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Prova

Triumph Classiche 2012


Avatar Redazionale , il 24/04/12

12 anni fa - Piccoli aggiornamenti per la gamma Triumph Classiche 2012

Per il 2012 Triumph rifà il trucco alla gamma delle Classiche senza intaccarne l’anima retrò. Si parte dalla Bonneville, a 8.319 euro, per arrivare alla Scrambler, proposta a 9.378 euro.

S’INVECCHIA ALLA GRANDE In un quadro composto da naked da 130 cv e supersportive da 200, le sensazioni di semplicità e immediatezza trasmesse da moto come la Triumph Bonneville sono disarmanti. Niente effetti speciali o numeri da capogiro: qui quello che c’è si vede immediatamente. Grazie al suo fascino immune dalle ingiurie del tempo, in Triumph han pensato bene di evitare di fare una frittata, azzardando dei taglia&cuci che andassero a intaccare le linee classiche di Bonneville e compagnia bella. Steve McQueen vive in lei e oggi più che mai dal suo tondo faro rieccheggiano note d’altri tempi. Come lei, anche le altre componenti della famiglia Classic rimangono tali e quali, a meno di qualche colorazione inedita, segno di come, quando un modello è nato bene, non serva riprogettarlo tabula rasa ogni anno.

RITORNO ALL’OVILE Il capitolo Classiche è composto da diversi paragrafi e per chi non fosse un aficionado del Marchio facciamo un rapido sunto. A far da portabandiera è sicuramente la Bonneville. Moto dal look intramontabile, ha fatto la fortuna del brand Classic grazie al suo fascino minimalista e a un’esperienza di guida retrò. La sua prima declinazione è la Bonneville SE, che aggiunge al pacchetto originale alcuni particolari come il cruscotto completo di contagiri, carter motore spazzolati (anziché neri) e griffe sul serbatoio in rilievo anziché essere delle semplici decal. L’altra variante prevista è la Bonneville T100. Nata come versione accessoriata della Bonneville, prevede cerchi a raggi (quello anteriore da 19, non da 17 come sulla SE) e carter motore cromati/neri opachi (a seconda della versione). Gli altri due paragrafi del capitolo Classiche sono la Triumph Scrambler e la Triumph Thruxton. La prima è la storica tuttofare, con cerchi a raggi, gomme vagamente tassellate, sella alta (825 mm) e doppio scarico laterale. E’ con lei che Steve McQueen girò il celebre film La Grande Fuga (anche se cammuffata), che contribuì a rendere Triumph un’icona degli anni settanta. Dulcis in fundo, la Thruxton. Cerchi a raggi e manubrio basso che più basso non si può, la Thruxton è la vera Cafè Racer del gruppo, con quel tondeggiante faro che richiama alla mente le moto da corsa degli anni sessanta. Queste le portate. Andiamo a scoprirne i sapori.

MECCANICA CONDIVISA Parlando di meccanica bruta, le cinque inglesine condividono la stessa base a partire dal motore, ormai divenuto un classico. Bicilindrico parallelo raffreddato ad aria con distribuzione bialbero, ha una cilindrata di 865 cc ed è abbinato ad un cambio a cinque marce. A seconda delle versioni è in grado di esprimere potenze differenti: 67 cv a 7.500 rpm per le Bonneville, 1 significativo cv in più per la Thruxton. La Scrambler fa un po’ storia a sé: mentre per le sisters il motore ha un manovellismo a 360°, sull’endurona è fasato a 270°. E’ vero, in questo modo si perde per strada qualche cavalluccio (58 a 6.800 rpm) ma ne guadagna l’erogazione, con il 90% della coppia massima (68 Nm) disponibile a soli 2.500 rpm. Per quanto concerne la ciclistica, tutto trito e ritrito: telaio doppia culla in acciaio, si occupa di tenere in grembo il motore che non è elemento stressato. Davanti una forcella Kayaba da 41 mm fa scorrere la ruota per 120 mm, mentre controllare il forcellone in acciaio ci pensa un doppio ammortizzatore con molle cromate.

NOVITA’ DI COLORE Ma cosa cambia per il 2012? In sostanza, poco o niente se non a livello di colorazioni. Per la Bonneville standard è previsto un nostalgico Aurum Gold, mentre per la T100 si parla di un inedito Cranberry Red/New England White e del Graphite/Phantom Black arricchito da una sottile pipeline in oro realizzata a mano. A chiudere il trenino la Scrambler, proposta in un aggressivo color Matt Black che va a sostituire l’attuale nero. Per il resto, tutto già noto. Sale l’inflazione, salgono i prezzi, che sono mediamente un centinaio di euro più alti dell’anno scorso. Si parte infatti da 8.319 euro f.c. per accaparrarsi una Bonneville, fino a raggiungere quota 9.378 euro f.c. per diventare proprietari di una Scrambler/Thruxton. Se siete dei cinefili, sappiate che spulciando il listino troverete una Bonneville Steve McQueen Edition con particolari dedicati. Occhio al prezzo però: 9.990 euro f.c.

DI CHE TRIUMPH SEI? Queste prove sono sempre un po’ imbarazzanti: nulla di grave, beninteso, ma sbilanciarsi su quale sia la moto che personalmente preferisco è sempre un terno al lotto. Il rischio, infatti, è quello d’incorrere nelle classiche diatribe da bar, con discussioni accese sul perché e il per come. Evitando quindi giudizi provocatori, procedo alla rassegna delle classiche senza nessun pregiudizio, come se non ne avessi mai sentito parlare.

