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Confronto:

Bimota DB7 VS MV F4 1078


Avatar Redazionale , il 17/11/08

15 anni fa - La scuola italiana si sfida in pista

Nascono in Italia perché solo in Italia si possono fare moto così. Costose, elitarie, uniche, partono agli antipodi per raggiungere il medesimo obbiettivo.


NEL NOME DEL PADRE...
Esiste una sorta di filo conduttore che accomuna Bimota e MV. Entrambe costruiscono moto d'elite, oggetti di design ancor prima che mezzi a due ruote, moto che nascono per appagare tutti i sensi di chi guida. Non è un caso che dietro entrambi i marchi ci sia (o ci sia stato) il nome di Massimo Tamburini. Bimota e MV rappresentano il passato (la Bimota l'ha creata lui), il presente (la MV) e il futuro del genio romagnolo, uno che di costruire moto banali proprio non è capace.

FATTE DI CESELLO Il filo conduttore che unisce Bimota e MV passa anche attraversola finezza delle lavorazioni, la cura maniacale in ogni dettaglio, la voglia di realizzare qualcosa di unico che alla fine è inevitabilmente sempre qualcosa di costoso. Qualcosa da cui però traspare evidente la passione di chi lo produce.


FUORI DAL CORO
Passione pericolosa, però, perché non essere omologati ai giorni nostri è un rischio e il filo conduttore passa anche attraverso vicissitudini finanziarie, morti e rinascite, debiti e acquisizioni. Bimota era chiusa ed è rinata nel 2005 riuscendo a rilanciarsi (oggi produce 500 moto all'anno che per una factory artigianale non è poco); MV ha sempre veleggiato in acque molto agitate fino a poco tempo fa quando è stata acquistata dalla Harley Davidson che dovrebbe mettere la parola fine ai problemi finanziari, lasciando finalmente spazio alla vena creativa di Tamburini per i progetti futuri.

ITALIAN STYLE Per ora però godiamoci il presente, rappresentato dalla DB7 e dalla 1078 RR, che incrociano le spade in una sfida a colpi di design, soluzioni speciali e... bella guida. Due vere icone del made in Italy, costose, capaci di fare impazzire il mondo, ma anche di essere appaganti in pista, pur partendo da due punti di vista completamente opposti.


LA FORZA SIA CON TE
MV è la forza bruta, la velocità supersonica, la potenza del suo nuovo 4 cilindri da 1078 cc capace di far diventare corto anche il rettilineo del Mugello (dove le abbiamo provate). Bimota è la leggerezza, l'agilità, la capacità di volteggiare nelle varianti come la più bella delle ballerine. Fossimo su un ring ideale sarebbe come mettere uno contro l'altro un peso massimo e un peso medio, il discorso parrebbe scontato. Ma non lo è, e vediamo il perché.

POTENZA PURA La MV fa davvero impressione; è potentissima e rabbiosa; non ha novità ciclistiche di rilievo per cui ha mantenuto la sua guida caratteristica che al Mugello emerge prepotente, soprattutto in quei punti dove occorre fidarsi dell'anteriore.


DAVANTI INCHIODATO
Con lei alla Casanova Savelli ti ci tuffi letteralmente e puoi (quasi) metterci la mano sul fuoco che non ti mollerà. Fiducia totale, che consente di entrare forte in curva e farla scorrere al meglio, e più le curve sono veloci più lei si trova a suo agio. Per spiegare quello di cui è capace basta il cronometro, sono bastati tre giri in una sessione con pista abbastanza libera per vedere un 2:05:7 che con una moto standard (scarico, fari, frecce e gomme di serie) certo non è da buttare.

PESA TANTO Ma quello che è il suo punto di forza in altre parti della pista diventa anche il suo tallone di Achille: la F4 pesa, troppo, e la sua stabilità assoluta sui curvoni diventa un problema quando vuoi farle cambiare direzione in fretta. Va fortissimo ma è una moto stancante, la 1078; 5 giri a manetta e le braccia protestano, devi riprendere fiato. La posizione di guida così allungata è ormai datata e i manubri così spioventi non aiutano quando devi dominare una moto che certo non è un fuscello.


VA DOMATA DI FORZA
Nei cambi di direzione, infatti, la devi guidare di forza, l'impegno fisico richiesto è notevole e se la MV cade in piega molto rapidamente non è altrettanto svelta a risalire: una volta impostata la linea, la F4 non la smuovi. E' lì che la Bimota affonda il colpo, inevitabilmente più lenta in fondo al rettilineo, che la MV divora con una rabbia spaventosa, la DB7 è lungi dal perdersi d'animo e, esse dopo esse, curva dopo curva, si rifà sotto danzando tra i cordoli.

