Logo MotorBox
Sport:

MotorBox al KTM trofeo Enduro


Avatar Redazionale , il 10/03/10

14 anni fa - Cosa succede se si butta uno stradista in mezzo ai fettucciati di una vera gara di enduro? Scopriamolo dalle parole di un collega che si è presentato allo sbaraglio a correre la prima tappa del trofeo KTM . Ecco il racconto di Marco Selvetti, uno che il f

Cosa succede se si butta uno stradista in mezzo ai fettucciati di una vera gara di enduro? Scopriamolo dalle parole di un collega che si è presentato allo sbaraglio a correre la prima tappa del trofeo KTM . Ecco il racconto di Marco Selvetti, uno che il fuoristrada "vero" fino ad oggi lo ha vissuto solo dietro i microfoni di MotoTV.


CONFESSIONE Da tempo promettevo agli uomini di KTM che lo avrei fatto. Prima o poi sarei entrato a testa alta nel mondo del fuoristrada vero. In questi anni ho avuto il privilegio di correre in sella alla KTM Superduke (moto nuda assolutamente sportiva) e ottenere anche qualche buon risultato compresa la vittoria lo scorso anno a Franciacorta.

CAMBIO ROTTA Perché racconto questo? Semplice, perché dopo anni di gare in pista, in cui la parola enduro per me significava scampagnate nei boschi con gli amici ho voluto (non senza un pizzico di incoscienza) provare a buttarmi nel fuoristrada agonistico, nonostante la mia assoluta inesperienza. La mia nuova compagna di giochi è la EXC 250 F, con le ruote artigliate, il motore quattro tempi, l'avviamento elettrico insomma la giusta compagna per chi inizia. Per comodità potremmo paragonarla, senza offesa naturalmente, alle Uno 60 diesel delle vecchie scuole guida in grado di partire al semaforo senza l'ausilio dell'acceleratore e quasi della frizione, che tanto rompevano le palle ingorgando il traffico a 15 all'ora restando rigorosamente in mezzo alla corsia.


CAMOSCIO 4T Dico moto facile perché quando sei appeso al manubrio con le pulsazioni a 180 (misurate con il cardiofrequenzimetro per tutta la giornata di gara) e ti tocca partire da fermo con le ruote in una cascatella con sassi smossi, lei si arrampica come un camoscio con un filo di gas. E ti aiuta da matti. Questo è il prodigio dell'enduro; se chiedi agli arancioni il perché, e non mi riferisco agli asceti arecrishna ma agli uomini KTM, ti rispondono che è merito della sospensione posteriore PDS e di un sacco di cose a me ignote.

COME FUNZIONA? Detto questo mi domando se chi legge sia a conoscenza delle regole dell'enduro moderno (o regolarità per i più passionali). E' tutto piuttosto semplice se mastichi tassello da anni. Non per me che fino ad oggi ho corso beatamente sull'asfalto e conosco una sola regola: demolire il cronometro partendo insieme con altri 30 pazzi non appena si spegne il semaforo e vedere per primo la bandiera a scacchi. IL TEMPO È RELATIVO Nell'enduro invece il tempo assume un valore diverso. Da una parte c'è appunto la regolarità cioè il rispetto di una tabella oraria prestabilita che impone di arrivare al punto X (controllo orario) e passarci fisicamente attraverso nel lasso di un tempo preciso (ad esempio dalle 11:30':00 e non oltre le 11:30':59") pena minuti di penalità. Poi ci sono le vere prove cronometrate. Una è la linea da ripetere due volte e il fettucciato tre. Alla fine della giornata prove e controlli orari vengono sommati per definire la classifica.


Luis in azione
nel fettucciato
PRIMA REGOLA Attenzione ai consigli. Non chiedere mai consigli importanti ad altri piloti in gara. Perché? Semplice, il tuo interlocutore potrebbe essere il Giò Sala di turno (e nella bergamasca ce ne sono più di quanto si pensi) che nemmeno la salita all'Everest senza ossigeno potrebbe metterlo in difficoltà. Lo scrivo perché è successo! Io ho chiesto consigli a Luis Ghislandi meglio noto come il braccio destro di Salminen, amico storico di Angelo Crippa (A.d. di KTM Italia), che mi ha condotto alla scoperta del campo di gara.

SALITA? Per lui ogni salita è buona per dare tutto il gas in terza, quarta e addirittura quinta, cercando l'appoggio e modificando l'orografia tra Liguria e Piemonte. Finito il giro di perlustrazione, da fare rigorosamente a piedi, si sbrigano le formalità del caso attaccando il kit adesivi del trofeo alle moto, si controllano le licenze e, soprattutto, la moto va accompagnata al parco chiuso il sabato pomeriggio. Da questo momento in poi il cavallo di metallo dovrà attende silenziosamente, il proprio pilota fino al momento della partenza fianco a fianco a tutte le altre 200 KTM enduro iscritte al trofeo.


