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Prova su strada

Benelli Tornado LE


Avatar Redazionale , il 07/07/02

21 anni fa - E' arrivata la bufera

Lunga, lunghissma l'attesa ma la Tornado c'è. È arrivata ed è pronta per entrare nei box di quei 150 fortunati disposti a impilare 36.000 Euro uno sull'altro per averne una. Aggressiva, sportivissima, è una vera moto da corsa trasportata su strada. E non per modo di dire Presto arriverà anche la versione "umana".

COM’È Di solito le superbike sono moto derivate dalla serie. Si costruisce la moto in qualche centinaio d’esemplari, e da quella base si realizza la versione Racing. La storia della Benelli Tornado è invece tutta al contrario: prima è arrivata la moto da gara (portata al debutto da Peter Goddard) poi, solo un anno dopo, si è resa disponibile la versione "stradale".

PARENTELA STRETTA

Il fatto che sia arrivata prima la moto da corsa pare una trovata del marketing pesarese. Quasi a voler stimolare ancora di più l’appetito dei pretendenti a questa principessa, o a voler suggellare che il legame tra la Tornado stradale e quella racing è davvero molto, molto stretto. Invece, niente marketing, è tutto vero: il progetto Tornado ha richiesto tempi lunghi e investimenti corposi ma il risultato è davvero encomiabile. Poche moto possono vantare una parentela altrettanto stretta con la moto da gara. Perché la Tornado è una moto da gara vera e propria, cui sono stati aggiunti fari frecce e targa. Lo so, chissà quante volte avrete letto la stessa solfa. Queste parole si scrivono spesso, e spesso a sproposito. Questa volta, però, non temo smentite. Perché basta guardarla nei particolari per capire che la Tornado LE (sta per Limited Edition) è una pregiata manifattura italiana nata per correre.

FATTA NELLA TERRA

Le ruvidità superficiali dei carter motore non sono lì a testimoniare una finitura tirata via ma a garanzia che la fusione è stata realizzata "in terra". È una procedura più lenta e molto più costosa ma che offre maggiori garanzie di resistenza. Per questo è utilizzata sui motori da competizione e su pochissime moto di serie (sia pur limitata come quella della Benelli) possono vantarla. È una moto così, la Tornado. Curatissima, pregiata, inusuale. Omologandosi a quanto c’è di già presente sul mercato non si va da nessuna parte. E questo Andrea Merloni, il patron della Benelli, lo sa molto bene.

VINCE IN ORIGNALITÁ

In effetti, la Tornado è ricca di spunti originali; uno su tutti, la sistemazione dei radiatori sotto il codone. Questa soluzione consente di ridurre al massimo la sezione frontale e di montare il motore in posizione il più avanzata possibile per migliorare la distribuzione dei pesi, che sulla Tornado grava sempre in misura maggiore sull’avantreno, anche con il pilota in sella. Il problema del raffreddamento è stato ovviato con due corposi condotti che pescano aria fresca nella parte anteriore della carenatura per convogliarla sotto il codino. Dovessero non farcela, gradiranno certo l’aiuto delle due ventole vistosamente colorate in giallo che fanno capolino dai due altrettanto vistosi estrattori sotto il codino, ormai diventati un vero marchio di fabbrica per la Tornado.

TRE RAFFINATI CILINDRI

Il tre clindri in linea non è meno raffinato. I suoi 898 cc sono farciti di soluzioni racing. Dei carter fusi in terra ho già detto, mancano all’appello l’iniezione elettronica Sagem con corpi farfallati da 45 mm e 1 iniettore per cilindro, l’accensione con bobine integrate nelle pipette, ma, soprattutto, il cambio a sei rapporti completamente estraibile, soluzione questa tipicamente racing. La frizione è a secco, lavora completamente esposta all’aria (e si sente) ed è dotata di un sistema meccanico antisaltellamento che tiene a bada l’eccesso di coppia frenante del tre cilindri.

SCOPPI REGOLARI

Il motore ha fasatura a 120 gradi e quindi ha gli scoppi regolari, a differenza delle primissime versioni in cui era stata provata anche una fasatura a scoppi ravvicinati (il cosiddetto big bang), molto più affascinante quanto a rumore ma evidentemente meno efficace quanto a prestazioni. C’è anche un contralbero di bilanciamento montato davanti all’albero motore per smorzare le vibrazioni fisiologiche di un motore con quest’architettura.

