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Prova su strada

In sella alla Yamaha R6 '03


Avatar Redazionale , il 08/12/02

21 anni fa -

Quattro anni fa rivoluzionò il modo d'intendere le supersportive di media cilindrata. Oggi vuole ribadire la sua superiorità, e per farlo si rinnova completamente. Motore con iniezione, nuovo telaio, nuovo forcellone. Intatto il carattere "pure racing" che la contraddistingue da sempre e in più un motore più "corposo" e una maggior stabilità. Lieta novella: il prezzo non cambia.

COM’È In pochi sapranno sostenere il suo sguardo, perché la nuova R6 ha deciso di aggrottare ulteriormente le sopracciglia, quasi a far paura alle avversarie che nel corso di questi quattro anni l’avevano avvicinata in modo irriverente. Bene, la Yamaha non si è limitata a rinverdire un po’ il suo modello di punta, ma ha deciso di farle fare un netto salto generazionale con l’intento, nemmeno troppo celato, di vincere la corona di reginetta delle 600 Supersport, una categoria dove per il 2003 si annunciano scintille.

TUTTA RIFATTA

Per farlo la R6 si è dotata di un vestitino tutto nuovo, ancora più attillato, di un telaio completamente rivisto e di un motore riprogettato nel 90% delle sue parti. Ma andiamo con ordine, cominciando da ciò che si vede. Il look si è fatto appuntito, cattivo, ancora più aggressivo di quanto non fosse prima, seguendo ovviamente i dettami lanciati dalla R1. Ora gli occhi della R6 ora nascondono alla perfezione la bocca dell’Airbox. Non c’è più insomma quel "buco" in mezzo ai fari, tutto è molto mimetizzato e il look ne guadagna non poco.

LAVORO DI CESELLO

Ma, in generale, ogni parte della moto è stata, se non rifatta da cima a fondo, almeno ridisegnata, affinata, alleggerita. Nessun particolare è sfuggito alla cura di cesello operata dagli ingegneri di Iwata. La strumentazione, ad esempio, è più leggera del 16%. Come già visto sulla R1 adotta il led del cambio marcia tarabile a piacimento (poco visibile quando c’è luce molto forte). Le pedane, sono forgiate e non più pressofuse, il serbatoio ha una forma diversa per ospitare meglio le gambe del pilota, pur mantenendo inalterata a 17 litri la sua capacità.

QUESTIONE DI PRESSIONE

Venendo alla tecnica, il risultato sono 117 cv a 13000 giri, che diventano 123 quando l’airbox va in pressione alle alte velocità. Una potenza eclatante per una seicento, anche se chi ha la memoria lunga ricorderà certo che anche per la primissima R6 erano dichiarati oltre 120 cv... Va detto, comunque, che la nuova R6 è catalizzata e rientra nei severi parametri Euro 2 di futura applicazione.

BENVENUTA INIEZIONE Assieme alla Kawasaki ZX-6R, la R6 era l’ultima delle 600 supersportive ad adottare l’alimentazione ai carburatori. Ora non più. Nel 2003 arriva, infatti, un sistema d’iniezione elettronica che lavora secondo lo stesso principio di quello della R1, ovvero sfruttando la classica valvola a farfalla (collegata direttamente al gas) e una seconda valvola a saracinesca azionata da un depressore. Il principio è quello dei carburatori a depressione ed è utilizzato per ottenere una risposta più lineare quando si va a pelare il gas. A sfamare le quattro bocche da 38 mm pensa l'airbox, che sulla nuova R6 ha visto crescere il suo volume da 7,3 a 7,6 litri, alimentato dalla già citata presa d'aria dinamica al centro del cupolino.

CERAMICA D’AUTORE Per cercare la maggiore leggerezza possibile del blocco cilindri (e ottimizzarne anche le dilatazioni), il blocco stesso è realizzato con uno speciale procedimento di pressofusione (Brevetto Yamaha) che consente di applicare il riporto in composito ceramico direttamente alle pareti, senza quindi utilizzare le camicie. I nuovi pistoni sono forgiati.

