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Guida autonoma

Non chiamateli navigatori: il futuro di TomTom è nella guida autonoma


Avatar di Claudio Todeschini , il 19/11/19

4 anni fa - TomTom, dalle mappe dei navigatori alla guida autonoma

TomTom, che il mondo conosce per i suoi navigatori, sta lavorando alle nuove mappe HD per il futuro della guida autonoma

PARTENZA DA AMSTERDAM Nei giorni scorsi siamo stati invitati ad Amsterdam, nella sede di TomTom, per scoprire più da vicino a cosa sta lavorando l’azienda che tutto il mondo conosce per i suoi navigatori. Nella sua sede, al termine di una giornata fitta di appuntamenti con alcuni dei suoi più importanti dirigenti, ci siamo resi conto che la rotta tracciata sulla mappa della storia di TomTom ha una destinazione inaspettata, e punta diritta verso le terre inesplorate della guida autonoma. Un viaggio, quello dell’azienda olandese, che ha avuto inizio quasi cinquecento anni fa. Seguiteci anche nel nostro, di viaggio, e non ve ne pentirete. 

LE PRIME MAPPE La prima bonifica in Olanda fu fatta nel 1533, e riguardava un piccolo laghetto poco più grande di quaranta ettari, un polder a sud del paese di Alkmaar. Fu quello, con ogni probabilità, uno dei momenti in cui la storia dell’Olanda cambiò per sempre. E con essa, quella del mondo intero. Il territorio minacciato dal mare costringeva i contadini a continue bonifiche di ampie zone di terra tramite argini, sbarramenti e mulini a vento che pompavano l’acqua marina e portavano alla luce il terreno da coltivare. Il paesaggio, insomma, cambiava in continuazione. Fondamentale, quindi, riuscire a tenere traccia delle modifiche al terreno, non foss’altro che per capire chi fosse proprietario di cosa. Da grandi pragmatici quali sono sempre stati, gli olandesi svilupparono in quel periodo tecniche che, negli anni, li resero tra i migliori cartografi del mondo, trasformando Amsterdam nel centro della cartografia mondiale. I primi atlanti che permettevano di avere un quadro il più possibile verosimile del mondo (per gli standard e le tecnologie dell’epoca) arrivavano proprio dall’Olanda. 

I primi furgoni di Tele Atlas che mappavano l'Olanda I primi furgoni di Tele Atlas che mappavano l'Olanda

COME SUPERCAR La storia delle mappe moderne non è molto diversa. Comincia nei primi anni Ottanta, e nasce anch’essa da una necessità estremamente pratica e concreta: ottimizzare la logistica per le società di consegne, con l’obiettivo di ridurre tempi di percorrenza e km percorsi. In quel periodo, molto prima dell’arrivo di Amazon e dell'esplosione del commercio elettronico, i sistemi di navigazione digitale erano poco più che fantascienza. Giusto K.I.T.T., la Pontiac Trans Am di Supercar, ne montava uno (finto, naturalmente). Fu l’olandese Alain De Taeye, fondatore di Tele Atlas, ad avere l’idea di provare a digitalizzare le prime mappe, sfruttando calcolatori e strumenti che oggi appaiono a dir poco primitivi. Le automobili di Google View erano ancora in là da venire: al loro posto c’erano enormi furgoni Mercedes carichi di apparecchiature e videocamere analogiche, che nel 1988 riuscirono a mappare circa il 30% delle strade olandesi. Il lavoro pionieristico di Tele Atlas venne affiancato da quello di Etak, società che aveva realizzato il primo navigatore portatile, acquisita da TomTom nei primi anni Duemila.

ORIENTARSI SENZA GPS C’era però un altro, importante problema da affrontare per rendere possibile la navigazione su un’automobile, o su un veicolo in movimento: fargli capire dove si trovasse. In quegli anni i primi satelliti GPS erano adibiti solo a uso militare, e non c’era quindi modo di farsi localizzare dall’alto, né tantomeno di aggiornare continuamente la propria posizione. Si cercava di ovviare, con approssimazioni a volte notevoli, analizzando i sensori dell’ABS del veicolo e cercando quindi di capire, in base alle curve e alla velocità della macchina, in quale punto della mappa (digitale) si trovasse. Un sistema grezzo, soppiantato poco alla volta dal posizionamento GPS, che sul finire degli anni Ottanta era stato aperto all’uso civile.

