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Prova su strada

Buell XB9R Firebolt


Avatar Redazionale , il 17/03/02

22 anni fa -

Leggera come mai prima d'ora, con un interasse così corto da fare venire le vertigini: la Firebolt è la Buell più sportiva. Tutta nuova, dal telaio al motore che insolitamente perde centimetri cubi anziché guadagnarli. Originale in ogni particolare è una moto sportiva atipica che preferisce la strada alla pista.

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COM’È Se una moto è perfetta non è necessario capirla. Sarà lei a capire voi. Con queste parole di Erik Buell ancora nella testa e con la curiosità di un bambino che si trova davanti ad un nuovo gioco tutto luccicante, ci siamo presentati davanti alla prima creatura del nuovo corso di casa Buell.

ORIGINALI DA SEMPRE

Fino ad ora la Buell aveva realizzato naked dalla spiccata personalità stilistica (sulla base del 1200 H-D) ma che facevano a pugni con l’idea di agilità per via di quel peso sempre fuori misura e per le dimensioni non certo compatte. Giudizio che poi veniva puntualmente smentito dopo aver provato le moto per pochi chilometri, cullati dal motore che a dispetto delle più nefaste aspettative in pratica non vibrava. Prodigio dell’Unipalanar, sistema brevettato proprio da Mister Buell, in grado annullare completamente lo scuotimento "mescola budella" dei bicilindrici a stelle e strisce.

TUTTA NUOVA

La Firebolt, invece, è un’altra storia. Anche un occhio esperto fatica a trovare spunti che richiamano i trascorsi della Casa americana. Una moto che con quelle attualmente in listino non ha nulla a che spartire, nome a parte ovviamente. Nuova in ogni particolare, tranne per tre punti fondamentali attorno a cui gravita tutto il progetto. Per ottenere questo risultato non si è di certo badato a spese, poiché buona parte della componentistica è stata realizzata all’estero (in particolare in Italia) come il telaio made in Verlicchi o il forcellone Brembo.

SERBATOI… PARTICOLARI

Particolare in tutto, la Buell sfoggia anche soluzione tecniche ardite come il telaio (apparentemente di dimensioni ciclopiche) che funge addirittura da serbatoio del carburante. Anche il forcellone fa la sua parte. Contiene, infatti, l’olio motore, peccato che per la verifica del livello sia necessario farsi spazio e con qualche difficoltà sul lato sinistro badando bene di non rimanere incastrati nella pedalina del passeggero.

BARICENTRO RASOTERRA

Nulla è dunque stato affidato al caso, tutto è stato studiato per ottimizzare al massimo la distribuzione dei pesi, che con i liquidi a bordo raggiunge un invidiabile 52% avanti e 48% dietro, senza contare il baricentro talmente basso che fatica a non raschiare l’asfalto. Nulla dunque a che vedere con la stazza over 200 kg delle Lightning e Cyclone, la bilancia si ferma su di un valore record di soli 175 kg a secco.

45 GRADI DI SEPARAZIONE

Nuova la Firebolt lo è davvero anche se Buell non tradisce le sue origini, riproponendo un cuore bicilindrico a V di 45 gradi con distribuzione a due valvole mosse da aste e bilancieri. Questa volta la cilindrata si ferma a quota 984 cc ma i due pistoni sono decisamente più propensi a correre più forte che mai, il che si traduce in una potenza più elevata, precisamente 92 cavalli, accompagnata dalla classica, per una Buell, corposissima coppia, che per la Xb9R ha un valore massimo di 92 Nm espressi a soli 5.500 giri/min.

CICLISTICA DA BATTICUORE

Doti notevoli dunque, che fanno ancora più impressione se accoppiate ai numeri che descrivono la ciclistica. A togliere il respiro non è solo l’interasse da scooter (1320 mm!!) ma anche l’inclinazione della forcella di soli 21°... praticamente è come sporgersi da un balcone senza ringhiera sulle cascate del Niagara.

A ME GLI OCCHI

I due faretti inseriti all’interno del cupolino tronco dimostrano quanto in realtà possa essere ampio il range di potenziali acquirenti di questa moto che per le sue caratteristiche è difficilmente catalogabile. La Firebolt non è una nuda e questo lo avevamo capito, però non è neanche una sportiva con il vizio di macinare chilometri, e men che meno una brucia semafori. Insomma dare una giusta connotazione all’operato di Erik Buell è difficile più mai.

PROTUBERANZA

Disturba un po’ la presenza della plasticosa protuberanza all’avantreno. L’avremmo volentieri sostituita con una semplice "unghia" trasparente utile giusto per proteggere una strumentazione che avremmo voluto ben più essenziale di quella che la Firebolt offre, farcita di troppi caratteri e di difficile lettura. Insomma, se l’avantreno appaga la vista per la presenza di elementi di pregio quali la forcella rovesciata Showa, il leggero cerchio a cinque razze, valorizzato da un poderoso disco perimetrale da ben 375 mm morsicato da una pinza a sei pistoncini, non possiamo dire lo stesso dell’accrocchio davanti agli occhi di chi guida.

