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Mini Cooper S JCW (John Cooper Works)


Avatar Redazionale , il 16/08/04

19 anni fa - Con pochi tocchi sapienti la Mini Cooper S diventa una vera belva da 200 CV.

Con pochi tocchi sapienti la Mini Cooper S diventa una vera belva da 200 CV. Un cocktail inebriante da assumere liberamente, con una sola controindicazione: può dare dipendenza...

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UN MASCHIACCIO "L'auto è femminile" diceva Gabriele D'Annunzio, con un'autorevolezza e un tono perentorio che non permettono ancora oggi alcuna replica. E a dire il vero mai mi sognerei di chiamare questo diavoletto "il Mini": lei è inconfutabilmente "la Mini". Grammatica a parte, il suo temperamento ne fa però un vero e proprio maschiaccio, come ho avuto modo di sperimentare in circa 1500 km di convivenza.

DI PADRE IN FIGLIO E potrebbe essere diversamente? Lei, in fondo, non è una Mini qualsiasi: è la Cooper S JCW, una sigla che suona forse misteriosa per i non addetti ai lavori ma che echeggia come musica per le orecchie degli appassionati. JCW sta per John Cooper Works. Attenzione, non si tratta né di un caso di omonimia né di uno di immortalità. In questa Mini c'è lo zampino di Mike, il figlio di quel John Cooper artefice delle prime Mini da sparo degli Anni'60 e in onore del quale è stata battezzata proprio la versione che fa da base a questa elaborazione.

ELEVATA A POTENZA In pratica, dunque, questa è una Cooper elevata al quadrato. Mike ha raccolto l'eredità del babbo e ha studiato il modo di spremere ulteriori cavalli dalla già vigorosa Cooper S. Testata, centralina, scarico completo, compressore volumetrico e filtro dell'aria: sono questi gli ingredienti della sua ricetta che porta la potenza massima da 163 CV a 200. Qualcosa che è piaciuto così tanto alla BMW da ricevere l'investitura di kit ufficiale e da convincere quelli di Monaco a metterci su la propria garanzia e la propria reputazione. Il tutto in cambio di un sovrapprezzo di quasi seimila euro. Mica bruscolini, specie se sommati ai 22.601 necessari per acquistare la Cooper S base...

POCO URBANA La "mia" JCW gialla e bianca arriva così direttamente dalla sede della BMW Italia e mi viene recapita in pieno centro a Milano. E' qui che muovo i primi metri al volante. Le dimensioni non devono trarre in inganno. Questa Mini è piccola e si parcheggia con disinvoltura ma la città non è certo il suo habitat naturale. Forse sarà un problema limitato solo al mio esemplare ma il cambio si dimostra subito piuttosto duro negli innesti, degno di una sportiva d'altri tempi.

TUTTO COME UNA VOLTA Il resto viaggia sulla stessa lunghezza d'onda. Duretti sono anche lo sterzo e l'assetto sullo sconnesso, con la Mini che lascia capire senza mezzi termini che il pavé non le va troppo a genio. Meglio allora cambiare aria e lasciarsi la città alle spalle. Fuori dai finestrini scorre il verde ma il flashback continua: il tachimetro a padella piazzato in mezzo alla plancia e i comandi sparpagliati in modo piuttosto casuale creano un clima rétro che piacerebbe anche ad Alec Issigonis.

SUI GENERIS Alcune finiture (come la consolle centrale e i pannelli portiera) non sono adeguate al rango e al prezzo della Mini, priva anche di un cassettino portaoggetti chiudibile. Tuttavia le forme ricercate creano una suggestione tale da far passare tutte queste cose in secondo piano. Anche l'impostazione del posto di guida è unica. Si siede molto in basso, con il piantone dello sterzo che "consiglia" di tenere le gambe un po' divaricate.

COME UN KART L'impressione è quasi quella di trovarsi alla guida di un kart e affrontando a spron battuto il misto tale sensazione trova solo ampie conferme. L'assetto è praticamente piatto e le risposte ai comandi sono rapide e fulminee, con la Mini che gira svelta come poche altre. Quanto basta per fare di questa Mini un osso durissimo per chiunque, comprese le sportive più accreditate.

DIAVOLO TENTATORE La pesantezza iniziale dello sterzo si trasforma in un'utile alleata, limita le reazioni brusche e facilita il controllo nelle situazioni critiche. In questi casi il controllo elettronico della stabilità ha il sapore di una vera benedizione. La sua presenza consente di osare anche qualcosina più del lecito, riportando sulla retta via il retrotreno quando inizia a dare segni di nervosismo.

VIVO O MORTO Con questa Mini ho fatto due volte il Passo Costalunga (che collega Bolzano alla Val di Fassa) e non so se mai tornerò da quelle parti. Sospetto che attorno al Lago di Carezza agli alberi sia affissa la mia faccia con la classica scritta "wanted dead or alive" e una cospicua taglia. E ciò nonostante la mia irreprensibile condotta nei centri abitati.

BIRRA DA VENDERE Il motore ha tutto quel che serve per deliziare anche i palati fini. Spinge fluido sin dai regimi più bassi e allunga con veemenza consentendo spunti mozzafiato, con il sottofondo di un sound esaltante. Quando si depone l'ascia di guerra la Mini mostra anche una docilità insospettabile e accetta di buon grado di accompagnare il pilota e i suoi compagni di viaggio anche quando il tragitto si snoda sul percorso casa-asilo-ufficio.

QUESTIONE DI NATURA Certo, è inutile chiedere alla Mini di fare i miracoli. Lo spazio a bordo è quello che è e chi è più alto della media non ricorderà mai come un'esperienza esaltante un viaggio sul divanetto posteriore. Anche il bagagliaio ha un volume utile ridotto ma è anche vero che nessuno si sognerebbe mai di comprare una Mini JCW convinto di farne il surrogato di una station wagon. Lei, in fondo, va presa così, con i suoi pregi e i suoi difetti, femminile anche in questo.


Pubblicato da Paolo Sardi, 16/08/2004
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