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Prova su strada

Ducati Multistrada


Avatar di Mario Cornicchia , il 11/04/03

20 anni fa -

Perché non chiamarla Scrambler e fare la gioia dei quarantenni nostrani? Della Scrambler storica la Multistrada sarebbe la degna erede, moto tuttofare, tutto sangue e tutta praticità. Dalla pista allo sterrato.

COM’E’

Il nome non evoca il passato ma fa pensare a una moto trasversale, una moto con cui ci si fa di tutto. Se fosse un’auto la definirebbero una Sport Utility: alla Multistrada lo Sport non manca e nemmeno l’Utility, pratica e comoda da utilizzare tutti i giorni dell’anno con grande godimento. Un vero giocattolone sportivo, con qualche dettaglio stilistico che non convince fino in fondo.

LINEA SNELLA

Dai primi prototipi si è un poco ripulita nei dettagli, è più armoniosa anche se non è cambiato molto. Ha una bella presenza, è snella, fa pensare subito a un biciclettone, al contrario di alcune enduro che mettono soggezione.

POLIFEMO

Certo, quel faro da Polifemo (simile a quello anonimo della 999) non premia lo stile pulito e l’intelligenza del cupolino diviso in due, con la parte superiore che segue il manubrio consentendo manovre facili senza sbattere sul serbatoio. Bella la fiancata leggera, con il telaio a traliccio e l’inconfondibile cilindrico a L in bella mostra.

ACCROCCHIO

La coda è un po’ pasticciata, dominata dai due tubi di scarico grandi come quelli della stufa a cui sembrano appiccicati il codino e il gruppo faro-portatarga che sembra preso dall’after market. Una bella idea, quella dei tuboni, realizzata in maniera poco pulita.

ENDURO SPORTIVA

Dettagli stilistici a parte, la Multistrada interpreta bene il tema: moto sportiva e moto enduro in una unica fusione. Multistrada e multipilota, una moto per tutti e per tutti i giorni. Della sportiva ha tutte le caratteristiche delle Ducati moderne: tratti spigolosi e l’inconfondibile binomio telaio a traliccio/bicilindrico a L. Delle enduro ha l’altezza da terra, il manubrio largo e l’escursione delle sospensioni.

DESMO COPPIA

Sportiva lo è sul serio con il bicilindrico a due valvole e due candele per cilindro da 1000cc in grado di erogare 84 Cv a 8000 giri, con 84 Nm a 5000 giri. Una evoluzione più morbida dello storico motore desmodromico che privilegia la regolarità e la spinta ai bassi regimi più che le prestazioni da competizione.

PRIMA SCELTA

Al telaio a traliccio sono legate sospensioni Showa anteriori e posteriori completamente regolabili. Il monoammortizzatore posteriore si regola nel precarico molla con un comodo manettone. I freni sono tutti Brembo Serie Oro, con pinze a 4 pistoncini per i due dischi anteriori, imbullonati direttamente al largo mozzo anteriore.

TUTTA D’UN PEZZO

Perla tecnologica è il serbatoio, capace di 20 litri di benzina verde. Così stretto? E dove stanno venti litri? In realtà il serbatoio vero e proprio si estende fino sotto la sella del passeggero, un solo pezzo in plastica che è carrozzeria e serbatoio. La sella del passeggero si leva, chiusa a chiave, ma non sperate di mettere sotto nulla, forse ci stanno i documenti. Al più si utilizza il furbo cavetto di acciaio per legare i caschi.

OCCHIO PER OCCHIO

Una moto per il casa-ufficio così come per le vacanze in due: con il sistema di regolazione dei fari anteriori elettrica si risolve il problema di avere una buona visione e di non accecare chi si incontra. Quanto costa? Un prezzo giusto, data la dotazione ciclistica e la buona qualità: 11.500 Euro, chiavi in mano.

COME VA

Bene, eccomi in sella. Accidenti, ma si sono dimenticati l’imbottitura? È dura come una panca... Il trucco del serbatoio funziona: la sella è bella stretta così come il serbatoio e anche a quelli con le gambe corte appoggiano bene a terra i piedi, a differenza di molte enduro. Il manubrio è largo quanto basta e distante il giusto dalle spalle. Una buona posizione che accontenta anche gli alti, con tanto spazio per le ginocchia. Multipilota anche nella posizione di guida.

DIGITALE Gli strumenti sono chiari, ben visibili, con il contagiri analogico bene in vista, tachimetro digitale e un visore digitale per il livello carburante e le funzioni del computer di bordo (velocità media, consumo medio, autonomia, chilometri percorsi…). Due grandi tasti duri da azionare posti sulla parte alta del cruscotto servono per regolare i fari e per selezionare le funzioni del computer.

DI BUONE MANIERE Il mille ha una voce sportiva ma educata, con un minimo regolare a tutte le temperature grazie a un sistema che provvede a monitorarlo continuamente e a regolarlo di conseguenza. Ai primi colpi di manetta sembra tutt’altro che pigro a salire di giri. I comandi sono duri (in fondo è una Ducati sportiva) ma senza diventare faticosi.

DESMO DOLCE Lascio la frizione e la Multistrada parte dolce, senza fatica: il motore regge bene anche regimi bassi senza strappare come i vecchi Desmo. Il cambio è a prova di idiota: bello secco e preciso, comunicativo e veloce nelle cambiate. Via, fino alla sesta. Il motore riprende bene, forse il desmo più dolce e facile di tutta la gamma Ducati, abbinato a sei rapporti ben scalati.

MULTISTRADA Ha tanta coppia in basso, riprende bene in sesta dai 2000 giri in su. Non è un motore che ama girare in alto: dopo i 5000 giri la coppia inizia a scendere, fino a 6000/6500 giri si tira ancora ma poi conviene passare alla marcia superiore per avere più spunto. Una evoluzione ben adattata allo spirito della Multistrada: ottimo per il passeggio, pronto a scattare se si apre il gas con decisione. È un attimo far pattinare la ruota posteriore sullo sterrato o farla impennare.

FACILE DA PIEGARE Il telaio è un vero gioiello, facile per il principiante, di grande godimento per il pieghista professionista che sfrutta tutta la gomma fino all’ultimo millimetro, con grande sicurezza e applicando la più pura tecnica di guida motociclistica. Si piega con facilità quanto si vuole, la si può portare in pista e anche sullo sterrato si doma con facilità, anche se la sua vocazione è l’asfalto: nel fuoristrada le sospensioni sono un po’ dure.

CARAMELLE Piega, tira, frena… una curva dietro l’altra per 150 chilometri senza sosta. Alla fine la Multistrada si rivela comoda, la sua sella dura come il cemento non mette in difficoltà il posteriore (il mio, non quello della Multistrada) e la posizione di guida è ergonomicamente ben disegnata, non stancante anche dopo qualche ora. Potrebbero rendere più facile la vita in sella un cupolino un poco più alto o soltanto più profilato per superare i 130/140 orari senza doversi aggrappare al manubrio. Anche gli specchi, dalla forma a caramella, non consentono una visibilità posteriore ottimale rendendo meno facile la guida.


Pubblicato da M.A. Corniche, 11/04/2003
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