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Alfa Romeo MiTo


Avatar Redazionale , il 23/06/08

15 anni fa - Una 8C Competizione in formato tascabile

La Casa del Biscione entra decisa nel segmento delle piccole con quella che si annuncia una tra le proposte più sportive della categoria. Dotata di un design ispirato alla 8C Competizione, ha motori con potenze dai 78 ai 155 cv e prezzi che partono da 15.350 euro.

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BEATA GIOVENTU' Allargare la clientela potenziale nella fascia di pubblico più giovane, quella che va dai 18 ai 30 e rotti anni, creando una nuova generazione di alfisti in erba, indistintamente maschi e femmine. E' questa la mission, tutt'altro che impossible, che all'ombra del Biscione affidano alla MiTo. Giusto per dare un numero, l'obiettivo è di piazzarne sul mercato tra le 70.000 alle 80.000 unità all'anno, cosa che per l'Alfa Romeo vorrebbe dire incrementare del 50% circa i volumi attuali. Davvero una bella boccata di ossigeno, presa per di più in un segmento totalmente nuovo per la Casa.

PUNTOE A CAPO La MiTo nasce sulla cosiddetta piattaforma B del Gruppo Fiat, quella della Grande Punto, giusto per intendersi, che può essere quindi considerata sorellastra della MiTo. Meglio giocare d'anticipo e dire subito che gli ultras del Biscione farebbero bene a lasciare lo scetticismo per altre occasioni. La Grande Punto è un'eccellente basesu cui a Torino hanno già realizzato un'ottima sportivetta con il marchio Abarth. Ora gli ingegneri hanno fatto un gran lavoro per dare alla MiTo tutto quel che serve per potersi presentare come una "vera" Alfa, a partire da un look grintosissimo.

TUTTA SUA SORELLA Dal punto di vista estetico, la parentela più stretta è con l'attuale icona dell'Alfa Romeo, la 8C Competizione. Con la supercar tirata in soli 500 pezzi la MiTo ha in comunei fari a goccia, le luci di coda tonde, il classico trilobo nel frontale con lo scudetto a listelli affiancato da due prese d'aria e il cofano che disegna uno scollo a V ergendosi dai parafanghi. Ancor più netto è il modo in cui si stagliano i passaruota dalle fiancate, neanche fossero i deltoidi dei finalisti di Mr Olimpia, uniti da un solco (brancardo, nel gergo del settore) che segna tutto il sottoporta. A sottolineare la coda c'è invece unsimil-estrattore nero, mentre nella parte superiore i montanti piegano decisi verso l'interno. La veduta d'insieme è di quelle da colpo di fulmine, ben più di quello che dicano le foto, che obiettivamente rendono poca giustizia alla linea, specie nella veste rosso scura metallizzata.

A TUTTO TONDO Anche l'abitacolo fa la sua scena, con una plancia rivestita in morbido schiumato, con una finitura quadrettata che fa il verso alla fibra di carbonio. Diversi elementi strizzano l'occhio alla storia dell'Alfa, come le classiche bocchette circolari, mentre un tocco di modernità viene per esempio dal display che troneggia in mezzo alla strumentazione. La qualità percepita è buona, con materiali di una certa sostanza assemblati con cura. Di grande impatto è soprattutto la scelta di eliminare la cornice dai finestrini, soluzione complessa, costosa ma dalla resa estetica impagabile.

BONSAI Per merito anche di questo dettaglio, il taglio è dacoupé bonsai (lunghezza, larghezza e altezza sono nell'ordine di 406, 172 e 144 cm), con una personalità spiccata, lontana da quella della Grande Punto, come dicevamo, sorella di pianale. La somiglianza si spinge anche a livello di schema delle sospensioni, che qui però si avvalgono di nuovi ammortizzatori con molle aggiuntive, cosiddette di rimbalzo. La loro funzione è di limitare il coricamento laterale in curva e di dare una mano alla MiTo a mantenere a promessa fatta dalla Casa: quella di proporre la macchina più sportiva della categoria.

I TRE MOSCHETTIERI Un ruolo determinante in tal senso lo giocano lo sterzo, con un rapporto di demoltiplicazione di 12,9:1, tra i più diretti in circolazione, i freni a disco e, ultimi ma non meno importanti, i tre motori. Ad aprire le danze è un 1.400 aspirato dedicato soprattutto ai neopatentati, dotato di 78 cv e 120 Nm (e capace di portare la MiTo a 165 km/h con un crono di 12,3 secondi nello 0-100 e una percorrenza media di 16,9 km/litro). A completare il quadro ci sono non una ma due punte di diamante, una a benzina e una a gasolio. Sul primo fronte c'è un 1.400 Turbo della famiglia T-Jet con 155 cv e 230 Nm (215 km/h di punta, 8 secondi nella prova di accelerazione e 15,4 km/litro di media); sul secondo un 1.600 turbodiesel JTDM di ultima generazione con 120 cv e 320 Nm (198 km/h, 9,9 secondi e 20,8 km/litro).

DNA SPORTIVO In attesa delle evoluzioni future della gamma (sono certi l'arrivo di una versione GTA da 230 cv e di un cambio robotizzato a doppia frizione), a fare da comun denominatore alle MiTo ci sono cambi manuali a sei marce e una dotazione tecnica da leccarsi i baffi. Ne fanno parte tra le altre cose il controllo della stabilità VDC, il sistema Q2 elettronico, che ottimizza la motricità in uscita di curva, e il DNA. Quest'ultimo è un cursore che permette al pilota di selezionare tre diverse logiche di funzionamento della centralina che governa motore, sterzo e il VDC di cui sopra, passando da una più sportiva Dynamic attraverso una Normal fino a una All weather, buona cioè per le condizioni climatiche anche più difficili.

