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Prova su strada

in sella a: Kawasaki Z 1000


Avatar Redazionale , il 21/01/03

21 anni fa -

Faccia spigolosa, occhi da gatto, personalità da vendere, cuore da Ninja. Con la Z 1000 Kawasaki fa il suo debutto nel segmento delle naked sportive. Un attrezzo molto "Fun", nato per divorare una curva dietro l'altra. Ha una bella ciclistica, un motore dalla doppia personalità e un prezzo interessante.

COM'E' Tutto si può dire tranne che Kawasaki quest’anno non abbia osato. La voglia di togliere quelle voci di gamma un po’ stantia che circondano il marchio verdone, ha spinto manager, tecnici e progettisti tutti a cambiare politica commerciale e a sfornare dei modellini belli aggressivi.
È fatta, scorporato il big business delle petroliere (era la maggiore fonte di reddito per le Heavy Industries di Akashi), il prodotto moto assume una importanza di primo piano per Kawasaki. E siccome per guadagnare occorre vendere (e molto), ecco che ci scappa un rinnovamento generale della gamma, a partire, ovviamente dai segmenti più importanti. E Kawasaki osa, prima con la sportiva Ninja 600-636, poi con la Z 1000, Naked sportiva che va a colmare un bel vuoto all’interno della gamma verde lime. Una moto che mancava, che apre il capitolo due del nuovo corso Kawasaki da cui ormai è lecito attendersi altre piacevoli sorprese. Intanto, però, gustiamoci questa 1000 che per non smentire la innata voglia di sportività del marchio, eredita il motore di una Ninja la ZX-9R.

QUASI MILLE

Non così com’è, ci mancherebbe. Evidentemente, gli 899 cc della ZX-9R sono stati giudicati insufficienti per lo scopo cui erano destinati, per cui gli ingegneri di Akashi hanno pensato bene di dare un’alesatina ai cilindri, portando la cilindrata a 953 cc e di dotare il tutto di un bel sistema d’iniezione elettronica, con un quartetto di corpi farfallati da 38 mm (gli stessi delle aggressive ZX-6R), con tanto di farfalle secondarie per assicurare una risposta più morbida alle aperture del gas.

SCUDERIA BEN FORNITA

Della doppia farfalla ce n’è bisogno, sinceramente, perché con una potenza di 127 cavalli a 10.000 giri, e una coppia massima di 95 Nm a 8.000 giri, questo quattro cilindri promette faville. E la Z 1000 si candida senz’altro al premio di streetfighter più bombardona dell’anno 2003. I suoi propositi sono bellicosi: andare a dar fastidio a street fighter conclamate come la Triumph Speed Triple o la Aprilia Tuono, ma anche a Honda Hornet e Yamaha Fazer 1000.

NUOVA DENTRO

Incremento di cilindrata a parte, il quattro cilindri è stato profondamente modificato per sopportare senza troppi problemi i pistoni di diametro aumentato e offrire un maggiore coppia ai medi regimi. È Diversa anche la fusione della testata, con i condotti d’aspirazione più orizzontali come uso tra le moto naked.

DUE PIÚ DUE Certamente inusuale la scelta di adottare due silenziatori sdoppiati così che la Z 1000 ha ben quattro bocche da fuoco, per fortuna civili ed educate visto che non manca il catalizzatore ossidante che fa rientrare la Z 1000 nei futuri parametri Euro 2.

UN DIAMANTE DI TELAIO Inedita, per Kawasaki la ciclistica. Il telaio è una struttura a diamante con tubi di grosso diametro e pareti sottili, voluta apposta per lasciare che il design non fosse condizionato dalle travi del telaio (la stessa strada utilizzata dalla Honda per la Hornet). A far raggiungere la rigidezza necessaria provvede il motore che funge da elemento portante e stressato.

MOLLA SPORTIVA

Raffinate le sospensioni: che danno quel tocco di sportività in più alla Kawasaki in un settore dove molto naked spesso lasciano a desiderare. La forcella, a steli rovesciati da 41 mm, è regolabile nel precarico molla e nel ritorno idraulico (il ritorno solo su uno stelo però), mentre l’ammortizzatore con serbatoio del gas è mosso da un forcellone d’alluminio estruso a sezione esagonale derivato da quello della ZX-9R, e offre anch’esso la possibilità di regolare precarico molla e ritorno idraulico.

FRENI RACING

In mezzo a tutta questa sportività, logico che i freni non possano essere da meno. L’impianto anteriore arriva dritto dritto dalla ZX-9R; i due dischi semi flottanti da 300 mm sono lavorati da pinze Nissin a quattro pistoncini, mentre al posteriore lavora un disco singolo da 220 mm con pinza fissata direttamente al forcellone, senza asta di rinvio.