COME È ANDATA? Domenica mattina ha fatto freddo, molto freddo, ma almeno non ha nevicato come tutti avevano previsto. Solo un leggero cappello bianco sulle montagne vicine ma nulla di più. Posso dire con orgoglio che è andata alla grande. Ma soprattutto che adesso mi fa male tutto: unghie, lobi delle orecchie e perfino l'attaccatura dei capelli! Ma in mezzo a questa sofferenza ho scoperto che:

MOCCOLO? NO, INTERCALARE L'imprecazione nel mondo dell'enduro può essere utilizzata per diversi scopi. Una congiunzione grammaticale? Va bene! Una pausa di riflessione? Si! Una cosa sorprendente? Pure! Anche il piacere di rivedere un amico caro? Certo! Ma soprattutto è l'urlo di fatica quando si tenta di rialzare la moto che è finita nel precipizio a testa in giù! E' un modo, quindi, di evitare inutili giri di parole o voli pindarici.


LA CAPITALE L'enduro è una passione mondiale, globale. Ma nemmeno esisterebbe se non esistessero i bergamaschi. Bergamo ne è indiscutibilmente la capitale mondiale. Nelle valli credo lo praticassero già nel paleozoico, quando l'Uomo Herectus scoprì il fuoco, qualcuno da quelle parti stava già risalendo una mulattiera. E inventava le prime imprecazioni. Endurista e bergamasco quindi sono quasi sinonimi. Se stai con una, stai anche con gli altri, è inevitabile. Ho capito (spero non si offenderà nessuno) che il bergamasco è una lingua essenziale, ermetica praticamente priva di consonanti e che necessita almeno un poco di assuefazione. Es. "hòn ìniìc ù èl iùm". Traduzione. "Sono finito giù nel fiume". (ovviamente con la moto).

DA SOLI Ho scoperto che l'enduro è uno sport individualista e se finisci nel burrone e non nel fiume almeno fallo in un posto dove tutti ti possano vedere, nessuno si fermerà ma qualcuno a fine giornata potrebbe ricordarsi di averti visto da qualche parte.

Ho scoperto che l'enduro è un massacro sotto ogni punto di vista, la fatica è massima i panorami sono meravigliosi, ma tanto non li vedi perché sei concentrato a guardare il cronometro e a non finire nel burrone di cui parlavo prima.


SENZA FORZE Ho scoperto che l'enduro è fichissimo perché a metà del secondo giro ho realizzato di non aver più energie e avevo voglia di mandare tutti a quel paese, cercare un ristorante con camino acceso e piatto di pizzoccheri (anche se ero in Liguria) pensando che, in fondo, la rinuncia alla gara, ai controlli orari e tutto il resto non sarebbe stata una cosa così terribile. E invece sono andato avanti lo stesso pasteggiando, quando sono riuscito, a barrette energetiche al cioccolato (che nemmeno mi piace) e power-gel al gusto limone, che però sa di plastica. Così sono arrivato sempre al controllo orario con precisione svizzera e mi sono buttato a capofitto nella linea senza sapere da che parte girasse, tra curve, salite e il solito burrone.

RITORNO ALLA CIVILITÀ E poi, diciamocelo, ad un certo punto si torna anche sull'asfalto dove mi è sembrato naturale lanciare a folle velocità la mia KTM in discesa ben oltre i 100 Km/h senza problemi dimenticando che prima o poi avrei dovuto farla curvare, che le ruote avevano i tasselli e la strada era fredda come la Siberia.


La metamorfosi:
da uomo a endurista
Ho scoperto che nell'enduro non si è poi così soli, perché in paese Sergio e un suo amico (di cui non so nemmeno il nome ma che ringrazio) mi hanno aspettato pazientemente, coccolato e spronato; che il rifornimento di carburante è una fase concitata, brevissima ed emozionante come nell'endurance: che i secondi sono preziosi quanto l'ultima stilla di energia. Quella stilla che ho usato per portare la moto a fine gara al parco chiuso a motore spento (porca tr... che fatica) per poi poter finalmente dire: ce l'ho fatta.

40 OUT Parlando di numeri posso dire che una quarantina di piloti ha dato forfait e al parco chiuso la moto non l'ha portata: andrà meglio quando farà un po' più caldo. Che sono arrivato credo 27mo della mia categoria e credo 136mo su 196 al via, che ho consumato circa 13 litri di carburante per circa 120 chilometri di gara. Ci sono un sacco di credo e tanti circa legati ai numeri di questa mia prima esperienza. Di sicuro sono caduto e ho rialzato la mia povera KTM almeno 15 volte ma ho perso il conto alla quarta volta; ed è altrettanto sicuro che non vedo l'ora che sia il 25 aprile per tornare in sella questa volta nelle Marche. Perchè l'Enduro ti prende… Chiudo dicendo che il motto dell'enduro è: "se sei incerto tieni aperto". Traduzione "Si t'set enhèrt tign ahèrt". E quando sei nel bosco il cielo solo sa quanto sia utile questo motto…


Pubblicato da Marco Selvetti, 10/03/2010
Gallery