Il primissimo navigatore di TomTom Il primissimo navigatore di TomTom

LA RIVOLUZIONE DI TOMTOM È in quegli anni che cominciano a diffondersi i primi, rudimentali navigatori commerciali, dal Blaukpunkt con un semplicissimo schermo LCD capace di restituire solo le indicazioni di navigazione agli ingombranti dispositivi con display. È stato solo con l’arrivo del primo navigatore TomTom, tuttavia, che il paradigma della mobilità in auto è stato radicalmente trasformato: un accessorio portatile, molto meno costoso degli optional montati sulle macchine di lusso, che permetteva di abbandonare le enormi (almeno una volta aperte) mappe da tenere in macchina, soppiantate da un piccolo aggeggio capace anche di dare indicazioni a voce. Sono gli anni in cui TomTom entra ufficialmente nei vocabolari di tutto il mondo come sinonimo di “navigatore”, e in cui i parabrezza delle auto si riempiono di ventose a cui sono appiccicati i dispositivi della Casa olandese, venduti a milioni in ogni parte del globo.

BIG DATA In questi vent’anni le mappe si sono evolute, e con esse le esigenze di chi le usa. Il punto, oggi, non è avere mappe che siano precise, ma che lo siano sempre. I navigatori moderni non devono solo portarci dal punto A al punto B, ma devono farlo in maniera confortevole, evitando il traffico, i possibili lavori o le interruzioni dovute al maltempo. TomTom, come gli altri fornitori di mappe, monitora continuamente le strade di tutto il mondo: con oltre 600 milioni di device in giro per il pianeta raccoglie quotidianamente i dati relativi a 3,5 miliardi di chilometri e 48 trillioni di punti dati. Le sole informazioni generate da questi dispositivi potrebbero rimappare l’intera rete stradale olandese 250 volte al giorno. Una mole enorme di informazioni, che viene analizzata in maniera quasi del tutto automatizzata, con strumenti di Intelligenza Artificiale, in modo da capire la presenza di nuove strade, di blocchi, di traffico, e produrre gli aggiornamenti delle mappe.

Amsterdam vista dai dispositivi attivi in ogni istante Amsterdam vista dai dispositivi attivi in ogni istante

NAVIGATORI, MA NON SOLO La situazione odierna è molto diversa da quindici anni fa, evidentemente. Ne parlavamo anche quando abbiamo avuto modo di provare il nuovo TomTom Go Premium: la diffusione pressoché universale degli smartphone ha reso i navigatori classici abbastanza obsoleti, o quantomeno inutili, per la maggior parte delle persone. Il settore dei dispositivi di navigazione rappresenta però ancora il 30% del fatturato di TomTom, che dichiara di vendere 4/5mila device fisici al giorno (in tutto il mondo); gran parte del suo business si è però spostato sul software, sulle app di navigazione (come GO Navigation) e sulla fornitura di mappe a terzi: sue, per esempio, sono quelle degli smartphone di Apple, e dei navigatori montati su molte vetture. In alcuni casi, come Renault e Mazda, l’azienda olandese fornisce le mappe complete; società come Uber comprano le mappe di TomTom per i propri autisti. In altri casi, come per esempio Volkswagen, TomTom è provider delle sole informazioni sul traffico.

UN FUTURO AUTONOMO Nonostante le indiscutibili difficoltà di oggi, il viaggio di TomTom non si può dire concluso, tutt’altro. Nel 1600 l’Olanda è diventata il punto di riferimento nella cartografia per necessità. È successo lo stesso qualche decina di anni fa, grazie a una straordinaria capacità di anticipare quello che sarebbe presto diventato un bisogno di tutti. Il mondo sta nuovamente cambiando, e TomTom ha deciso di puntare verso quella che promette di essere una delle più grandi rivoluzioni dei prossimi anni: la guida autonoma. Che ha a che fare con le mappe molto più di quanto si potrebbe pensare.