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CHI BEN COMINCIA... Caso vuole che la prima su cui poggi le terga sia la perfettina Bonneville SE, in una seducente colorazione arancio. E l’inglesina sorprende da subito: posizione di guida promossa a pieni voti, quel perfetto mix tra comodità (garantita da un sellone come oggi non se ne vedono più) e un pizzico di sportività, visto  che consente un buon controllo nella guida incalzante. La sella poi, farà la felicità di mogli e fidanzate data la sua ridottissima altezza da terra (740 mm) che non obbliga a nessun tipo di contorsionismo. Nella prima parte della prova capita spesso di trottare nei budelli di paesini collinari, con un pavè che metterebbe alla prova anche le coste di un rugbista. Risultato? La Bonneville procede senza scomporsi, con le sospensioni che filtrano ogni asperità o buca senza telegrafarle direttamente alle vostra spina dorsale. Benissimo, posso tentare la Grande Fuga dal centro paese, vedendo le strade aprirsi.

TUFFARSI NEL VERDE In questi frangenti, scorrendo tra un campo di patate e uno di carote, la Bonneville è come il cacio sui maccheroni. E in questo il motore aiuta moltissimo. Gustoso è l’aggettivo che mi viene in mente: nonostante i 70 cv scarsi debbano smuovere una massa importante, si dimostrano particolarmente vispi e generosi, soprattutto a regimi medio-bassi. Raramente vi ritroverete ad aggredire la zona rossa per spremere l’ultimo pony: meglio snocciolar le marce una dopo l’altra e lasciarsi cullare dalla spinta dolce e lineare del bicilindrico inglese.

SINCERITA’ La ciclistica è la sposa ideale di un motore così dolce. Sincera e intuitiva, è quanto basta per gironzolare ad andature allegre sulle provinciali. Il fatto poi di non essere eccessivamente chiusa di idraulica trasforma la Bonneville in una moto incredibilmente agile, che scende in piega senza il minimo sforzo. Inoltre, le pedane permettono di piegare non poco prima di grattare. Quando tuttavia inizia la guida all’attacco la ciclistica per prima alza bandiera bianca, ricordandovi rapidamente che non siete in sella a una supernaked. Da evitare dunque la guida sporca, privilegiando invece la pulizia dei movimenti e dei comandi. Se strapazzata oltremodo, come ogni buona inglesina snob che si rispetti, mostra di non gradire il trattamento.

OUTSIDER Dopo la Bonneville salto in groppa alla Scrambler, che offre sensazioni diverse ma comunque imparentate. Si comincia infatti da una posizione di guida simile alla Bonneville, ma ora il manubrio è più largo (per un maggior effetto leva) e la sella è più alta, fatto che obbliga a “uscire” più dalla moto per piegare come si deve. Una volta in movimento, la Scrambler si distingue per una guida tutta sua. Strettissima tra le gambe, il manubrio alto e largo regala un’agilità sconosciuta persino alla Bonneville, e fa dimenticare presto il dato della scheda tecnica di 230 kg. Tornando poi su curve&tornanti (ops, è pubblicità…), la Scrambler si fa notare ancora di più: la posizione “strana” obbliga a muoversi maggiormente a pari angolo di piega, mentre i gommoni tassellati offrono tanto grip ma pagano lo scotto di non comunicare granché col pilota. Il motore, d’altra parte, è quanto di più dolce si possa desiderare, con un entusiasmo maggiore rispetto alla Bonneville nella parte bassa del contagiri. Entusiasmo che però finisce molto presto, visto che già nella parte intermedia del contagiri l’inerzia nel salire si fa preponderante. Come e più che nella Bonneville, dunque, meglio anticipar la cambiata e sfruttare la coppia ai bassi. Ultimo appunto: gli scarichi laterali. Al semaforo spesso capita di sentire un improvvisa calura nella zona del sottocoscia destro, e immagino sia particolarmente fastidioso nelle torride giornate estive. Ma basta qualche piccolo movimento e tutto svanisce.

NUMBER ONE In cima alla mia personale hit parade, tuttavia, la Thruxton regna sovrana. A partire dalla posizione di guida sportiva: è vero, dopo centinaia di km può portare all’affaticamento, ma dopotutto il proverbio vuole che per ben apparire bisogna pur soffrire. Il sound poi, grazie alla coppia di cannoni Arrow offerti come optional, ha quel gusto impagabile delle corse di una volta,che rende impossibile resistere alla tentazione di sgasare al semaforo. Cominciando a spremerla a dovere, ho le prime avvisaglie di come non ci sia solamente un singolo cv di differenza tra questo motore e quello che equipaggia la Bonneville. Non è infatti una questione di potenza pura ma tutta la curva di erogazione è diversa. Il brio ai bassi è leggermente smorzato ma in compenso ora ai regimi intermedi c’è più birra, più di quello che ci si aspetterebbe da un solo cv in più. Anche la guida è altro affare. Meno intuitiva, richiede più tempo per entrare in sintonia a causa dei polsi caricati e delle pedane alte. Ma lasciate passare del tempo, scopritela tornante dopo tornante, e la ciclistica più sostenuta in cambio della minor agilità cominceranno a entrare nell’ottica di una guida migliore, più efficace. E a conti fatti, più goduriosa. Di sicuro è meno fruibile rispetto alle altre Classiche (attenzione però a non farsi ingannare: le sella non è monoposto, basta togliere il guscio e c'è spazio per due) ma, dopo una bella sparata, è anche quella che rimiro più volentieri quando la parcheggio vicino alle sorelle.


Pubblicato da Giuseppe Tagliozzi, 24/04/2012
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