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Prova su strada

Triumph Rocket III


Avatar Redazionale , il 30/06/04

19 anni fa -

La più grossa, la più coppiosa, la più tutto. Esagerata in tutto, la Rocket III e con lo sguardo stralunato d'ogni Triumph "giusta" e un motore oversize. Prepotente di sicuro ma a sorpresa anche tanto gestibile. Si guida meglio di quel che si creda e frena anche bene.

COM'E' Ricordo come fosse oggi quando mio padre comprò una Lancia 2000. Ero solo un bambino, ma a quei tempi avere "il 2000" era un punto di arrivo, un macchinone con un motore enorme che certo spiccava tra Fiat 128, 124 e Giulia 1300. Oggi, che il 2000 ce l'hanno tutti, per avere la sensazione di guidare qualcosa di veramente grosso, devi spostarti sulle moto. E magari appoggiare le gentil-terga sulla Triumph Rocket III. Che di ruote ne ha solo due ma quanto a cilindrata, dimensioni, coppia, accelerazione non è davvero seconda a nessuno.

MAD BRITISH

Che su, oltre la manica, siano un po' fuori di testa non ci sono ormai più dubbi. Del resto, come dargli torto? Per spiccare in un mondo fatto di mezzi che si somigliano tutti, o ti attacchi alla tua grande storia (e l'hanno fatto con le Bonnie), o cerchi di fare qualcosa di assolutamente "fuori", caratteristico, e inconfondibile. Beh, che dire, se volevano stupire hanno pienamente centrato l'obbiettivo.

SCHERZI A PARTE

Quando le prime indiscrezioni trapelarono dalla rete, sembrava persino fosse uno scherzo. Invece, pian piano (ma nemmeno poi troppo considerato che la gestazione è stata di soli quattro anni) la Rocket ha preso vita. Forse, ragionando superficialmente, ci si può anche fare qualche domanda sull'utilità di una moto del genere, ma l'esperienza mi ha insegnato la lezioncina "guida prima, giudica poi" e così ho fatto anche con questo gigante su due ruote. E poi si sa, la moto esula da qualsiasi discorso razionale è emozione pura.

SCARPE GROSSE...

Gigante che non ha assolutamente i piedi d'argilla, ma anzi approfitta del consistente appoggio di un mostruoso pneumatico posteriore da 240/50 destinato a sopportare tutta l'irruenza del suo tre cilindri. Il motore è proprio l'elemento più di spicco della power-cruiser inglese. Tre cilindri uno dietro l'altro disposti longitudinalmente. Per ritrovare una soluzione del genere dobbiamo tornare all'epoca di Lawrence d'Arabia, quando le Indian montavano longitudinalmente i loro quattro cilindri in linea. Un revival che non può che donare alla Rocket la dovuta originalità tecnica. A guardarlo pare un pezzo di Scania segato e messo li, nel telaio. Complicato, e mastodontico, non bellissimo esteticamente, diciamocelo, ma certo il fulcro che attira gli sguardi di chiunque (soprattutto sul lato destro a cui escono gli scarichi).

GIGANTE TECNOLOGICO

Pare rozzo, e invece ha dentro un mare di tecnologia. Il suo stesso layout non è banale. I cilindri non sono perfettamente in asse ma spostati sulla destra, il cambio è affiancato a bilanciare il peso, con alberi controrotanti che annullano di fatto la coppia di rovesciamento (altro che BMW) e un bel cardano (il primo di Triumph). Per rendersene conto basta dare una sgasata in folle e vedere che la moto praticamente non si muove.

COPPIA ADDOLCITA

E poi c'è l'iniezione con doppia farfalla e una mappatura particolare che tiene conto tra i vari parametri anche della marcia innestata e che provvede ad addolcire la coppia del 7% in prima e seconda per evitare di sbrindellare il pneumatico (o di disarticolare le spalle di chi guida) ad ogni ripresa. I tre pistoni (diametro 101,6 mm, lo stesso della Dodge Viper) si muovono per una corsa di 94,3 mm, cilindrata esatta 2.294 cc per una potenza dichiarata di 140 cavalli e una coppia per cui la definizione "da trattore" non è mai stata così adeguata: 200 Nm a 2.500 giri, con disponibilità del 90 % (ovvero 180 Nm) a soli 2.000 giri. Insomma se vi piacciono le cruiser ma andate molto di fretta la Rocket fa al caso vostro.

A ME GLI OCCHI

Attorno al motore è stato costruito tutto il resto, dal telaio a doppia culla (il motore ha funzione portante) alle sovrastrutture in perfetto stile power cruiser e con le immancabili cromature. Senza dimenticare lo sguardo allucinato del doppio faro, ormai un marchio di fabbrica delle Triumph più maleducate. Gli ingredienti per catalizzare gli sguardi ci sono tutti.

TRIBALE PER COLPIRE

Nella versione Tribal della nostra prova (la prima arrivata in Italia), poi, c'è anche la grafica. Perché se la nera passa quasi inosservata, e la bordeaux è un po' smortina, questa Tribal tutta tatuata è davvero il massimo dell'egocentrismo. Insomma, se dovete fare gli ignoranti, fatelo fino in fondo, anche se questo vi costa la bellezza di 3000 euro in più da aggiungere ai 19.000 del modello "di serie". Cara? Evidentemente non abbastanza, visto che i 120 esemplari previsti da qui a settembre sono andati tutti bruciati in un attimo.