Una mappa HD Una mappa HD

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LA PRECISIONE È TUTTO Cominciamo con lo sfatare alcuni concetti: per una guida realmente autonoma, le attuali mappe che usiamo tutti i giorni per camminare, per andare al lavoro o per spostarci in vacanza sono del tutto inutili. Il sistema GPS che posiziona i nostri telefoni e le nostre automobili sulle mappe digitali del mondo non è abbastanza preciso. Un’approssimazione di qualche metro va bene per dirci di svoltare a destra al prossimo incrocio, ma è fallimentare se deve condurre un’automobile in mezzo al traffico dell’ora di punta.

I PILASTRI DELLA GUIDA AUTONOMA La frase con cui introduce il suo intervento Willem Strijbosch, Head of Autonomous Driving di TomTom, non si presta a interpretazioni: “La guida autonoma è una realtà. Ancora in divenire, ma una realtà, e i suoi benefici sono enormi: in termini di sicurezza, di comfort di viaggio e di efficienza nei consumi. Noi di TomTom conosciamo così tanto il mondo, e come mapparlo, che la scelta di concentrarci sulla guida autonoma è stato un passaggio quasi naturale”. È lui a spiegarci che lo sviluppo della guida autonoma si basa su quattro pilastri fondamentali: il primo è la mappatura del territorio, ed è l’ambito in cui è attualmente impegnata TomTom; c’è poi il “sensing”, ossia il rilevamento dell’ambiente circostante, che viene svolto dall’automobile tramite sensori, telecamere, radar, collegamenti 5G e altro; c’è poi tutta la questione della “policy”, ossia dei processi decisionali che guidano il comportamento della macchina, un campo in cui in questi mesi si stanno svolgendo importanti dibattiti di natura etica e filosofica; l’ultimo pilastro è quello degli attuatori, ossia dei dispositivi a bordo che si occupano fisicamente di far compiere all’automobile le azioni determinate dal sistema di guida autonoma.

SEI LIVELLI DI AUTONOMIA Al momento sono stati definiti sei livelli di guida autonoma: il primo, livello 0, è quello in cui il guidatore controlla tutto quanto, anche sfruttando avvertimenti passivi generati dalla macchina (il sensore per l’angolo cieco, per esempio). Il livello 5 è quello in cui è l’automobile a occuparsi di tutto, e il guidatore è in realtà solo un passeggero che non deve fare niente. Non c’è volante, non ci sono pedali. L’Autopilot di Tesla, così come quello di molte altre auto, è un sistema di guida autonoma di livello 2, in cui la macchina controlla la velocità e il mantenimento di corsia. Fino a questo livello di autonomia, le mappe di navigazione attuali (le mappe ADAS) sono adeguate e sufficienti. Per i livelli dal 3 in poi servono altre mappe, chiamate mappe HD (ad alta definizione), ed è qui che entra in gioco TomTom

Quello che vede un'auto e il navigatore Quello che vede un'auto e il navigatore

LE MAPPE HD Le mappe ADAS sono molto elementari, quasi basiche, nella loro semplicità: il navigatore può anche dirci che ci troviamo su una strada a cinque corsie, e di inserirci nelle due più a destra per prendere la prossima uscita, ma si tratta di un’astrazione a puro beneficio dell’utente. Per il sistema si tratta sempre di una sola corsia di marcia. Non c’è modo di sapere quanto sia larga una strada, o quanto una singola corsia. Le mappe HD, al contrario, sono precise al centimetro. Sono mappe così complesse e ricche di particolari da non essere neppure leggibili da un essere umano, ma solo dalle macchine che dispongono della tecnologia per interpretarle correttamente. Detto in altro modo, non aspettatevele sul vostro telefonino in tempi brevi.