CAMBIATA MORBIDA Particolare cura è stata riservata al miglioramento del cambio, da sempre uno dei punti deboli di questa Yamaha. Per ammorbidire gli innesti sono stati ridisegnati i flussi del lubrificante, che ora arriva più copiosamente sulla frizione e sugli ingranaggi. Il tamburo preselettore è stato completamente ridisegnato ed ha visto aumentare il suo diametro.

QUALCOSA IN PIÙ, MA PESA MENO Il peso pare essere un chiodo fisso dei tecnici di Iwata. Non che la R6 fosse pesante, anzi, ma evidentemente in Yamaha la ritenevano pesantuccia, poiché si sono accaniti anche sullo scarico. L'interno del terminale è realizzato in titanio, il rivestimento esterno in alluminio, i collettori, invece sono, in acciaio inossidabile. Tutto per risparmiare 1 kg rispetto al vecchio impianto, nonostante la presenza di catalizzatore e sonda Lambda. In tutto fanno 162 kg, cinque kg in meno della vecchia versione.

TELAIO PRESSOFUSO Passando alla ciclistica, il cambio generazionale si avverte dall’aggiungersi di una lineetta dopo la scritta Deltabox (Deltabox III), ad indicare che siamo alla terza generazione di questa struttura d’alluminio realizzata ora interamente per pressofusione, la prima ottenuta con un procedimento del genere su una moto di serie. Tanto per capire, il nuovo telaio della R6 è composto da due sole parti saldate in due soli punti, il precedente telaio richiedeva sedici saldature. Meno saldature=meno punti deboli e meno peso. Sulla rigidezza del nuovo Deltabox III non ci dovrebbero essere dubbi, quanto al peso siamo sui 500 grammi in meno.

S'ALLUNGA IL FORCELLONE

Lo stesso sistema di pressofusione è stato utilizzato per il telaietto reggisella e il forcellone che si è anche allungato di 10 cm rispetto alla precedente versione, ma siccome il suo perno si è avvicinato della stessa lunghezza al pignone, non cambiano le quote vitali della moto, soprattutto l’interasse, che resta a quota 1380 mm.

FORCELLA TRADIZIONALE

Mentre qualcuno ha già rotto il ghiaccio facendo vedere la prima forcella a steli rovesciati della categoria, Yamaha resta ferma sulla forcella tradizionale che utilizza nuovi steli alleggeriti da 43 mm.
Invariati i freni: ritroviamo ancora il doppio disco da 298 mm con le onnipresenti (per Yamaha) pinze monoblocco a 4 pistoncini. Al posteriore lavora un canonico disco singolo da 220 mm che utilizza però una pinza più compatta.

ANCHE LIMITATA Tre le colorazioni disponibili: Racing Red, Silver Tech e Yamaha Blue. Gli amanti del pezzo speciale troveranno senz’altro interessante la piccola serie di 2000 unità numerate (di cui 420 in Italia) nella colorazione "Special Edition Extreme Yellow".

STESSO PREZZO

Il tutto per 10.170 Euro chiavi in mano. Con la R6 2003 Yamaha prende, infatti, la buona abitudine di proporre solo prezzi chiavi in mano. Così sarà per tutta la gamma, e chi sa far di conto capisce che la cifra richiesta per il modello ’03 è praticamente identica a quella della "vecchia" R6. Tanto lavoro non ha dunque portato a nessun aumento di prezzo e questa è senz’altro la cosa che ci piace di più.

