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Prova su strada

Suzuki GSF 1200 Bandit


Avatar Redazionale , il 23/04/02

22 anni fa -

Con un motore palestrato e una linea che continua a piacere, la Suzuki GSF1200 Bandit è più in forma che mai. Bella e muscolosa accontenta in ogni condizione d'uso. È ancora una delle naked più vendute.

COM’È Sono passati sei anni dal giorno in cui la "Banditona" ha messo per la prima volta piede, anzi pneumatico, nel nostro Paese. Nuda ed elegante, anche per il 2002 la GSF fa bella mostra di un telaio doppia culla in grossi tubi d’acciaio, di recente ridisegnato, sia nella parte superiore sia nell’attacco del forcellone, per assicurare rigidità e resistenza alla torsione necessari per una moto da 240 Km/h. Il restyling ha riguardato anche il serbatoio, più accogliente, la sella, più ampia ed imbottita di prima, la coda, più piccola e filante, il parafango ed il faro dalla migliore illuminazione.

CLASSIC DIGITAL

La strumentazione mantiene il look classico sopra al manubrio troviamo ancora due belle sveglie cromate con tanto di lancette, tuttavia il contenuto ha un che di tecnologico. Tachimetro e contagiri ospitano rispettivamente, un display con orologio, contakm totale e parziali ed un display con l’indicatore della benzina.

BEN SORRETTA

Per una ciclistica a punto, ci vogliono anche sospensioni adatte e quelle della Bandit non si tirano certo indietro. All’anteriore troviamo una forcella tradizionale con steli da 43 mm (dotata di regolazione nel precarico). Al posteriore lavora un monoammortizzatore, provvisto di leveraggio progressivo e di regolazione nell’idraulica in estensione e nel precarico molla. Più di così, sinceramente, è difficile chiedere.

OKKIO AL PARTICOLARE

La cura dei particolari fa ancora più apprezzare la "nudona" di Hamamatsu, soprattutto se si pensa che per averla sono sufficienti 8.639,29 € (franco concessionario). La pulizia estetica è impeccabile (non come certe naked che ostentano orgogliose ogni sorta di tubi e cavi) e i componenti in lega leggera, prendono il posto delle più economiche plastiche. Nuovi e moderni sono anche i blocchetti elettrici al manubrio, cui si affiancano le leve freno e frizione (idraulica), entrambe regolabili nella distanza. Non mancano, infine, per la gioia dei globetrotter, il doppio cavalletto centrale e laterale e i supporti per ancorare i bagagli.

VECCHIO SARAI TU

Il propulsore, è ormai entrato a far parte dei classici del motociclistmo e caratterizza fortemente l’estetica della Bandit con la sua fitta alettatura segno distintivo del sistema di raffreddamento misto aria/olio SACS (Suzuki Advanced Cooling System). A chi lo accusa di essere un motore datato il quattro cilindri Suzuki risponde con i fatti ostentando il coperchio della testa in magnesio e il blocco cilindri in lega leggera (con canne in ghisa). La distribuzione bialbero in testa a sedici valvole, ha un diagramma studiato per meglio sfruttare la potenza ai bassi regimi. Di potenza ce n’è d’avanzo: 98 cv (72 kW) a 8.500 giri, ma è la coppia il dato più interessante per questo moto e la Bandit non delude con i suoi 90,7 Nm a 4.400 giri.

ESAGERIAMO

Se con questi numeri le accelerazioni si prospettano poderose, anche nelle decelerazioni la Bandit deve sapere il fatto suo. Ecco allora, che ad affiancare i bei cerchi in lega a tre razze da 17", ci sono due padelloni da 310 mm, "azzannati" da pinze Tokico a sei pistoncini, per una frenata pronta, forte e modulabile. Dietro, invece, trova posto un disco da 240 mm, stretto da una pinza Tokico a due pistoncini.

COME VA

In sella alla "Banditona" ci si trova subito a proprio agio. I 795 mm d’altezza da terra della sella sono davvero alla portata di tutti. Le pedane sono leggermente arretrate ma non troppo alte, mentre il manubrio è leggermente rialzato ma non troppo largo d’impugnatura. Il tutto crea una posizione di guida leggermente caricata in avanti, ma comoda anche per i lunghi spostamenti.

IN DUE? NO PROBLEM L’ampia sella offre un eccellente comfort, sia al pilota sia al passeggero, grazie alla buona imbottitura ed al rivestimento antiscivolo, che evita al pilota di essere travolto dal passeggero ad ogni staccata. Il secondo, inoltre, trova una buona seduta, grazie anche alle pedane poste alla giusta altezza, senza dimenticare l’indispensabile maniglione, cui aggrapparsi nelle accelerazioni improvvise.

