

Se potessi, cosa porteresti delle gare di ieri nella MotoGP di oggi e cosa ti sarebbe piaciuto avere della MotoGP di oggi nel Motomondiale di allora?

“Delle gare di ieri riprenderei il limite massimo dei ventuno litri di benzina, oggi il limite è ventitré. Delle corse di oggi mi piacerebbe portare indietro l’attenzione verso la sicurezza dei piloti e l’attenzione all’ambiente. Prima era molto più pericoloso, ma in generale penso che la sicurezza e l’attenzione per l’ambiente siano gli aspetti più importanti su cui dover lavorare anche oggi. Certo, rispetto a quando ho iniziato siamo arrivati ad uno standard molto alto, oggi la MotoGP è molto sicura, ma si può fare ancora di più”. 

Torniamo alla Stagione 2016. All’inizio di questo Campionato in Qatar hai dichiarato che c’era uno scambio diretto di dati tra il vostro box e quello del team HRC. E’ ancora così, o qualcosa è cambiato?

“Non è cambiato per nulla. Anzi, è un aspetto molto importante soprattutto perché il lavoro da fare quest’anno è tanto. Noi abbiamo tutta la telemetria sia di Marc Marquez, sia di Dani Pedrosa e loro hanno quella di Cal Crutchlow. Da quello che posso vedere, Marc è un fenomeno che guida fortissimo e Dani ha uno stile di guida davvero speciale, riesce ad uscire dalle curve come un proiettile. Noi, comunque siamo molto veloci, perché, guardando la telemetria, i giri veloci di Marc e i giri veloci di Cal, ci sono dei punti dove Cal è addirittura più veloce. Quanto perde la moto rispetto a Marc? Direi un 70% di guida, perché Marquez è proprio un fenomeno ed è lo stesso Cal a riconoscerlo. Rispetto a Pedrosa, perdiamo un po’ meno, probabilmente ci manca qualche cosina in accelerazione e loro hanno delle evoluzioni che noi ancora non abbiamo ricevuto”.

Prima del Mugello ci avevi raccontato che avreste provato delle novità sulla moto, degli aggiornamenti a livello di scarico e mappature motore con l’obiettivo di avere maggior velocità e uno po’ più di stabilità in frenata. Al di là del risultato in gara, sotto questo aspetto avete trovato qualche riscontro interessante?

“In totale trasparenza, devo dire che è andata un po’ al di sotto alle nostre aspettative e dei nostri obiettivi. Siamo seriamente impegnati a cercare di trovare un po’ più di performance e su questo stiamo lavorando molto. Per quanto riguarda le novità tecniche, non abbiamo ottenuto i risultati sperati e adesso dobbiamo rimboccarci le maniche e ritornare a mettere insieme le idee per cercare di uscire da questa situazione. Questi risultati non sono in linea con il nostro potenziale e con le nostre aspettative. Possiamo fare meglio e dobbiamo capire come tornare competitivi”.

L’ultima domanda che avevamo fatto a Lucio Cecchinello era a tema “mercato piloti”, chiedendogli una previsione sui team ufficiali dell’Anno prossimo. Non avrebbe senso trascriverla, ma bisogna riconoscere che non ne ha sbagliata una, con Pedrosa ancora in HRC, Vinales in Yamaha, Dovizioso che resta in Ducati e Iannone sulla Suzuki. D'altronde, per essere un team privato con venti anni di permanenza a questi livelli ci vuole grande talento ed intuito. Bhé, da questo punto di vista, Lucio Cecchinello è sempre stato un Campione del Mondo. 


Pubblicato da Federico Maffioli, 24/05/2016
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