DA 15.350 EURO Continuando nella dotazione base, proposta a 15.350 euro con il motore 1.4 da 78 cv e chiamata Junior, si trovano anche sette airbag e la radio CD. Per le MiTo 1.4 Turbobenzina e 1.6 JTDM ci può scegliere invece tra l'allestimento Progression (nell'ordine a 17.950 e 18.950 euro) e quello Distinctive (2.400 euro in più). Con quest'ultima versione si hanno di serie i cerchi in lega da 16", il climatizzatore manuale, volante e cambio rivestiti in pelle, terminale di scarico cromato.

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MEGLIO DAVANTI Il posto di guida è sulla stessa lunghezza d'onda della carrozzeria, con un'impostazione piuttosto sportiva. Ci si siede su unsedile ben conformato e ampiamente regolabile, capace di fare felici i nostalgici del seggiolone e chi preferisce soluzioni più rasoterra, in stile sdraio da spiaggia. Il volante non è sistemato troppo in verticale ma si lascia impugnare bene, ben sagomato anche a livello della corona. Con tutti i comandi sistemati al posto giusto e ben raggiungibili, il pilota può lamentarsi soltanto per la visibilità posteriore, limitata dal taglio delle lamiere e dalle piccole dimensioni del lunotto. Queste scelte impongono qualche sacrificio anche a chi è destinato al divano posteriore. I centimetri per le ginocchia non abbondano e la forma spiovente del padiglione può provocare incontri troppo ravvicinati tra la testa dei passeggeri posteriori più alti e il cielo dell'abitacolo.

AGILE E... Anche se la visibilità non è il massimo, muoversi negli spazi stretti non è comunque un problema. La carrozzeria ha dimensioni compatte e lo sterzo garantisce un diametro di sterzata molto contenuto, che permette di cavarsela bene anche se c'è da fare inversione in un fazzoletto di asfalto. Oltre a far girare molto le ruote, il volante assicura un gran feeling al pilota, che, con movimenti misurati delle mani, ottiene risposte rapide, precise e puntuali.

...FELINA La MiTo è svelta come un gatto a entrare in curva, senza le inerzie tipiche di altre piccole a trazione anteriore, e percorre poi le traiettorie con un assetto neutro e praticamente piatto. Il lavoro svolto dagli ammortizzatori per contrastare l'eccessivo coricamento sulle ruote esterne si fa sentire davvero e permette a quest'Alfa di girare come se fosse su due binari ideali, con limiti di tenuta laterale che non hanno molto da invidiare a quelli di sportive più accreditate. In fase si uscita si apprezza invece il lavoro svolto dal dispositivo Q2 elettronico, che frena la ruota interna alla curva quando tende a pattinare, consentendo di entrare a gamba tesa sull'acceleratore senza che la motricità e la pulizia della traiettoria rischino di venir meno.

SOUND GASANTE Il gusto nella guida viene esaltato dal DNA, il manettino piazzato a lato del cambio che permette di scegliere tra tre diversi settaggi a livello di risposta del motore, assistenza dello sterzo e controllo della stabilità. La differenza tra le tre configurazioni si tocca con mano sul volante e, soprattutto, si sente, sotto il piede e con i timpani. Nella configurazione più sportiva Dynamic, il motore cambia infatti timbro e tira fuori una voce più squillante e rabbiosa, che accompagna scatti più vivaci. Al contrario, nella modalità All Weather tutto si fa più dolce e ovattato, con la via di mezzo rappresentata dalla posizione Normal.

IL CHIP VIGILA Anche quando si esagera, la MiTo aiuta il pilota a mettere una pezza. Il sistema di controllo elettronico della stabilità Vehicle Dynamic Control (o VDC che dir si voglia) entra in funzione in modo scientifico, con logiche diverse a seconda del tipo di programma impostato tramite il selettore del DNA. E anche quando si sta usando la funzione Dynamic, quella più sportiva, il guidatore non è comunque lasciato al suo destino. Un marchingegno chiamato DST, sigla che sta per Dynamic Steering Torque, interviene sul servosterzo elettronico, applicando una forza al volante per suggerire le correzioni giuste. L'azione è quasi impercettibile ed è solo dopo un tirata sul misto che ci si scopre ad aver guidato in modo insolitamente efficace con scarso impegno psicofisico.

A TUTTA FORZA E dire che il motore 1.4 Turbobenzina, l'unico che abbiamo avuto modo di provare alla presentazione stampa, ha sulla carta birra da vendere per far rimboccare le maniche ai guidatori più intraprendenti. I suoi modi non sono però scorbutici. Basta un affondo sull'acceleratore (di tipo drive by wire, senza collegamento meccanico) per ottenere in cambio un deciso impulso in avanti. L'erogazione è fluida e regolare, con un buon tiro già a 2.000 giri. L'entrata in funzione del turbo avviene senza ritardi ed entrate in coppia violente. Anche le doti di allungo sono notevoli e sfruttarle prima di cambiare marcia è cosa buona e giusta, per ricadere nella fascia d'erogazione più sostanziosa una volta innestato il rapporto più lungo.


Pubblicato da Paolo Sardi, 23/06/2008
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