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Yamaha Dolomiti Ride 2004


Avatar Redazionale , il 29/04/04

19 anni fa -

Cosa c'è di più gasante di uno stuolo di moto da provare su alcune tra le più belle strade del mondo? La risposta giusta da confermare e accendere è sicuramente "niente", se escludiamo le cose che fanno ingrassare e quelle che fanno arrossire Una scena da Paradiso terrestre delle due ruote? Nulla di tutto questo: è successo tutto davvero al primo Yamaha Dolomiti Ride. Io c'ero ed ecco come è andata.

IL GENIO DAL GIAPPONE "Dunque… vediamo un po’… su cosa potrei salire? La naked o la turistica, la motard o il maxiscooter?". No, purtroppo non ho fatto sei al superenalotto… Per una volta il genio della mia lampada ha assunto le sembianze di un giapponese e si è tolto il turbante per mettersi il casco. Ma, quel che più conta, ha esaudito in un solo colpo quasi tutti i miei desideri. Quanto meno quelli motociclistici.GESTIONE FAMILIARE Teatro del tutto la Val di Fassa, che la Yamaha ha scelto per dar vita alla prima edizione del Dolomiti Ride. Una kermesse diversa dal solito, sicuramente intelligente e da ripetere: un po’ raduno e un po’ porte aperte con tanto di prova clienti, con il top management a fare gli onori di casa in mezzo a biker e smanettoni come se il marchio dei tre diapason fosse a gestione familiare. Una filosofia sposata anche dagli ospiti d’onore Carlos Checa, Eleonora Benfatto e Valerio Staffelli, pazienti al limite della santità e pronti a dar retta a chiunque, compresi i gruppi di valligiani giunti ormai alle soglie del coma etilico.

LA MIA HIT PARADE Umanità varia a parte, il Dolomiti Ride è stato soprattutto una festa della moto e, con oltre cento moto a disposizione (esemplari di quasi tutti i modelli a listino, con esclusione di R1 e