SPIGOLO CHE PASSIONE

Certo che l’impatto estetico è notevole, nonostante una certa tendenza ad essere un po’ moto-Mazinga, la Z 1000 ripropone anche nell’estetica una certa aggressività, sfoggiando linee sfaccettate e spigolose che la rendono assolutamente inconfondibile nel branco delle naked. Gli ingredienti sono quelli giusti. Il codino corto e sparato verso l’alto (è lo stesso della nuova ZX-6R) rende la vista laterale di questa moto molto compatta. La Z 1000 appare corta, gobbuta, cattiva, e già me la vedo senza il fastidioso (ma necessario) portatarga posteriore e con il gommone da 190 in bella vista: uno spettacolo.

QUASI UNA SPECIAL

Belli anche i cerchi lucidati con razze verniciate, mentre dà un po’ fastidio il motorino d’avviamento troppo in vista.  C’è un non so che di special nella "Z". Chissà, forse i designer giapponesi si sono ispirati alle numerose creature dei preparatori, che probabilmente hanno invogliato anche alla scelta di montare un piccolo cupolino che provvede ad incattivire la vista frontale di questa streetfighter, oltre a svolgere una modesta funzione di protezione aerodinamica.

DOV’È IL BUCO?

Questo, ovviamente senza nulla togliere alle finiture che sono più che buone (solo il gruppo degli iniettori avrebbe magari meritato un carterino di protezione). Ma, in generale la Z 1000 è ben fatta e si nota una certa attenzione al particolare come nel manubrio anodizzato o nel perfetto "nascondiglio" della serratura (è sotto il codone e se non si sa dov’è trovarla è un’impresa) che apre il sellino posteriore per dare luce ad un piccolo vano ove riporre un lucchetto o una tuta antipioggia leggera. Buttandola sul pratico cambierei anche la posizione dell'appiglio del cavalletto laterale. Adesso è dietro la pedana e non si raggiunge bene. Buttandola sul tecnologico, invece, si nota il cruscotto (lo stesso della Ninja 600) molto compatto e completamente affidato a display a cristalli liquidi (contagiri compreso). Tutto questo ad una cifra molto concorrenziale. La Z 1000 che è già disponibile presso la rete Kawasaki costa 9.989 € franco concessionario, considerate prestazioni e dotazioni il prezzo appare tutt’altro che esagerato.

COME VA

Il bello di questa moto lo capisci appena ci metti il sedere sopra. Le pedane rialzate e arretrate, il manubrio largo è li proprio dove lo vorresti trovare. Ci si allunga poco, perchè la moto è piccola e dimostra molto meno dei suoi 953 cc. Il manubrio è molto "sotto", il serbatoio corto ti fa avanzare verso l’avantreno, pare quasi di essere su una supermotard. La posizione di guida è perfetta per una moto del genere e la Kawa fa capire da subito che con lei ci sarà gran feeling perché ha misure compatte, una sella "umana" (820 mm), un angolo di sterzo che non costringe a fare tre manovre per invertire la marcia. L'unico appunto va agli svasi del serbatoio che sembrano studiati apposta per chi ha le gambe lunghe. Una piccola "bombatura" fa allargare un pelo troppo le gambe a chi non ha un fisico da cestita.

AVANTI CHE PIOVE

Ma per il resto la Kawa, non delude affatto, la prima parte del test si è svolta su strade fradicie di pioggia (e la costiera amalfitana non è certo nota per il gran grip del suo asfalto) e avere una moto che ispira così tanta confidenza non è male.

NAKED LIGHT

La sensazione di leggerezza è evidente appena le ruote cominciano a girare. Dei 198 kg dichiarati nemmeno l’ombra. La Z 1000 ha quote "svelte" (1420 mm d’interasse, inclinazione di sterzo 24°) e questo si avverte da subito appena si inserisce la moto nella prima curva. Bello, pare di andare in bicicletta, perché l’agilità è davvero notevole.

SORNIONA

Il motore invece sulle prime non m’impressiona, forse perché da un "quasi mille" mi aspetto una coppia che strappa le braccia da subito. Invece il quattro in linea della Kawa parte sornione, quasi a non voler spaventare chi guida mettendolo proprio agio, facendogli capire che la sua è una potenza buona. In effetti, sull’asfalto bagnato questa cosa fa solo piacere, così come quando si va a spasso ad un filo di gas la risposta non violenta non disturba di sicuro. Ciò non toglie che ci sia una certa pigrizia fino ai quattromila giri, prima di quella soglia non aspettatevi scalciate di coppia perché non ce ne saranno. Dai 4.000 in su però la musica cambia, la Z1000 volteggia in scioltezza tra le curve, il contagiri (che per inciso si vede poco, più che altro perché tutto il cruscotto è troppo in basso e costringe ad abbassare la testa per guardarlo) sale con brio fino ai 7.000 giri dove c’è il cambio di ritmo ed emerge il vero carattere Kawasaki, ma arrivano anche un lievi vibrazioni a livello di manubrio, pedane e serbatoio.

