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La scomparsa di Alejandro De Tomaso


Avatar Redazionale , il 22/05/03

20 anni fa -

Settantaquattro anni. Non ancora molti per morire. Soprattutto per una persona determinata, vitale e intraprendente come il "signor Alejandro". Ma dopo aver combattuto per dieci anni contro un cuore capriccioso, martedì sera ha dovuto cedere alla sorte. Con lui se ne va un pezzo di storia dell'auto, della moto e dello sport.

Lunatico, controverso, scomodo, sognatore, Alejandro de Tomaso nasce a Buenos Aires nel 1928 da una ricca famiglia di proprietari terrieri e con un noto uomo politico come padre. La passione per i motori e il suo credo anti-peronista, per il quale fu costretto a lasciare il suo paese, lo portarono presto in Italia. E’ il 1955 quando si trasferisce a Modena per tentare l’avventura di pilota. Correrà per due anni con la Maserati e nei tre successivi per la OSCA. Riesce a segnalarsi in qualche gara, tra cui una 12 Ore di Sebring, ma la troppa irruenza e spericolatezza consigliano impegni meno pericolosi.

Nel 1959 fonda a Modena, eletta a sua nuova "patria", la De Tomaso, adottando come logo una T stilizzata sullo sfondo della bandiera argentina, lo stesso utilizzato dalla famiglia per marchiare il bestiame di casa. Inizia a produrre monoposto di F2, utilizzando un telaio Cooper e un motore OSCA.

Nel 1963 tentò il primo approccio con la Formula Uno, con motore Alfa elaborato da Conrero, ma iscritto al GP di Monza riuscì a compiere solo due giri di prova. Gli andrà meglio sette anni dopo, nel 1970, quando con una F1 realizzata con un giovanissimo Gianpaolo Dallara riuscì a disputare alcune gare. La monoposto montava un V8 Ford-Cosworth di 3000 cc e il pilota era Piers Courage.

Nel 1963 inizia anche la sua produzione di serie. La prima auto è la Vallelunga, berlinetta con motore posteriore e telaio monoscocca a trave centrale, presentata al Salone di Torino dello stesso anno. Il motore è un Ford 4 cilindri da 1500cc e 105 cv. De Tomaso si impone al pubblico e parallelamente alla produzione sportiva inizia a sfornare supercar di prestigio. Nel 1967 arriva la spider Pampero, derivata dalla Vallelunga, e la GT Mangusta, con motore V8 Ford di cinque litri.

Vulcanico e iperattivo, De Tomaso trova anche il tempo di produrre una vettura elettrica, la Rowan, in collaborazione con la Rowan statunitense, che ha fornito le parti elettriche, e la Ghia, per la carrozzeria. Della De Tomaso le parti meccaniche. Ma come molte altre sue iniziative, anche questa non avrà fortuna: pur garantendo un’autonomia di 300 km e una velocità massima di 70 km/h è troppo in anticipo sui tempi.

Sempre nel 1967 De Tomaso allarga la sua attività diventando presidente della Carrozzeria Ghia e acquisendo il controllo della Carrozzeria Vignale.

Tre anni dopo la Mangusta ecco la Pantera, una delle più riuscite supercar di De Tomaso, quella che gli porterà celebrità e fama internazionale. Due posti, aggressiva, accessibile nel prezzo rispetto alle altre rivali modenesi, monta il solito V8 Ford, qui in versione 5.7 litri, in posizione centrale. La potenza raggiunge i 330 cv e la velocità massima è di 260 km/h.

Sempre nel 1970 arriva la Deauville, berlina quattro posti, sportiva e lussuosa, con motore anteriore e

trazione posteriore, capace di raggiungere i 200 km/h. Sarà quindi la volta della Longchamp (1972), lussuosa coupé 2+2, quindi di una versione più economica della Pantera. Sarà l’ultima produzione di De Tomaso prima dell’arrivo della Ford che nel 1972 assume il pieno controllo della società (l’80% del capitale) togliendo ad Alejandro la gestione di ogni attività.

Con il capitale intascato dalla vendita della propria azienda De Tomaso si butta a testa bassa nel campo motociclistico. Nel 1971 era già entrato in possesso della Benelli, che allargherà più tardi con la Guzzi.

L’auto però è sempre nel suo cuore e nel 1975, grazie all’aiuto del governo italiano (attraverso la Gepi) rileva la Maserati dalla Citroen. Due anni dopo ripete l’operazione con la Innocenti, nel tentativo di salvarla dalla crisi e di rilanciare le vendite della Mini.

Il trionfo di Alejandro arriverà nel 1981, con il lancio della Biturbo, una quattro posti di grandi prestazioni (180 cv e 215 km/h) e comfort che troverà subito un grande seguito tra gli appassionati di queste auto. Nel 1984 un altro debutto con la Quattroporte. Inizia quindi una serie di attività finanziarie che porterà nel 1990 alla cessione del 49% Maserati alla Fiat, quindi nel 1991 alla cessione della Benelli.

Nel 1993 l’evento che determina le ultime vicende di De Tomaso: un ictus che lo costringerà su una sedia a rotelle, e la decisione di cedere tutto il pacchetto Maserati alla Fiat. Nel 1995 anche la Guzzi cambia padrone. Gli resterà la De Tomaso che aveva rilevato a suo tempo dalla Ford e con la quale tenterà l’avventura della Guarà prima e della costruzione in Calabria del fuoristrada russo Uaz.


Pubblicato da Gilberto Milano, 22/05/2003
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