R6), potevo forse tirarmi indietro o farmi intimorire dal gelo? Nossignori: con davanti una manciata di passi dolomici, quale migliore occasione per un confronto in famiglia? Ho fatto quindi quello che potevano fare tutti. Ho provato più mezzi possibile, divorato dalla fame di test e dall'insaziabile desiderio di scalar tornanti. Niente a che vedere giretto fuori dalla concessionaria, la prova sulle Dolomiti è tutt'altra cosa. Alla fine il mio bilancio è di sei prove ed ecco la mia personalissima classifica.1° TMAX 500 Lo so, forse i puristi storceranno il naso ma per me la vittoria del TMax è un verdetto inappellabile. Sul Passo S. Pellegrino lo scooterone ha trovato un habitat ideale: altro che in città! La trasmissione automatica è una manna per affrontare strade di montagna e tornanti. Che la curva stringa o allarghi o che in mezzo alla traiettoria ci sia una vacca, poco conta. Quando si deve dare gas il rapporto è sempre quello giusto e la risposta che si ottiene dal motore è bella pimpante senza dover lavorare di fino con la leva del cambio. Certo potenza e coppia non sono da record, ma specie ora che è arrivata l’iniezione c’è tutto quel che serve per divertirsi alla grande. La ciclistica offre un compromesso ideale tra stabilità e maneggevolezza e permette di fare numeri inimmaginabili: provare per credere! E poi, visto il freddo, starsene al riparo dall’aria non è cosa da poco.2° FJR 1300 Per fortuna nessuno mi ha fotografato alla guida di questa tourer: sotto la visisera si sarebbero visti due occhi grandi come palline da tennis per lo stupore. Lunga, larga, grossa… si può dire tutto quello che si vuole della FJR, ma solo finché è ferma. Quando si muove questa Yamaha si descrive con un solo aggettivo: bilanciatissima. Bastano pochi metri per iniziare a darle del tu e per trovarsi a pennellare curve e controcurve con una facilità davvero disarmante. E’ però inutile cercare numeri da rock acrobatico. Alla "signora" piace ballare ad altri ritmi e se la si asseconda regala grandi soddisfazioni. Il motore merita una standing ovation: attacca a tirare come un forsennato sin da regimi bassissimi ed è capace di prodursi in allunghi a dir poco furiosi. Alla faccia dell’indole turistica e del confort di marcia impeccabile.3° XT660X Ma come, solo terza?!? Sorpresa: sulla carta era proprio questa la più attesa divoratrice di tornanti e invece alla fine un paio di outsider hanno fatto più colpo di lei. Qui parlare di delusione sarebbe comunque una profonda ingiustizia. E’ vero che qualche cavallo in più non ci starebbe male ma quel conta qui è il telaio e la XT660X si lascia guidare come una vera bicicletta. Con un avantreno sveltissimo e pronto a eseguire senza indugi ogni ordine del pilota. Quando la velocità sale il rigore direzionale non viene mai meno e ci si può produrre in pieghe di tutto rispetto. L’impressione è alle volte quella di portare a passeggio un vero purosangue dal carattere un po’ scorbutico, che gradirebbe essere guidato con vigore e inserito in tutte le curve in lieve derapata. Inutile descrivere per filo e per segno in quali acrobazie si è esibito Checa con lei… Ora che ci penso… e se la mia fosse solo gelosia mista a invidia?!?4° FZ6 Anche alla FZ6 la medaglia di legno va un po’ stretta ma mi sono imposto di evitare gli ex aequo e quindi il suo posto è ai piedi del podio. Qui il capo d’accusa è uno solo: nonostante il lavoro di affinamento, il motore ex R6 mantiene un’erogazione ancora troppo spostata verso l’alto. Intendiamoci, le attenuanti non mancano, a partire dal fatto che il sottoscritto non è un fuscello (oltre 80 kg per 182 cm). Tuttavia l’impressione ricavata salendo al Passo Fedaia è netta: per procedere spediti bisogna tirare le marce e mantenere regimi elevati. A quel punto si viaggia davvero come schegge, con un fantastico sound che esce dagli scarichi sotto la sella. Per il resto solo elogi. Una menzione d’onore va soprattutto al telaio, equilibratissimo e a suo agio sia nei più infidi tornanti in discesa che negli ampi curvoni del fondovalle.5° BT 1100 BULLDOG Sarebbe perfetta, se solo avesse venti chili di peso in meno e venti cavalli in più! Ok, con modifiche così radicali anche la mia vicina di casa diventerebbe come la signorina Benfatto di cui sopra, ma tant’è. La Bulldog resta una sorta di cruiser sui generis che in montagna sa sfoderare doti insospettabili. Quasi incastrati in una sella scavata e con il corpulento serbatoio tra le cosce si scopre metro dopo metro una guida rotonda e pulita come poche altre. La sensazione è quella di viaggaire sul proverbiale binario. Il rovescio della medaglia si scopre nei cambi di direzione, quando l’azione si fa un po’ più lenta di quanto si vorrebbe. Impossibile, invece, lamentarsi della coppia erogata dal motore, che riprende con elasticità commovente e permette di dimenticarsi per ampi tratti dell’esistenza del cambio.6° TDM 900 E dire che una TDM ero anche stato lì lì per comprarmela come moto personale, quando però nessuno dei primi cinque modelli era ancora a listino. Questa sesta piazza non è dunque una bocciatura: vale comunque un'ampia sufficienza. Semplicemente è questa la moto del lotto con cui mi sono trovato meno a mio agio su questo tipo di percorso, forse per il baricentro più alto rispetto agli altri modelli, forse per la risposta un po’ brusca del suo bicilindrico nell’apri-chiudi. Peccato, perché con la sua versatilità la TDM resta secondo me ancora oggi un valido esempio di moto tuttofare… almeno in pianura.
Pubblicato da Paolo Sardi, 29/04/2004
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