TUTTO TACE

Nonostante gli anni (la prima GSX-R 1.100 risale al lontano 1986!), il quattro cilindri giapponese, dimostra di aver ancora tanto da dire e da dare (lo dimostra la sua ultima versione "anabolizzata" da 1.400 cc della GSX). A parte una leggera difficoltà nell’avviarsi di prima mattina (ma alzi la mano chi non fa fatica ad alzarsi al suono della sveglia), l’intramontabile quattro cilindri, ostenta un funzionamento impeccabile. Si dimostra uno dei più silenziosi in circolazione, privo di rumori meccanici e rispettoso dell’udito, con tono di voce sommesso e dalla "respirazione" più che regolare.

TANTI CC DI DIVERTIMENTO

Ai più, la grossa cilindrata su una moto nuda può sembrare un’esagerazione, soprattutto in relazione ad un uso autostradale, dove la mancanza di protezione aerodinamica (la strumentazione difende bene fino ai 150 km/h, oltre è come se non esistesse) si fa sentire eccome. A questi si rammenta che la "filosofia naked" non pone l’accento sull’uso velocistico puro e semplice, ma tende ad esaltare il divertimento sui percorsi tortuosi, dove mettere in mostra i muscoli di quella coppia generosa sin dai bassi regimi che solo le grosse cilindrate sanno offrire.

TUTTO SUO PADRE

Sono proprio queste le condizioni in cui ci si gusta la Bandit 1200. Il propulsore frulla deciso e progressivo già dai 3.000 giri, dove dà subito segni di vitalità. In città è facile trovarsi a viaggiare in quinta senza accorgersene minimamente. Gli artigli, però, li tira fuori subito dopo. Superati i 5.000 giri, il "Brigante" di Hamamatsu dà il meglio di sé, salendo senza indugi sino alla zona rossa, posta a 10.000 giri. La spinta è degna di un propulsore sportivo: forzuta, pronta e progressiva, ma sempre gestibile, grazie anche all’ottimo equilibrio generale della ciclistica, tanto tradizionale quanto efficace. Sgattaiolare nel traffico con la "milledue" è tra le cose più facili da fare, proprio per l’ottima disposizione dei pesi lungo i due assi.

OTTIME SOSPENSIONI

Pur non sventolando "firme" di prestigio, il reparto sospensioni ha una taratura piuttosto rigida (stranamente, data l’abituale tendenza giapponese al morbido) e un’ottima idraulica, sia all’anteriore sia al posteriore, riuscendo nel contempo a garantire un buon livello di comfort anche sui pavé cittadini. Della Suzukona si apprezzano il buon lavoro della forcella e l’avantreno sempre solido e ben saldo a terra, capace di pennellare una curva dopo l’altra senza mai scomporsi o uscire dalla traiettoria impostata. Anche il mono posteriore si dimostra all’altezza dell’arduo compito di contenere la prepotenza della scuderia di casa Bandit. L’ammortizzatore addomestica senza remore l’aggressiva azione dei 98 cavalli, senza mai sedersi troppo. Se ancora non si fosse soddisfatti potete sempre divertirvi a pasticciare un po’ con le regolazioni.

BELLO FRENARE

La morsa delle pinze Tokico è pronta, immediata ed aumenta in modo progressivo con l’aumentare della pressione sulla leva. Nel traffico urbano, il poter dosare a piacimento la frenata evita bloccaggi indesiderati per i meno esperti. Per chi, invece, è già un esperto delle staccate al limite, la morsa delle pastiglie potrà sembrare un po’ "morbida". Di tutt’altra pasta, è il disco posteriore, che si dimostra essere l’unico vero neo della giapponese, al quale non ci sentiamo di dare un voto superiore alla sufficienza.

VIAGGI TRANQUILLI

Se poi, vogliamo trovare proprio il pelo nell’uovo, alla "motorona" si possono obiettare qualche vibrazione di troppo su pedane e manubrio intorno ai 4.500-5.500 giri e la mancanza della 6ª marcia. Argomento questo che appassiona più i turisti, ai quali la Bandit guarda con molto interesse, che gli sportivi. Nonostante questa mancanza, la 1200 Suzuki s’è dimostrata una bevitrice moderata. Durante il test, ha consumato mediamente i 15-16 Km/litro e, contando che il serbatoio contiene 20 litri di benzina verde, non sarà così difficile andare al mare e tornare, senza passare dal benzinaio.
Pubblicato da Alfredo Verdicchio, 23/04/2002
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