COME VA Inutile dire che mi sono avvicinato al "mostro" con una certa circospezione, le dimensioni sono a dir poco imponenti tanto che l'Harley Road King con cui sono arrivato in Triumph al suo cospetto faceva la figura di una graziella. Per non parlare della Kawasaki Mean Streak con cui si è presentato il collega, arancio come la Rocket, solo che sembrava in scala 1:2.

SURPRISE!

Poi come sempre è il momento delle sorprese. La frizione innazitutto, senti parlare di 20 chili di coppia e ti immagini che quel comando a cavo alla fine avrà la meglio sui tuoi tendini. Invece tiri la leva (piacevolmente sottile e regolabile nella distanza) ed è incredibilmente morbida, tanto da farti guardare se il cavo attaccato c'è davvero. Una bella lezione per chi (senza fare troppi nomi di moto italiane) non ha ancora saputo risolvere l'annoso problema della frizione dura pur con una coppia dimezzata.

UN MOSTRO GALANTE

I primi metri li percorro cautamente. Il motore in realtà è molto più dolce di quanto ci si possa immaginare. Davvero ottimo il lavoro svolto sull'iniezione, assolutamente priva di effetto on-off, anche se poi ci pensa la possenza del motore a fare il resto. Se sfiori il gas, vai via in soupplesse; poco di più ti ritrovi con un interruttore elettrico al posto dell'acceleratore. Apri due millimetri e schizzi in avanti (con il contagiri ancora sui 2000 o poco più), e meno male che nelle prime due marce la coppia è limitata! La moto in prova poi aveva gli scarichi "america" un po' più aperti e con un rumore a dir poco gasante. Assolutamente da consigliare come optional (vedi sopra alla voce ignoranza).

SIGNORI, SI GUIDA

Anche la Rocket conferma il detto che le moto, tutte le moto, vanno guidate prima di giudicare. Sinceramente a guardarla non le dai cento lire. Ma il mastodonte è meno impacciato di quanto possa apparire. Non è che ve la voglio far passare per un moscerino, il peso c'è, le dimensioni pure e te ne accorgi nelle manovre a motore spento. Ma a dare una mano al pilota ci sono anche un manubrione king size (tanto largo che quando devi girare fino in fondo devi anche torcere il busto), un baricentro piazzato basso (l'albero motore da 17 kg è a soli 20 cm da terra perché la lubrificazione è a carter secco) e un buon equilibrio ciclistico.

SI APPOGGIA SUL GOMMONE

Certo occorre anche fare i conti con il ciclopico gommone da 240, che se non ha certo problemi di spalla, ha anche un profilo piuttosto piatto. Quindi, la Rocket tende ad appoggiarvisi sopra, soprattutto se si guida come una cruiser qualunque, solo di manubrio. Basta capirlo e aiutarsi un po' con il corpo a tirarla giù per capire che, in fondo, la 2.300 Triumph si muove meglio di quel che ci si possa aspettare.

POSIZIONE OK

Tra l'altro a differenza di altre power Cruiser la Rocket ha una posizione di guida decisamente meno incongruente. Niente piedi sul mozzo davanti, il manubrio è largo ma le gambe sono meno distese che altrove e questo aiuta senz'altro il controllo anche in velocità. Le pedane poi sono tra le più alte che si possano trovare nel settore, ciò non toglie che con tutto l'appoggio che ha a terra (non dimentichiamo che anche il pneumatico anteriore da 150/70 non è certo smilzo), la Rocket III arrivi presto a raschiare i piolini sull'asfalto.

A TUTTO MOTORE Ma il piacere di guida di questa moto lo dà tutto il motore.

Veramente mai avevo provato nulla di simile, prontissimo, possente, prepotente ma mai violento, e non vibrante. La Rocket te la godi giocando con il gas e usando poco un buon cambio a cinque marce (ma potevano farne anche meno). Il tre cilindri fa davvero impressione, soprattutto nei transitori, in quinta bastano sei secondi per passare da 140 a 180 indicati, una ripresa entusiasmante accompagnata dal classico rumore rauco del triple. Un motore che gira pianissimo (a 100 all'ora 2.000 giri) e ma che fa un sacco di strada e che volendo arriva a stuzzicare il fondocorsa del tachimetro a 230 indicati. Condizione necessaria avere braccia e collo assolutamente allenati.

FRENI SPORTIVI

E nel giudizio positivo sulla Rocket rientrano anche i freni, due dischi da treeventi ereditati dalla Daytona 955 e un discone posteriore da 316 mm grosso quasi quanto il cerchio e fatto su misura per lei. Alla fine frena anche bene. Insomma la Rocket non è più inutile di molte altre sue sorelle su due ruote. Almeno a lei il carattere non manca.
Pubblicato da Stefano Cordara, 30/06/2004
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Listino Triumph Rocket III
Allestimento CV / Kw Prezzo
Rocket III R 165 / 121 24.495 €
Rocket III GT 165 / 121 25.295 €

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Scheda, prezzi e dotazioni Triumph Rocket III