GROSSO E POTENTE Il tre cilindri della Tornado non mette in mostra particolari doti di compattezza, soprattutto se confortato con le ultime realizzazioni miniaturizzate dei giapponesi. Ma tant’è, non sarà certo questo a penalizzarne le prestazioni. Che, di fatto, sono eccellenti: la potenza dichiarata, 105 kW (142,8 cv) a 11500 giri, non è poi così lontana dai 160 cavalli denunciati per la moto di Goddard e la coppia (100 Nm a 8500 giri) non è da meno. Numeri che fanno capire come questo signorino a tre cilindri sia un tipetto a cui sarà meglio dare del lei.

TELAIO INCOLLATO

Del trionfo di materiali compositi e leghe pregiate che compongono la Tornado (tutte le sovrastrutture sono splendidamente realizzate in carbonio, l’impianto di scarico 3-in1 è in titanio, molte parti del motore in magnesio), non fa parte il telaio per il quale Benelli ha optato per il tradizionale acciaio al cromo Molibdeno, studiando, però, (manco a dirlo) una struttura del tutto inusuale. Due tubi tondi da 35 mm di diametro corrono a collegare il massiccio cannotto di sterzo alle altrettanto massicce piastre in alluminio, fuse in terra anche loro (ci mancherebbe…), alle quali i tubi sono collegati per mezzo di grosse viti traenti e incollati sfruttando una particolare tecnologia aeronautica.

SCULTURA D’ALLUMINIO

Il forcellone è un’opera d’arte: curvatissmo sul lato destro per far passare lo scarico il più aderente possibile, ha una capriata di rinforzo sul lato sinistro attraversata dalla catena di trasmissione. È lungo, bello e lucido come nemmeno il miglior costruttore di special saprebbe fare.

CAMBIA LE MISURE

La ciclistica si presta a numerosi rimaneggiamenti, nel senso che le quote vitali della moto sono ampiamente modificabili. Il cannotto di sterzo può essere regolato tramite eccentrico su tre diverse inclinazioni 22,5°, 23,5° 24,5°, ma anche l’attacco del forcellone è regolabile tramite eccentrici così da variare anche l’interasse che di base Benelli dichiara di 1419 mm.

COMPONENTI AL TOP Trattasi di moto prestigiosa e quindi anche le sospensioni devono essere prestigiose, e la scelta di Benelli non poteva che cadere sul materiale Ohlins. Forcella con steli rovesciati da 42 mm e riporto a TIN e monoammortizzatore a gas, entrambi pluriregolabli, sono il minimo che una moto come la Tornado si merita. Quanto ai freni, scelta quasi scontata. L’italiana Brembo offre lo stato dell’arte con le pinze a quattro pastiglie e i leggeri dischi flottanti da 320 mm. D’alluminio i cerchi, realizzati da Marchesini con la nuova tecnica della forgiatura che consente di avere un peso uguale ai cerchi in magnesio ma una resistenza ben superiore. Nonostante tutti questi accorgimenti la Tornado però non è una moto leggerissima. 185 kg non sono certo tanti ma nemmeno pochi per una moto che si fregia di indossare tali e tanti materiali pregiati.

PREZZO DA SUPERBIKE Insomma la Tornado LE è molto, molto pregiata e molto, molto cara poiché il prezzo è da vero amatore: 36.000 Euro tondi che non hanno certo spaventato chi è corso subito ad ordinarne una sul sito www.tornadobenelli.com. A chi non è un malato della targhetta numerata (c’è anche quella sulla LE, in titanio ovviamente) e, soprattutto, non disponga di tale cifra, non resta che attendere l’arrivo sulla terra della versione "plebea" che rinuncerà a un po’ di materiali di pregio e metterà su qualche chiletto, per costare però molto meno, si parla di 16.000 €.

COME VA Nella carriera di un tester ci sono giorni che non si possono dimenticare. I miei non sono stati tanti ma sono di quelli buoni: la prova della 916 ufficiale di Troy Corser, quella della Yamaha GP 250 di Battaini, quella della 996 Factory campione del mondo con Carl Fogarty. Eventi in cui l’emozione può prendere il sopravvento sulla razionalità perché sai che in quel momento stai guidando qualcosa d’importante, di unico.