COME VA IN PISTA

È sempre lei! Piccola, cattiva estrema. La R6 non ha perso un briciolo delle caratteristiche che la hanno issata per parecchi anni sul trono delle Supersport 600. In sella, aria di casa, il manubrio è lì sotto il mento, il serbatoio accoglie bene la gambe, la sella è sorprendentemente larga e lunga. La moto è compattissima ma ha un'abitabilità insospettabile, sarà perché Jeffrey de Vries, pilota Olandese di fama mondiale, ora tester ufficiale Yamaha, è uno spilungone di quasi uno e novanta, e questo aspetto sulla R6 pare particolarmente curato, al punto che, pur piccola com’è, la moto mi va quasi "larga".

UNDER CONTROL

Manubri bassi, ma non troppo spioventi e anche piacevolmente aperti, le pedane sono altine ma senza esagerare, la posizione di guida è sportiva e assicura il miglior controllo nella guida spinta ma, grazie alla buona correlazione tra sella-pedane-manubrio, non è troppo affaticante.

UN BIJOU

Bello, prima di partire, perdersi un po’ a guardare come è fatta la moto. Un giocattolo esaltante, questa R6, confezionato con un "packaging" assolutamente perfetto. Le finiture sono probabilmente le migliori della categoria. Per capire quando sia ben fatta basta guardare dietro al cupolino, Strumentazione, passaggi dei cavi, la piccola plastica che carena il clacson, cè tanta qualità.

NERO OVUNQUE Ma, in generale, ogni particolare è assolutamente ben fatto. Non c'è una sbavatura, il forcellone pressofuso ha una finitura superficiale perfetta, ed è anche bellissimo nella sua forma, peccato che il colore nero non lo valorizzi; altrettanto si può dire per il telaio, nero anche lui, che contribuisce a rendere la R6 ancor più piccola alla sguardo ma oscura un po’ la sua pregevole fattura.

LO STEMMA SI STACCA Unico, piccolissimo neo, lo stemma sul serbatoio, che non è sotto vernice ma adesivo e per questo facilmente staccabile. Per ladri e collezionisti del genere, una tentazione irresistibile, ma ci sono anche possibilità che si stacchi lavando la moto con i getti a pressione.

FORTE IN MEZZO

Il motore ha guadagnato tantissimo, ma più che nella cattiveria agli alti nell’erogazione che si è fatta decisamente più corposa ai medi regimi. Indicativo il fatto che ad Almeria si utilizzano le stesse marce della 749; si cambia poco, quindi, solo che quella era una bicilindrica, questa è una quattro cilindri… Il motore "parte" a circa 4500 giri, da 8000 giri c'è già una bella spinta, a 10000 arriva un'altra iniezione di cavalli. Poi è tutto un bellissimo crescendo fino ai 15.900 indicati (15.500 reali) dal limitatore.  Non c'è che dire, un’ottima erogazione che a mio parere avvicina molto la R6 alla 636 Kawasaki.

CAMBIO MIGLIORATO MA…

. Alla fine, la cattiveria pare diminuita, ma solo perché il nuovo quattro cilindri ha più birra quando la lancetta staziona nella zona intermedia del contagiri; con un’erogazione del genere si chiama anche meno in causa il cambio, che tra l'altro è migliorato (soprattutto salendo di rapporto) ma non fa ancora impazzire per morbidezza e silenziosità, soprattutto in scalata.

ANCORA RACING Per la R6 Yamaha non ha percorso la stessa strada della R1 o almeno l’ha percorsa in modo più limitato. Con la mille si è andati soprattutto alla ricerca di maggiore sfruttabilità: la moto si è addolcita molto nelle sue reazioni: motore, telaio sospensioni erano stati riprogettati per offrire un comportamento globale più omogeneo. La R6, invece, mantiene intatto il carattere "pure racing". Così è rimasta tale e quale la reattività dell'avantreno, l'incredibile velocità nel fiondarsi alla corda, la rapidità nei cambi di direzione, cose che piacciono tanto agli estremisti della guida sportiva.

INIEZIONE DI FIDUCIA

In più la R6 ’03 aggiunge quel po’ di motore pieno e potente e un’erogazione che semplifica la vita. L’iniezione è stata un vero toccasana per questo quattro cilindri.