PRECISA AL CENTIMETRO Il primo passo nella creazione di una mappa HD è molto simile a quanto faceva Tele Atlas trentacinque anni fa: girare le strade con macchine in grado di raccogliere quante più informazioni possibili. La differenza è che al posto di videocamere analogiche, i nuovi veicoli di TomTom montano scanner laser e decine di altri sensori che disegnano - letteralmente - una mappa tridimensionale dell’ambiente circostante composta da milioni di punti. Una vera e propria ricostruzione tridimensionale della strada e di quanto la circonda. Una ricostruzione che comprende tutto: marciapiedi, linee di mezzeria, cartelli stradali, vegetazione, tombini, ostacoli e molto altro ancora.

COME FUNZIONANO LE MAPPE HD Perché la guida autonoma possa funzionare davvero, è fondamentale che la macchina sappia in ogni istante dove si trova, con estrema precisione, e dove sta andando. L’automobile deve poter trovare una assoluta coincidenza tra il mondo “letto” attraverso i suoi sensori (le telecamere a bordo, per esempio, ma non solo) e la mappa in alta definizione installata sul suo computer. Quello che accade per rendere possibile la localizzazione, in buona sostanza, è che il sistema cerca la “sovrapposizione” dell’immagine dell’ambiente circostante e quella della mappa, fin quando non coincidono. Ne deriva in maniera naturale che più la mappa è precisa, migliore la capacità dell’auto di sapere dove si trova, dove sta andando, e come arrivarci. La ridondanza di informazioni è fondamentale per gestire situazioni in cui alcuni parametri cambiano, o quando i sensori della macchina falliscono: un cartello stradale caduto per il vento, una strada coperta di neve, o la segnaletica in rifacimento. In questo senso, dunque, è fondamentale avere il maggior numero possibile di punti di riferimento anche esterni (i pali della luce, la vegetazione, la segnaletica stradale) così da poter sempre garantire la corretta precisione nella localizzazione della macchina in ogni istante.

L'auto di TomTom per le mappe HD L'auto di TomTom per le mappe HD

MAPS AS A SERVICE Fino a pochi anni fa le mappe erano la fotografia immutabile del mondo in un determinato istante. Un concetto non privo di un suo fascino, ma rapidamente soppiantato dalle esigenze di un mondo sempre più connesso. In futuro, secondo TomTom, anche le mappe diventeranno - come molte altre cose - veri e propri servizi, in continuo mutamento e capaci di adattarsi alle diverse esigenze, con l’obiettivo ultimo di rendere la guida autonoma quanto più sicura possibile. Una mappa come servizio erogato on-demand, insomma, in stile Netflix: si imposta la rotta sul navigatore, e il servizio - che TomTom chiama AutoStream - si occuperà solo di scaricare le mappe HD per quella porzione di mondo.

AUTO(NOMA) TRILLIAN TomTom non è l’unico attore in uno dei mercati che negli anni è destinato a diventare quantomai “caldo”, ma è sicuramente uno dei più attivi: la Casa olandese è stata la prima a mappare in HD alcune autostrade negli Stati Uniti, in Giappone e in Europa, e ha già firmato accordi con i principali Costruttori impegnati nei test di guida autonoma. La stessa TomTom sta sviluppando un proprio veicolo autonomo, chiamato Trillian (come l’astrofisica della Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams, un riferimento per i nerd di tutto il mondo, che riconosceranno anche alcune delle cifre della sua targa). L’altra realtà impegnata nelle mappe di domani è Here, che fa capo a un consorzio di costruttori di automobili (Audi, BMW e Daimler), nato sulle ceneri di Navteq e acquistato da Nokia nel 2007. Attualmente fornisce mappe a società come Alpine, Garmin, BMW, Oracle e Amazon.com. Anche Here ha sede ad Amsterdam, e siamo sicuri che non sia un caso.

ROTTA VERSO IL DOMANI Il viaggio verso la guida autonoma, insomma, è appena cominciato. Come cinquecento anni fa, il terreno è in continuo cambiamento, e come allora c'è bisogno di qualcuno che sappia tracciare una mappa utile ed efficiente. Ci rassicura il fatto che il lavoro sia nelle capaci mani dei maestri olandesi.


Pubblicato da Claudio Todeschini, 19/11/2019
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