EMOZIONI

In scala solo lievemente ridotta, metterò tra quelli da ricordare anche il giorno che ho provato la Benelli Tornado. Motivo numero uno perché cavalcare una moto che segna il ritorno in grande stile di un marchio prestigioso (mi è accaduto anche con la Mondial Piega) da sempre una certa emozione. Motivo numero due: sei pur sempre uno dei primi a montare in sella ad una moto attesissima, realizzata quasi a mano in serie limitata e dal prezzo dannatamente alto… Meglio togliersi dalla testa questi pensieri e concentrarsi sulla moto.

GIOIELLINO

 Bella, davvero molto bella. Vista nel suo habitat naturale (la pista) la Tornado ci fa un figurone. Bella e non solo, la Tornado è anche fatta dannatamente bene: le verniciature che ricoprono la sottile trama del carbonio sono lucentissime, la strumentazione è circondata da un cornice d’alluminio spazzolato di fattura pregevole, anche l’ammortizzatore di sterzo che dondola ogni volta che muovi il manubrio è bello da vedere. La Tornado è razionale anche sotto il vestito (che però è un po’ laborioso da togliere…): non ci sono cavi alla rinfusa, condotti o tubazioni, tutto è piacevolmente pulito, segno che in Benelli hanno curato molto un aspetto che su una moto così prestigiosa non è comunque di secondo piano.

QUASI RACING

Dicevo sopra che questa è una moto da corsa appena civilizzata. Salendoci confermo l’affermazione. La Benelli è una moto radicale. La sella è alta, i manubri bassi (ma larghi), da subito si capisce che la Tornado punta l’asfalto in un modo che solo su moto preparate per correre mi è capitato di trovare. Non è molto snella, o almeno non lo è quando si poggiano i piedi a terra, perché i condotti che pompano l’aria ai due radiatori posteriori passano proprio di fianco alla sella e costringono il pilota ad allargare le gambe in modo inusuale quando si è fermi. Una sensazione che, fortunatamente, sparisce appena i piedi si posano sulle piccole pedane d’alluminio. In effetti, una volta in movimento questa "ciccia" nella zona delle ginocchia è molto meno avvertibile, le gambe s’infilano negli svasi del serbatoio, la libertà di movimento è totale e c’è tanto spazio anche per muoversi longitudinalmente.

VOCE ROCA Date le premesse cosa attendersi dal motore? Grinta e vigore come quelli da corsa, e anche in questo la Tornado non delude affatto. Una volta girata la chiave e dato il contatto, il tre cilindri fa sentire la sua voce roca attraverso il silenziatore in titanio. Non solo quella, perché anche da sotto la carenatura arriva una bella sinfonia meccanica… Tra frizione, distribuzione e ingranaggerie varie non si può certo dire che il motore della Benelli sia silenzioso.

PRONTI VIA

La colonna sonora è proprio quella di un motore da corsa, l’operazione di partenza anche. La prima è lunga, la frizione a secco attacca subito e non ha certo il pregio della modulabilità, occorre farci un attimo la mano facendola pattinare un po’; occhio perché la figuraccia è sempre in agguato. Poi, però, è tutta una goduria. Il circuito di Misano è terra di casa per la Tornado, che qui ha macinato un bel numero di chilometri condotta dalle mani molto esperte di Gianluca Galasso, collaudatore ufficiale Benelli. Sarà forse per questo che si ha come la sensazione che la moto conosca già a memoria il tracciato. La ciclistica è davvero rocciosa.

CADE BENE… IN PIEGA

Ho provato la moto in configurazione "intermedia" ovvero con cannotto inclinato di 23,5°. Volendo, quindi, la Tornado può diventare ancora più radicale… ma per me basta già così: il motore montato piuttosto in alto e il peso preponderante sull’avantreno, portano la Benelli a "cadere" letteralmente dentro la curva. L’ingresso è estremamente rapido, favorito anche dal profilo della Dunlop D 208 anteriore che enfatizza la velocità di "messa in piega" della Tornado. La solidità dell’avantreno non è in discussione, quando si esce dal curvone di Misano a 235 indicati con il ginocchio per terra (Galasso comunque esce molto più forte ndr) significa che le cose funzionano a dovere. Piuttosto, dove la Benelli paga un po’ pegno è nelle varianti. Rispetto alle sue colleghe/concorrenti richiede una maggiore decisione per volteggiare rapidamente nei pif-paf delle esse; è questa l’unica situazione in cui, più che il peso globale della moto, si avverte il baricentro un po’ alto.

