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In pista con il Gilera DNA 70 Malossi


Avatar Redazionale , il 15/10/01

22 anni fa - A scuola di pilotaggio

Ruote piccole che corrono forte quelle del DNA: lo scooter-moto Gilera è protagonista del trofeo organizzato dalla Malossi. Lo abbiamo provato in gara al Mugello in occasione del Gilera day. Due giorni di pista per capire quanto, questo tipo di gare, servano per lanciarsi nel mondo delle competizioni "grandi".

MUGELLO IN ROSSO Dicono che un pilota per essere completo deve saper

correre in tutte le categorie… Assolutamente vero, ma solo se tra queste sono compresi gli scooter. Ce ne siamo convinti di persona pochi giorni fa partecipando al Gilera Day, appuntamento tradizionale che ogni anno porta i gileristi all’autodromo del Mugello. Una due giorni in cui si sono sfidati i Dna 70 e i Runner 70 e 180, tutti equipaggiati con i Kit Malossi.  Quest’anno il Mugello ha anche ospitato la finale del Super Formula Runner il corso avanzato di guida sportiva che ha messo uno contro l’altro i migliori aspiranti piloti selezionati durante tutta la manifestazione itinerante che ha toccato varie piazze d’Italia, è questa la strada ideale per cominciare la carriera, il vincitore della Formula Runner avrà infatti a disposizione un team ufficiale per disputare il campionato 2002. A noi è toccato il DNA che non è proprio uno scooter, ma una moto cui è stato trapiantato il motore di uno scooter, con ruote intermedie (da 14 pollici) e posizione di guida che più motociclistica non si può.

LO ZANZARINO DA CORSA Dopo la cura Malossi, il DNA 50 esce praticamente trasformato, cambia totalmente, la cilindrata sale a 70 cc,

cambia completamente il gruppo termico (cilindro, pistone, testa) cambia la trasmissione (cinghia variatore massette), arrivano un nuovo carburatore e un nuovo scarico, cambia il monoammortizzatore posteriore (sostituito da un’unità Paioli regolabile nel precarico e nell’idraulica). Cambia anche la centralina elettronica che gestisce l’accensione. Insomma Il piccolo e apparentemente innocuo DNA si trasforma in un mostrino da una ventina di cavalli e 140 all’ora di velocità massima.

TUTTO AUTOMATICO

Correre in automatico significa cambiare il proprio modo di interpretare la messa a punto.
Si smonta, si rimonta, si cambiano rapporti e assetti, ci sono i pneumatici per l’asciutto e per il bagnato, proprio come accade con le moto "vere".
Anzi, qui è tutto ancora più esasperato, sbagliare rapporto con una moto da 150 cv può non essere un problema, basta dare il gas. Con uno scooter può invece significare la differenza tra la vittoria e l’ultimo posto.

IL CAMBIO IN MANO Ecco perché al Mugello i meccanici giravano sempre con i variatori in mano. Il sottoscritto, dall’alto della sua ignoranza, ha impiegato

almeno un giorno a capire che quando lo scooter è "pesante" non è che abbia mangiato troppo. Tutto è riferito alle massette che (grazie alla forza centrifuga) muovono il variatore cambiando i rapporti. Si agisce con il bilancino da orefice. I team più professionali girano con valigette piene di rulli, con pesi che incrementano di mezzo grammo in mezzo grammo.Tutto per far sì che il motore resti sempre "in coppia". E quanto a professionalità i team (colgo l’occasione per ringraziare il team Gabellini che mi ha ospitato) non sono secondi nemmeno a quelli del motomondiale.

CONTA IL PESO I mezzi  preparati meglio hanno anche un contagiri elettronico che consente di controllare passo dopo passo il lavoro svolto. Il settantino Malossi dà il meglio di sé dai 12200 ai 12700 giri, e lì deve sempre restare altrimenti è finita. È una questione di grammi… e di chili. Con le piccole cilindrate, il peso diventa importantissimo ecco perché ci sono sempre stati "gli specialisti", i "fantini" che grazie alla loro statura e al loro peso (ridotto) partono in grande vantaggio. Ergo, il sottoscritto partiva profondamente svantaggiato dai suoi ottanta kg (almeno 30 in più dei cosiddetti specialisti).

SEMBRA FACILE

guidare un "motorino" al Mugello. L'errore più grave è affrontare l'impresa con sciagurata superficialità.Ad un primo impatto la  tecnica di guida può sembrare semplice: gas sempre a manetta, colpo di freno, ginocchio per terra e via, cercando di sporgersi il meno possibile per prendere meno aria. Ma quando si affronta la Casanova Savelli (la famosa curva in discesa e in contropendenza) sul filo dei 140 all’ora e con il DNA che balla e la sensazione che tutto ti scappi da sotto si capisce che non è cosa da "dilettanti".

SCUOLA GUIDA Correre con questi "attrezzi" è comunque utile, si imparano un sacco di cose. Prima fra tutte quella di non restare mai da soli: la scia è essenziale come l’aria che respiri da sotto il casco. Senza scia non si fa niente, né il tempo in prova, né un buon piazzamento in gara. Ecco spiegato perché in prova si formano gruppetti da sette otto moto che si "tirano" l’un l’altra, proprio come fanno i ciclisti.

SEMPRE IN TENSIONE

L’importante è prendere il treno buono, poi si viaggia sempre a manetta, sempre in carena, sempre ad un millimetro da chi ti precede; così vicini che, volendo, gli si potrebbe slacciare anche il casco... E in fondo al rettilineo non si frena, non si frena, non si frenaaaaaaaa. Praticamente si stacca dentro la curva, ma più che una staccata vera e propria è una pinzatina proforma, giusto per dire che si è frenato: la moto va lasciata correre più che si può. Tutto ciò comporta una concentrazione costante, e la tensione alla fine ti distrugge.

MEGLIO INDIETRO

Anche la posizione in sella è essenziale: le piccole ruote da 14 pollici mostrano una tenuta sorprendente (e dire che sono le stesse Michelin Bopper che troviamo dal gommista) ma, specie sulle curve in discesa, l’istinto di andare a caricare l’avantreno deve essere represso altrimenti il DNA comincia a "remare". Meglio allora stare con il peso indietro, l’avantreno il più possibile scarico e utilizzare traiettorie il più possibile rotonde per far perdere pochi giri al motore.

MAI MOLLARE!

Gara è gara, e qui non si scherza per niente. Se in prova l’importante è sfruttare al massimo le scie, in gara la sostanziale uguaglianza delle prestazioni fa sì che si formino delle vere e proprie ammucchiate: ad ogni curva ci si sorpassa in venti per volta, si lotta gomito a gomito (e non per modo di dire) e chi chiude il gas è perduto. C'è una competitività incredibile che può anche spiazzare, soprattutto se (come è successo a noi in finale) si corre sul bagnato. Qui tutto si eleva all’ennesima potenza, occorre accarezzare lo sterzo, sfiorare i freni, muoversi in sella con estrema circospezione; andare in terra è un attimo.

FINE GARA Insomma, le gare di scooter sono un ottima palestra (a poco prezzo) per chi vuole iniziare una carriera motociclistica sportiva. Quello che ci ha più sorpreso però è stata la resistenza del motore: nonostante i maltrattamenti a cui è stato sottoposto non ha dato nessun problema, portandosi a spasso 80 kg per due giorni senza batter ciglio.


Pubblicato da Stefano Cordara, 15/10/2001
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