SENSIBILE DAVANTI L'avantreno, quindi, è rimasto quello di prima, non nervoso, ma sensibile. Ti fa sentire molto di quello che scorre sotto la ruota, dà una sensazione di "delicatezza" d'appoggio che sulla Kawasaki, ad esempio, non si riscontra. Questo impone al pilota maggiore sensibilità di guida, con una reattività del genere occorre più malizia nell'individuazione della traiettoria ideale, rispetto ad esempio alla Kawasaki o alla Suzuki più granitiche in percorrenza di curva.

PIÚ TRAZIONE

In questo, la R6 non è cambiata, in compenso a mio parere ha guadagnato molta trazione in uscita di curva, l'allungamento del forcellone (e quindi la nuova distribuzione dei pesi) ha dato i suoi frutti e anche girando di buon passo con le Michelin Sport (gomme stradali e non certo pistaiole vere) non è mai sorto nessun problema, anche perché Almeria non è un circuito problematico nei confronti del grip.

GUIDA D’IMPEGNO

Dietro, quindi, è tutto ok, ma anche davanti c’è grande aderenza, solo che tutta quell’agilità (la R6 resta imbattibile nelle varianti) impone un impegno psicologico maggiore rispetto ad una moto con un avantreno più pesante ma più piantato. Conoscendola, giro dopo giro, impari a fidarti e a capire che nonostante tutto l’avantreno sta lì, non si muove, non allarga, nemmeno nei curvoni più lunghi.

NON TOCCA

Tra l’altro, la 600 Yamaha ha messo in luce anche le sue grandi doti di piegatrice. Pochissimi i contatti a terra con le pedane nonostante Almeria sia particolarmente probante da questo punto di vista.

FRENI, NULLA DI NUOVO

Tra tanto buon guidare, stupisce la frenata: in fondo è la parte che è meno cambiata, e nemmeno prima la R6 aveva dei gran freni. Solo che prima era allineata alla concorrenza, oggi con l’arrivo delle quattro pastiglie, pinze radiali e quant’altro, gli impianti della concorrenza hanno fatto dei bei passi avanti, per cui il confronto la penalizza un po’. Le nuove pastiglie sinterizzate hanno comunque portato una maggiore aggressività nell'attacco della frenata ma poi sembra mancare un po' di proporzionalità tra l'aumento della pressione sulla leva e la reale efficacia frenante.

STACCATA DI FORZA

E' solo questione di feeling, comunque, perché di potenza ce n’è da vendere, tanto che nella staccata più violenta (dove per inciso si arrivava a 250 all’ora) erano sensibili gli alleggerimenti del retrotreno, ma per ottenerla occorre dare una bella "zampata". Apprezzabile anche la stabilità in frenata dove la R6 2003 si comporta decisamente meglio della sua progenitrice. Per farla muovere occorre davvero forzare la staccata, altrimenti l’assetto resta sempre piacevolmente neutro.

MEGLIO DRITTA

Occorre però non cadere nella tentazione di entrare in curva con i freni ancora in mano. Il pneumatico anteriore 120/60, non concede molto in questo senso e oltretutto questo è uno dei punti deboli dei Pilot Sport. La Yamaha quindi in frenata gradisce restare quanto più dritta è possibile e anche che non venga troppo usato il freno posteriore fin troppo incisivo nel suo intervento. Insomma è la "solita" frenata da R6, perfetta per la guida su strada, migliorabile in pista. Una situazione che può migliorare in fretta, probabilmente già montando tubi freno in treccia metallica. Una spesa da poco, che si fa volentieri, perché tutto il resto su questa moto è davvero appagante.

*BRPAGE*

COME VA SU STRADA L’olandesone dello Staff Yamaha, guida in modo impeccabile la sua TDM e ci scorrazza in scioltezza per strade assolutamente deserte, dove filiamo sul filo dei 200 all’ora (ops…). Curve, contro curve, allunghi in rettilineo, un bel panorama da gustare dietro alla visiera. Sarebbe tutto perfetto se solo non ci fossero 5 gradi.

