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Test Drive

Honda Shadow 750


Avatar Redazionale , il 14/06/04

19 anni fa - Bassa, nera e imponente la "piccola" Honda Shadow 750 è arrivata ad arricchire la famiglia delle custom Honda.

Bassa, nera e imponente la "piccola" Honda Shadow 750 è arrivata ad arricchire la famiglia delle custom Honda. Motore superaffidabile e nuova trasmissione a cardano per una moto a prova di neofita. Facile come una bicicletta, piacevole da guidare, interessante nel prezzo.

C'ERA UNA VOLTA un mondo in cui le custom andavano per la maggiore. Erano di moda, se ne vendevano a manciate. Tutti le volevano. In quel mondo, manco a dirlo, la parte de leone la recitava una Honda: la VT 600 Shadow. Facile, ben fatta, bella, andava bene e non si rompeva mai. E incarnava alla perfezione lo spirito Easy Rider del momento, al prezzo giusto. Fu un best seller per tanto tempo. Poi il fenomeno custom si è sgonfiato e oggi i numeri di vendita di queste moto non sono proprio eclatanti. Però le custom hanno ancora i loro estimatori. Perché alla fine sono le moto più facili, rassicuranti, basse che ci siano. Per dirla all'inglese sono "friendly".

NOVITÁ CONTATE Il segmento non è certo in fermento, ma le novità arrivano anche qui. Tra una Harley che presenta la nuova Sportster, e una Guzzi che presenta la nuova Nevada, c'è anche la Honda che piazza la sua Shadow 750. Novità vera, perché sebbene la Casa alata avesse già a suo tempo prodotto una Shadow settemmezzo, (e anche la più aggressiva Black Widow che resta in listino) questa si può considerare quasi completamente nuova.

MAGGIORATA Esteticamente innanzitutto, il restyling è stato totale e adesso la Honda 750 Shadow è la copia in piccolo (ma nemmeno poi tanto piccolo) della poderosa VTX 1800. Imperversa il nero, ovviamente, ma volendo si può avere anche in un rosso metallizzato scuro. Tanta lamiera, dunque, a carrozzare i parafangoni oversize e a donare alla Shadow l'aspetto di una motona di ben più ampia cilindrata, tanto che a vederla passare può essere scambiata per la VTX 1300.

IL GIGANTE BUONO Grande e grossa, ma dolce come il miele. L'approccio con questa moto è tra quelli più semplici che mi sia mai capitato di provare. La sella rasoterra, la posizione naturale e il manubrio gigantesco la rendono facile come una graziella. Anche perché i suoi chili, la Honda Shadow 750 li ha messi molto in basso. Si guida agile e con una facilità a prova d'incompetente, perché ha tutto morbido. Il motore, i comandi, i freni, niente di meglio per iniziare una carriera su due ruote, se vi piace il genere.

DUE CILINDRI DI MORBIDEZZA Proprio il motore dà ancora una volta esempio di grande dolcezza. Questo bicilindrico tre valvole per cilindro, in auge ormai da anni sulle medie cilindrate Honda, dimostra con i fatti la sua grande versatilità e qualità. Con qualche ritocchino alla mappatura e alla compressione ha mantenuto praticamente invariate le prestazioni della vecchia versione  nonostante l'arrivo del catalizzatore che fa ovviamente rientrare la Shadow nella normativa Euro 2.

QUARANTACINQUE CHE TIRANO 45 cavalli bastano e avanzano per una moto del genere, che offre prestazioni adeguate all'utilizzo che ci si propone di fare. Insistendo con il gas si vedono anche i 180 indicati, ma a che pro? Restare in balia del vento aggrappati al manubrione non è certo l'obbiettivo di chi compra una moto del genere. Piuttosto la Shadow invoglia a godersi la passeggiata con il motore che gira sottocoppia. L'elasticità è il suo pezzo forte.

TUTTO IN QUINTA Una volta inserita la quinta si va via in scioltezza usando solo il gas. Incomprensibile però la scelta di dotare la Shadow di una prima marcia così lunga. In partenza sembra sempre di essere in seconda. La prima da superbike impone quasi di sfrizionare ad ogni semaforo in città per avere uno spunto brillante, soprattutto se magari si è in coppia. Anche gli altri rapporti sono tendenzialmente lunghi, ma una volta partiti la coppia del V2 non fatica a tirarli, tenendo fede al motto custom che vuole motori che girano piano e fanno tanta strada.

FACILE E BASSA Intuitiva e morbida in tutto, la Shadow si destreggia bene anche tra le curve, dove ovviamente deve sottostare al cronico limite di tutte le custom, le pedane basse che toccano presto a terra. Agile (e ci mancherebbe, con quel manubrio) scivola via in souplesse tra le curve richiedendo impegno fisico e mentale pari a zero. Da lodare come al solito la trasmissione a cardano, un nuovo arrivo molto gradito sulla Shadow 750, soprattutto se funziona bene come questo, dolce come una catena. In perfetto stile cruiser il comfort, ovvero c'è rispetto solo per il pilota, che viaggia comodo accoccolato su un ampio sellone. Al passeggero è riservato uno strapuntino poco accogliente, che tra l'altro rimanda tutte le buche direttamente sulla spina dorsale. Del resto la corsa relativamente corta degli ammortizzatori più di tanto non può fare.

FRENI MORBIDI Senza infamia e senza lode la frenata, almeno per i canoni custom, un disco e un tamburo che fanno onestamente il loro lavoro ma nulla di più, tra l'altro con comandi leggermente spugnosi. Da osservare che contrariamente a quanto siamo abituati a trovare sulle custom, le leve al manubrio della Shadow sono davvero sottili, a prova di "manina".

NIENTE PASSING Ancora una volta deprecabile l'assenza (come per quasi tutte le cruiser del resto) del comando passing, come se chi viaggia in custom non abbia mai bisogno di "fare i fari" a qualcuno, fosse anche un'auto che sbuca nella notte da una via laterale. Ovviamente si rimedia con il devioluci (ana-abbagliante) ma la rapidità d'intervento non è certo la stessa, e quando c'è in ballo la sicurezza divento intransigente e anche un po' rompiballe.

FA QUELLO CHE DEVE Per il resto, tutto nei canoni Honda: niente voli pindarici, ma tutto ben fatto e soprattutto funzionale. Il look attira sicuramente gli amanti del genere, il prezzo attira chi è attento al portafogli. Una moto che senti subito tua, con una ergonomia corretta e un funzionamento privo di qualsiasi problema. Quello che le manca, forse, è un po' di carattere, un po' di anima in più.


Pubblicato da Stefano Cordara, 14/06/2004
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