OCCHIO AL GAS

Il fatto di avere una moto così caricata sull’anteriore si paga un po’ in termini di motricità. Il motore non è certo debole di coppia, basta una manata un po’ più decisa del solito e all’uscita della curva del Rio (dove invero l’asfalto è molto scivoloso) e il retrotreno parte per la tangente con tanto di sudore freddo del tester che in un millisecondo sta già facendo la conta dei danni. Per fortuna che la Dunlop non ha mollato del tutto...

PREFETTAMENTE IMPERFETTA

Se amate le moto asettiche, quelle perfette come un orologio svizzero, allora lasciate perdere. La Tornado è un’altra cosa. È perfetta a modo suo, una moto viva, che comunica molto al pilota. Il motore si fa sentire non solo acusticamente ma anche con vibrazioni a pedane e manubrio avvertibili soprattutto oltre i 7000 giri. Nonostante la rapportatura tendenzialmente lunga, il tre cilindri non è affatto pigro.

DUE CARATTERI

Riprende bene anche dai bassi regimi a 4000 giri è già dotato di un tiro più che discreto, a 7000 cambia decisamente carattere e inizia a spingere forte. La lancetta del contagiri schizza veloce fino al limitatore, piazzato a 11800 giri. È bene guidare sempre con un occhio al contagiri perché il tre cilindri è traditore, a orecchio pare sempre girare piano, invece ti ritrovi sempre a con il motore piantato in piena zona rossa, una zona in cui la Tornado staziona spesso e volentieri.

NON SALTELLA

Che di cavalli ce ne siano in abbondanza lo si rileva anche quando si va a riprendere il gas a centro curva. La risposta all’apri-chiudi è piuttosto brusca (questo nonostante la corsa dell’acceleratore sia a mio parere un pelo lunga), in ogni caso non tanto da disturbare l’assetto roccioso della Benelli. Assetto che tra l’altro non si scompone di una virgola nemmeno in staccata, perché il sistema antisaltellamento messo a punto per la Tornado è qualcosa di splendidamente efficace, talmente efficace che sulle prime pare di arrivare in curva in folle... Butti giù due marce, molli la frizione e non succede nulla, la ruota posteriore resta li, incollata all’asfalto, riesci ad osare molto in frenata perché la moto non serpeggia. Bello.

IL MASSIMO IN FRENATA

Ottima in accelerazione, veloce in inserimento, eccellente in frenata. Sull’impianto Brembo del resto non avevo alcun dubbio. Anzi, quasi quasi approvo anche la scelta di dotare la Tornado di pastiglie meno aggressive rispetto a quanto scelto da Ducati (998-R) e Aprilia (RSV-R). L’attacco della frenata è così meno esuberante, la potenza globale non ne risente, mentre si guadagna parecchio in modulabilità e questo è un bene soprattutto se si usa la moto su strada.

PUROSANGUE DA PISTA

Già, la strada… andarci con la Tornado è un po’ come attaccare un calesse a Varenne. La posizione di guida violenta i polsi del pilota, l’assetto rigido rimanda tutte le imperfezioni dell’asfalto, i percorsi troppo tortuosi la fanno soffrire. Insomma, questo è un purosangue che va fatto correre nel suo ambiente naturale, la pista. Ma, tant’è, strada o pista in fondo non è così importante. Basta che venga usata, ostentata, ammirata, perché moto come la Tornado LE spesso sono preda dei collezionisti e, spesso, ahinoi finiscono per non uscire nemmeno dalle scuderie… In questo servizio:Casco:Lem Tornado RRTuta:Dainese MotodromGuanti:Spidi CarboventStivali:Dainese Age Out
Pubblicato da Stefano Cordara, 07/07/2002
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