BISTURI SU RUOTE

La R6 su strada non fa altro che riconfermare quanto di buono abbiamo riscontrato in circuito, anzi posso dire che è proprio su strada che si apprezzano maggiormente i miglioramenti fatti rispetto alla vecchia versione. È ancora una moto graffiante per prestazioni e reattività, ma ha guadagnato in omogeneità e in precisione. Bellissima moto da guidare su strada: precisa, mai nervosa, ti conquista con un comportamento davvero intuitivo e piacevolmente efficace. Mi piace, anche quando arriviamo in cima al passo a 1300 metri dopo quasi cento chilometri di curve e ho le mani da amputare dal freddo. Ma come, la Spagna non è il paese del caldo e del sole? Qui di sole ce n’è a volontà ma l’aria sembra quella del freezer di casa mia! Promuovo senza indugio il comportamento del motore.

UN PIENO DI MOTORE

Il riempimento della curva di coppia ai medi regimi si apprezza moltissimo, consente di guidare con una marcia sola per un sacco di tempo pur andando di passo svelto. Certo è sempre un seicento, quindi quando si va molto di fretta è sempre meglio far frullare il quattro cilindri oltre quota 8000. Il cambio resta un po’ il punto debole, anche nell’utilizzo su strada. In verità non ha mai perso un colpo, ma l’innesto dei rapporti è rumoroso e nel pedale si avverte un doppio click poco piacevole.

SOSPENSIONI DI VELLUTO

Anche le sospensioni (ritarate a dovere) confermano l’ottima fattura concedendo molto al comfort. Rigorose, non accusano problemi nemmeno sui fondi tormentati delle statali spagnole, concedendo una condotta brillante anche quando il fondo non è perfetto. Insomma, per strada la R6 offre una guida di burro, è leggera, poco affaticante, ha un tasso di vibrazioni assolutamente contenuto (avvertibili solo oltre gli 8000 giri sulla pedana destra ma d’entità davvero ridotta) e, alla lunga, l’ho trovata persino comoda, perché l’ergonomia è azzeccata.

PROTEZIONE LIMITATA

La protezione resta quella che è, non eccezionale, anche paragonata alle concorrenti dirette, ma il cupolino appena rialzato migliora leggermente la situazione rispetto al modello precedente.

DUE-E-SESSANTA

Un pezzo di autostrada, e anche l’olandesone deve cedere il passo ai giornalisti in caccia della velocità massima. Basta poco, un tratto autostradale rettilineo, completamente deserto e ci tuffiamo in carena, per vedere la lancetta scalare il contagiri tacca per tacca fino a passare di poco quota 14000 in sesta. Il display segna 260, una velocità assolutamente rilevante per una seicento, anche perché il tachimetro mi pare piuttosto preciso. Sono certo che la R6 sa fare anche meglio ma per lanciarla bene ci vuole spazio, perché la sesta marcia è piuttosto distesa, e il motore guadagna giri con una certa lentezza. La frenata che non mi ha entusiasmato in pista, su strada si rivela perfetta per efficacia e modulabilità, con il piccolo neo di un disco posteriore che resta troppo aggressivo nell’intervento.

SVERNICIATA

Da segnalare che dopo due giorni d’utilizzo qualche moto aveva il forcellone sverniciato nella zona superiore della capriata d’irrigidimento. La larghezza della capriata stessa la porta infatti a contatto degli stivali, soprattutto quando si guida "sulle punte" portanto a rapida usura lo strato di vernice. In questo servizio:Casco:Arai RX7 RRTuta:Spidi RS ProGuanti:Spidi CarboventStivali:Alpinestars SMX Plus
Pubblicato da Stefano Cordara, 08/12/2002
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