FINITURE COSÌ COSÌ

Ben riuscita, invece, la forma del telaio con gli svasi per contenere le gambe dei più alti sotto il finto serbatoio che prosegue con la linea del forcellone, peccato che il tutto sia verniciato piuttosto che lucidato a specchio. Peccato poi che osservando con più attenzione salti all’occhio una cura tutt’altro che maniacale nel dettaglio. L’accoppiamento delle plastiche non è preciso e la rifinitura dei bordi lascia a desiderare, con imperfezioni e vistose sbavature di vernice.

SOPRATTUTTO ESCLUSIVA

Il che va un po’ a cozzare con un prezzo 12.138 euro che può sembrare alto soprattutto se si considera la fascia di mercato in cui la Firebolt si inserisce. Certo, qui si paga anche l’esclusività e la certezza di poter parcheggiare in garage un oggetto che in giro per strada susciterà curiosità e farà sicuramente discutere.

COME VA

Due mezzi manubri e un paio di pedane arretrate non bastano per fare di questa Buell un purosangue da circuito, nemmeno se il tutto è condito da un disco mostruoso, una forcella rovesciata e un monoammortizzatore regolabile. La piccola Buell, perché è piccola davvero, mal si sposa con l’idea di felino pronto a spuntare tempi da primato.

IN PISTA VA CAPITA

Una ciclistica così estrema ha come rovescio della medaglia una guida non certo facile e intuitiva. La FireBolt va capita, interpretata e soprattutto assecondata nella fase di ingresso curva. La tendenza all’autoraddrizzamento è evidente anche pelando solo leggermente la leva del freno. Conviene dunque presentarsi in inserimento avendo già pinzato il giusto ed entrando con il gas puntato, a questo punto tutto si fa più facile. Inutile parlare di marce basse, tra i cordoli si guida solo dalla terza marcia in su, dai 5.000 fino ai 7.500 giri valore massimo del contagiri dove entra perentorio il limitatore.

FATELA SCORRERE

Non è granchè come range utile, il che fa capire quanto, per essere davvero efficace, la Firebolt vada fatta scorrere come si fa con le piccole cilindrate, sfruttando traiettorie il più possibile rotonde e una guida pulita. In uscita di curva, anche dando della forti manate di gas, l’equilibrio non ne risulta compromesso e i 92 cavalli non riescono mai a mettere in crisi la ciclistica, che si innervosisce solo quando si tenta di sbatterla da una parte all’altra con forza.

MOTORE LATENTE

Proprio il motore è quello che soffre di più la guida in pista. Al bicilindrico manca un certo mordente, ha un’erogazione talmente lineare che bisogna avere sempre un occhio di riguardo per il contagiri per non cadere nel tranello del limitatore. La sensazione è dunque quella di andare sempre troppo piano. Comunque di strada se ne fa tanta e alla Firebolt bastano gli 800 metri del rettilineo di Valencia per raggiungere la velocità massima. Siamo rimasti soddisfatti del cambio, sempre rumoroso e duretto negli innesti, ma più preciso e corto di quelli a cui ci ha abituato la Buell.

PERIMETRO CALDO

Il disco fa il suo dovere almeno per i primi giri poi si scalda e fatica a reggere un passo veloce, la leva si fa spugnosa e meno modulabile. Anche la leva della frizione perde velocemente quel poco di morbidezza che da sempre contraddistingue i motori americani e per tirarla serve una stretta d’acciaio.

FIREBOLT ON THE ROAD

Ci sono moto che pasteggiano con cavalli e cordoli, non è il caso della Buell che digerisce meglio le strade ricche di curve dove il bicilindrico non deve essere stressato con continue scalate e cambi di marcia. Su strada la XB9R mostra finalmente il suo lato migliore, fatto di un’erogazione pulita già a poco meno di 2.000 giri anche in quinta, regime a cui si può andare tranquillamente a passeggio senza tentennamenti.

SUPPLESSE VELOCE

Guidato nella parte centrale del contagiri, il motore dà il meglio di sé, spinge, appaga, e gira rotondo facendosi sentire solo su pedane e manubrio con vibrazioni non fastidiose. Si riesce quindi a mantenere un buon passo anche sulle strade di montagna, anche se non siamo ancora al livello di una Ducati Monster, giusto per fare un esempio. In più, la sensazione di controllo si fa sicuramente migliore rispetto all’iniziale difficoltà provata nei primi giri di pista.

VITA DA SINGLE Anche l’impianto frenante mostra di gradire maggiormente le lingue d’asfalto contornate da panorami piuttosto che dalle vie di fuga. La pinza a sei pistoni, morde il disco senza ridurlo in fin di vita e l’effetto autoraddrizzante si fa meno marcato. Solo la frizione rimane faticosa soprattutto se si viaggia nel traffico tra continui stop and go. L’ultima considerazione spetta allo spazio destinato al passeggero: le pedane sono a due spanne dal cuscino microscopico che ovviamente non può garantire un confort degno di essere menzionato.


Pubblicato da Redazione, 17/03/2002
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