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Scandali

Ubergate: da Macron a Renzi, come Uber chiedeva l'aiuto dei politici


Avatar di Lorenzo Centenari , il 12/07/22

1 anno fa - I rapporti con Macron, Biden e Renzi, la strategia della tensione

Uber Files: i messaggi, le pressioni su Macron, Biden e Renzi
I rapporti con Macron e Biden, i tentativi di corruzione di Matteo Renzi, la strategia della tensione tra tassisti e autisti Uber

Un uragano forza 5 investe Uber. L'occhio del ciclone, tuttavia, risucchia sia la multinazionale USA, sia un discreto numero di figure politiche, anche italiane. Ma in che consiste, esattamente, la vicenda dei cosiddetti ''Uber Files'', e per la quale noi coniamo l'espressione ''Ubergate''? Un breve riepilogo. 

Uber, un'inchiesta fa luce su condotte fraudolente Uber, un'inchiesta fa luce su condotte fraudolente

SUPER TESTE Succede che il gigante tecnologico californiano torna oggi alla ribalta delle cronache per le discutibili tattiche utilizzate durante il periodo in cui stava accelerando la propria espansione sui mercati globali. A sollevare lo scandalo è - tra altre testate - il britannico The Guardian, che riporta di aver ottenuto l'accesso a oltre 124.000 documenti grazie a Mark MacGann, 52enne irlandese ex capo lobbista di Uber per Europa, Medio Oriente e Africa.

CRONOLOGIA I file risalgono al quadriennio 2013-2017 e includono e-mail, iMessage e messaggi WhatsApp che rivelano conversazioni interne tra alti dirigenti e, in generale, mostrano come Uber abbia ingannato la polizia, esercitato segretamente pressioni su funzionari dei governi, infine - presumibilmente - cercato di trarre vantaggio dalla violenza contro i suoi stessi conducenti.

Travis Kalanick, cofondatore ed ex CEO di Uber Travis Kalanick, cofondatore ed ex CEO di Uber

ALTE CONOSCENZE La fuga di notizie riguarda anche messaggi dell'ex CEO Travis Kalanick in prima persona. I file mostrerebbero come Kalanick avesse sviluppato stretti rapporti con politici del calibro dell'attuale presidente francese Emmanuel Macron, ma anche dell'allora vide presidente Usa Joe Biden, il quale - in seguito a un incontro con il board della compagnia - modificò il proprio discorso al World Economic Forum di Davos affinché fosse più pro -Uber. Le grandi potenze mondiali, ma anche la ''campagna d'Italia''

OPERAZIONE RENZI Riporta L'Espresso che una intensa attività di pressione, dal 2014 al 2016, venne pianificata con l'obiettivo di agganciare e condizionare l'allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi e alcuni ministri e parlamentari del Pd. Nelle mail dei manager americani, Renzi viene definito ''un entusiastico sostenitore di Uber''. Da par suo, l'attuale leader di Italia Viva spiega di non aver ''mai seguito personalmente'' le questioni dei taxi e dei trasporti. Né il suo esecutivo avrebbe mai approvato alcun provvedimento in favore del colosso hi-tech.

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BUSINESS PLAN Documenti rivelano dopotutto come Uber, nel 2016, avesse pianificato di spendere 90 milioni di dollari in attività di lobbying e pubbliche relazioni, in gran parte nel tentativo di reprimere l'inevitabile contraccolpo sociale generato dalla propria indiscriminata espansione. Strategia in nome della quale Uber si sarebbe impegnata a scavalcare l'autorità dei sindaci locali, per ''corteggiare'' funzionari di grado superiore e ribaltare le leggi a protezione dei tassisti. Le cui feroci proteste, tutti ce lo ricordiamo, non si fecero attendere.

CARNE DA MACELLO? Corruzione e manipolazione. Uber avrebbe infatti utilizzato le proteste stesse a proprio vantaggio: un documento suggerisce come Kalanick avesse ordinato ai dirigenti della filiale francese di incoraggiare i conducenti Uber a organizzare contro-proteste. Questo nonostante gli avvertimenti di inflitrazioni di presunti estremisti di destra tra i tassisti pubblici, pronti a scatenare la guerriglia. Alle preoccupazioni su una possibile escalation di violenza, Kalanick avrebbe risposto che '' ne vale la pena''. L'ex CEO nega, tuttavia, di aver mai suggerito che la violenza contro i conducenti avrebbe dovuto essere sfruttata dalla società. A sua volta, un portavoce Uber ha definito l'indiscrezione ''completamente falsa''.

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PIRATERIA Altri documenti ancora rivelano come i dirigenti dell'azienda fossero pienamente consapevoli dello status di illegalità di Uber in numerosi Paesi: commentando le strategie aziendali, un dirigente avrebbe osservato come Uber fosse diventata ''ufficialmente una società pirata''. Ciò sollecitò in tempi non sospetti una serie di indagini e perquisizioni di uffici Uber in diverse località del mondo. Per tutta risposta, la compagnia ricorse a un ''kill switch'' in piena regola che interrompesse l'accesso alle proprie banche dati principali, impedendo alle autorità di raccogliere prove. In una dichiarazione, Uber conferma di aver utilizzato un metodo così poco ortodosso, giustificandosi sostenendo che tali protocolli sono comuni tra le aziende e che non sono progettati per ostacolare la giustizia.

ACQUA PASSATA? Nel frattempo Uber, commentando l'intera vicenda, ammette che sono stati commessi ''errori e passi falsi'', ma tiene a chiarire che dal 2017, con l'uscita di scena di Kalanick e l'arrivo dell'attuale Ceo Dara Khosrowshahi, l'azienda si è trasformata. ''Non cercheremo scuse per comportamenti passati che chiaramente non sono in linea con i nostri valori attuali'', affermano da San Francisco. ''Chiediamo invece al pubblico di giudicarci da ciò che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni e da ciò che faremo negli anni a venire''. Invece, potrebbe non finire qui.


Pubblicato da Lorenzo Centenari, 12/07/2022
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