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LA DANZATRICE
La reattività della bicilindrica di Rimini è incredibile, non è precisa come la F4 ma curva con il pensiero, basta un niente e "paf", sei già dall'altra parte. Anche la posizione in sella (fin troppo seduta e incassata per la verità) aiuta il pilota a manovrarla al meglio. Più svelta nei cambi di direzione, più veloce in percorrenza, più "umana" da gestire, la DB7 riguadagna il terreno perso dove c'è da guidare e stanca meno fisico e testa. Anche in staccata alla fine risulta essere più efficace della F4, perché, se i cavalli in più fanno la differenza sul dritto, i kg in meno li senti anche quando devi frenare e curvare. Con lei il cronometro si è fermato poco dopo il 2:06 segno che anche su un circuito veloce come il Mugello l'agilità può pareggiare il conto con la potenza.

SPINTA DA DIETRO La F4 ha freni eccellenti, ma in staccata avverti il peso che ti "spinge" così come avverti le inerzie di un forcellone pesante in accelerazione, che reagisce con lentezza alle sollecitazioni dei cavalli. Con la Bimota è tutto più rapido, ha reazioni più secche perché la ciclistica è molto rigida, allo scollinamento del rettilineo si muove di più, e quando ci sali dopo aver guidato la MV ti sembra così leggera da essere vuota. Con lei puoi permetterti di tenere aperto il gas un po' di più, puoi arrivare a frenare ben più sotto la curva, peccato solo che il serbatoio non offra un buon appiglio per le gambe costringendo il pilota a lavorare troppo di braccia. La leva del freno ricavata dal pieno inoltre è troppo grossa e non offre un buon feeling.


BASSA DIETRO
La fase di inserimento in curva è quella dove vorrei migliorare la DB7. La MV s'inserisce come un bisturi, la Bimota, un po' seduta di assetto (andrebbe alzata un minimo dietro sfruttando l'eccentrico) è di conseguenza un po' restia a comunicare ciò che accade sotto la ruota anteriore e a chiudere la linea quando si indugia con i freni fin dentro la curva. Cosa che invece alla MV riesce benissimo.

QUATTO CILINDRI FENOMENALI Parliamo dei motori: il nuovo quattro cilindri MV è davvero una forza della natura, aiutato dal cambio ravvicinato, mostra una forza incredibile e quando dai il fondo al gas ha il coraggio (all'uscita della Luco Poggio Secco, ad esempio) di sollevare la ruota anteriore anche in terza, e dire che l'avantreno della MV certo non è leggerino... A parte un, ovvio, aumento di brio ai bassi e medi regimi, l'erogazione non è molto cambiata rispetto al motore 1.000, soprattutto è rimasto il cambio evidente di carattere attorno ai 9.500 giri indicati, regime a cui di cavalli ne arrivano tanti richiedendo una certa attenzione nel gestire il gas.


RUVIDA
L'allungo è rimasto più o meno lo stesso, la MV non è la 1000 (anzi la 1078...) che gira di più, ma i 13.000 (12.250 veri) del limitatore vengono comunque raggiunti di buona lena anche se il cambio marcia ideale resta circa 500 giri più sotto. È rimasta anche la ruvidità intrinseca (che si traduce in un po' di vibrazioni) di un motore che morbido non è mai stato. Quindi, se per la moto in generale parlano i tempi sul giro, per il motore invece parlano altre cose, tipo la velocità rilevata dal GPS alla staccata della San Donato, dove la F4 sfonda costantemente i 270 effettivi con una miglior velocità di 277 orari.


2 PER 264
La Bimota (che è anche meno aerodinamica) ovviamente, fatica a tenere la scia, ma i 264 orari visti prima di attaccarsi ai freni alla San Donato sono un ottimo risultato in assoluto. Il bicilindrico, poi, grazie ad una mappatura perfetta ha un carattere molto smussato: è pieno di coppia (fino a 8000 giri fa meglio della MV e il picco massimo è praticamente uguale), reagisce al gas in modo meno brutale ed è del tutto privo di apri-chiudi (cosa che invece persiste sulla MV). Tutto questo rende la DB7 gestibilissima e invoglia il pilota ad aprire prima. La schiena di questo motore è ottima (da 4250 giri non si scende mai sotto i 10 kgm) e l'elettronica Bimota lo ha reso ancor più pieno ai medi e bassi regimi. Il risultato è che, anche se non sembra, con la DB7 fai un sacco di strada, e quando i rettilinei non sono lunghi la F4 non scappa. Potenza o leggerezza? Velocità o agilità? A voi la scelta. Il bello è che con queste moto la sfida non accende solo gli animi in pista ma continua anche dopo, quando scendi, le parcheggi e ti fermi a guardarle.


Le due moto confrontate al Banco




Pubblicato da Stefano Cordara, 17/11/2008
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