ZONA ROSSA

Dai 7.000 agli 11.800 giri del limitatore ci sono cavalli e coppia da vendere. Il quattro cilindri della "Z" ribadisce la sua parentela con il rabbioso 899 della ZX-9R e tira fuori gli attributi. La spinta si diventa esuberante il motore sibila di scarico e proietta la Z 1000 in accelerazioni notevoli, degne di una vera sportiva.

DOTTOR JEKYLL…

Una doppia identità, dunque, e visto cosa c’è nella zona alta del contagiri, alla fine personalmente non rimpiango un tiro maggiore ai bassi. Certo chi magari è abituato alla "castagna" di un bicilindrico o di un "triple" potrà vedere nella erogazione blanda ai bassi regimi un difetto, ma, considerando che moto come la Z 1000 non vanno in mano solo agli specialisti della manetta, il comportamento morbido ai bassi regimi della millona Kawasaki potrà ampliarne lo spettro dei potenziali acquirenti. Chi cerca la cattiveria ne troverà in abbondanza, basta scalare una marcia, e vi assicuro che quanto a prestazioni assolute la Z 1000 dice la sua.

ASCIUGANDO L’ASFALTO

Spunta un raggio di sole, poi due, poi il sole intero!! Questa volta per fortuna ci va bene e con l’asfalto che si asciuga spunta anche il sorriso ai tester che cominciano a divertirsi sul serio. Non c’è che dire, la Z 1000 è un vero attrezzo da divertimento, una Playstation su ruote dove il gioco sta nel percorrere il più velocemente possibile una strada con un milione di curve. Aumentando il ritmo non viene mai meno la sensazione di grande maneggevolezza, anche se man mano che le pieghe si fanno più "serie" il gommone da 190 fa sentire tutta la sua ingombrante presenza. Per questo la Z 1000, all’inizio molto rapida a scendere in piega, sembra poi "appoggiarsi" senza chiudere a dovere la traiettoria.

FUN, FUN, FUN

Tutto questo per fortuna non inficia affatto il divertimento di guida che resta di livello assoluto, anche perché l’avantreno della Z 1000 da davvero molta sicurezza, ed è pronto a smentire con i fatti chi pensa alle naked come a moto dallo scarso rigore ciclistico. In fondo anche questo è un marchio di fabbrica Kawasaki. Forzando il ritmo emergono i limiti della taratura standard delle sospensioni che vanno benissimo finché si va a spasso o nel tragitto casa ufficio perché filtrano come si deve le asperità, ma diventano troppo cedevoli (soprattutto d’idraulica) quando si spinge. In questo caso basta mettere mano alla cassetta degli attrezzi e regolare tutto a dovere.

DAVANTI PIANTATO

La confortante stabilità d’avantreno non viene meno neanche quando le velocità si fanno proibitive. La dove altre naked si rivelano magari un po’ ballerine (spesso a causa dell’effetto vela del pilota che tende ad aggrapparsi al manubrio) la Z 1000 non evidenzia alcun alleggerimento mantenendo irreprensibile la linea impostata. In velocità il motore fa valere le sue doti, spalancando il gas a 170 in sesta l’accelerazione è ancora notevolissima e la rapidità con cui il tachimetro è piombato sui 260 all’ora (e cen’era ancora) evidenzia un potenziale velocistico da Superbike. Peccato che per sfruttarlo occorra spalmarsi sul serbatoio: il piccolo plexiglass protegge appena il busto ma non il casco, che resta completamente esposto all’aria. Meglio che niente, certo, ma mantenere a lungo velocità superiori ai 140-150 richiede un collo in particolare forma. Ottimi anche i freni, anche se l’impianto pare leggermente meno aggressivo rispetto a quello gemello montato sulla Ninja 900, mentre il cambio di qualche esemplare ha manifestato una certa ruvidità d’innesto. In questo servizio:Caschi:Dainese Guerrero
AGV Demon TopGiacca:IXSGuanti:Spidi V-raceScarpe:Alpinestars Mk1
Pubblicato da Stefano Cordara, 21/01/2003
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